Analisi genetica preimpianto: come aumentare le percentuali di successo della fecondazione assistita

Analisi genetica preimpianto: come aumentare le percentuali di successo della fecondazione assistita

Editato da: Alice Cattelan il 06/04/2023

Grazie alle nuove tecniche di diagnosi preimpianto nella fecondazione assistita è oggi possibile assegnare una terapia personalizzata ad ogni paziente. Il Dott. Colicchia, esperto in Procreazione Assistita a Roma, ci spiega di più.

A cosa serve la diagnosi preimpianto?

La diagnosi preimpianto (PGD) e lo screening genetico preimpianto (PGS) sono tecniche con le quali si è in grado di capire se l’embrione scongelato, pronto ad essere trasferito in utero, presenta una struttura cromosomica normale o mutata.

  • Con una struttura cromosomica normale, la percentuale di successo del trattamento aumenta in modo consistente;
  • Con una struttura cromosomica mutata, è molto probabile che l’evoluzione degli embrioni trasferiti in utero si interrompa.

È fondamentale che al momento dell’impianto venga trasferito un numero sufficiente di embrioni, poiché nel processo di selezione naturale che seguirà, una parte di essi andrà inevitabilmente persa. Per questa ragione la stimolazione ottenuta con l’ormone follicolo stimolante (FHS) non scende mai sotto le 225-300 unità giornaliere. Il risultato ottimale, come sostenuto in molte ricerche, è ottenere tra gli 8 e 15 ovociti. Purtroppo, non sempre è possibile ottenere questo risultato a causa dell’età avanzata della paziente (che riduce la risposta ovarica) o di un dosaggio FSH volutamente inferiore, in presenza di AMH superiore a 3.

L'AMH è un'analisi che ci dice quale è “la riserva ovarica” della donna, essa viene effettuata prima di iniziare la terapia e consente di decidere quale sia il dosaggio giusto in ogni singolo caso. Al giorno d’oggi, comunque, l’esperto in fecondazione assistita dispone di molteplici conoscenze e strumenti per evitare l’insorgere dell’iperstimolazione severa, ossia una risposta ovarica eccessiva.

Quali sono le tecniche di stimolazione ovarica più efficaci?

I protocolli di stimolazione ovarica attualmente più in uso sono quelli che si servono di FSH+ antagonista dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRh). Queste terapie permettono in alcuni casi di evitare l’uso finale della Gonasi (HCG) a favore delle riserve interne di LH ipofisario che induce la naturale maturazione dell’ovocita in fase finale. Con questa procedura sarà sempre possibile effettuare un recupero ovocitario senza correre rischi di iperstimolazione ed ottenere il numero sufficiente di embrioni.

Nei casi più fortunati, quando la quantità e qualità degli embrioni sia elevata, si può anche procedere alla loro crioconservazione per effettuare un secondo transfer, in caso di fallimento del primo, o per avere un secondo figlio a distanza di anni. Inoltre, il vantaggio fondamentale di questa tecnica di fecondazione assistita è quello di “fermare il tempo”, garantendo embrioni utilizzabili dalla donna a qualsiasi età.

Procreazione Medicalmente Assistita a Roma