Cefalea a grappolo: principali caratteristiche

Autore: Dott. Alfredo Mattaliano
Pubblicato: | Aggiornato: 05/04/2023
Editor: Antonietta Rizzotti

La cefalea a grappolo è un’entità patologica contraddistinta dall’estrema gravità del suo quadro clinico. Il dolo­re, urente, di intensità devastante, e l’elevata frequenza degli attacchi durante i periodi attivi, che si estendono per diverse settimane o mesi, compromettono in maniera drammatica la qualità della vita del paziente. Ne parla il Dott. Alfredo Mattaliano, esperto in Neurologia a Palermo

Prevalenza e storia naturale

La cefalea a grappolo colpisce circa lo 0,05-0,1% della popolazione. Predomina nettamente nel sesso maschile che, nelle diverse casistiche, rappresenta il 70-90% dei soggetti colpiti. Questa prevalenza è ancora più evidente nel ca­so della cefalea a grappolo cronica.

L’età media d’insorgenza della cefalea a grappolo è di 27-30 anni secondo le varie casistiche. La distribuzione in fasce di età rivela un picco negli anni 20 nei pazienti con cefalea a grappolo episodica, mentre l’insorgenza del­la cefalea a grappolo cronica riconosce un andamento bimodale con due picchi di incidenza: nelle fasce di età di 10-29 anni e di 50-59 anni.

Donna con mal di testa

Storia naturale della cefalea a grappolo?

La storia naturale della cefalea a grappolo non è tuttora del tutto conosciuta. La cefalea a grappolo episodica è caratterizzata dalla presenza di periodi attivi con elevata frequenza di attacchi, separati da mesi o anni di re­missione. Può essere ulteriormente suddivisa in base alla periodicità o meno degli attacchi. La cefalea a grap­polo cronica è caratterizzata dalla presenza di attacchi senza remissioni ed è distinta in forme precedute o me­no da cefalea a grappolo episodica. La maggior parte dei pazienti (circa l’80% mantiene la forma di malattia epi­sodica durante tutto il decorso, circa il 13% muta nella forma cronica, e nei restanti 7% si osserva un andamento peculiare con le caratteristiche di forme combinate. Tuttavia, remissioni prolungate (di oltre 3 anni) senza uti­lizzo di farmaci si osservano solo in una piccola percentuale di pazienti.

Caratteristiche del periodo “attivo”

Nella maggior parte dei casi i periodi attivi ricorrono con una frequenza variabile tra 1 ogni 2 anni e 2 all’anno. In alcuni casi si osserva una periodicità o una ritmicità regolari e le osservazioni sul legame tra la frequenza de­gli attacchi e le stagioni dell’anno (probabilmente dovuto alle fluttuazioni del numero di ore luce) non sono sta­te univoche. Normalmente la durata del periodo attivo varia da 1 a 2 mesi, ma per avere la definizione di “grappolo” deve durare da un minimo di una settimana a un massimo di un anno.

Caratteristiche cliniche dell’attacco

La frequenza degli attacchi è, in oltre il 75% dei casi, di 1-2 al giorno nel corso del periodo attivo (e leggermente più bassa al suo inizio e termine). Nelle pazienti donne è più facile il riscontro di frequenze inferiori. Per i crite­ri diagnostici dell’IHS la frequenza degli attacchi deve essere compresa tra 1 ogni 2 giorni e 8 attacchi al giorno.

Orari d’insorgenza: alcuni pazienti tendono ad avere le crisi ad orari fissi. Inoltre, sono stati segnalati orari consi­derati a maggiore rischio per l’insorgenza di un attacco e in particolare: tra l’una e le tre del pomeriggio intor­no alle nove di sera e tra l’una e le due di notte. Alcuni Autori hanno messo in relazione questi orari a rischio con le abitudini di vita, quali gli orari di rilassamento o il periodo post-prandiale anche in relazione al consumo di bevande alcoliche. Per quanto riguarda gli attacchi notturni (che si verificano tendenzialmente più raramen­te di quelli diurni) è stata notata anche una correlazione con le fasi del sonno REM.

Quanto dura un attacco?

La durata dell’attacco è, più frequentemente, compresa tra 30 e 120 minuti. Secondo i criteri diagnostici, gli at­tacchi devono durare da un minimo di 15 a un massimo di 180 minuti.

Uomo con dolore alla testa

I fattori scatenanti l’attacco comprendono: l’assunzione di bevande alcoliche, lo stress psicofisico, il rilassamento, l’esposizione all’istamina, la trinitrina.

La distribuzione del dolore della cefalea a grappolo è sempre unilaterale. Il lato maggiormente interessato è quel­lo destro, seguito da quello sinistro e dai casi di alternanza dei lati (49,1%, 35,4% e 15,5%, rispettivamente). La localizzazione più frequente è rappresentata dalla regione oculare. Molto spesso interessate sono anche la re­gione temporale, quella frontale e la faccia. Alcuni pazienti avvertono, Soprattutto all’inizio dell’attacco, il dolore in regione mascellare.

L’intensità del dolore è molto elevata, tanto da diventare insopportabile e sono stati riportati persino casi di sui­cidio dovuti alla reazione al dolore intenso.

Quando gli attacchi sono particolarmente gravi o frequenti può permanere, anche durante la fase inter­critica, un senso di fastidio nella zona interessata dal dolore.

Come si definisce la tipologia del dolore della cefalea a grappolo?

La tipologia del dolore è di difficile definizione, probabilmente a causa della variabilità nelle descrizioni dovuta alla forte intensità. Secondo una classificazione il dolore è stato definito trafittivo, lancinante o “a pugnalata” nel 56% dei casi, pulsante o martellante nel 38%, penentrante e acuto nel 30% dei pazienti.

I sintomi associati al dolore sono molteplici. In particolare i sintomi locali, quali lacrimazione, iniezione congiuntivale, ptosi palpebrale, ostruzione nasale e rinorrea, sono particolarmente frequenti e contribuiscono in maniera determinante alla formulazione della diagnosi clinica.

Il comportamento del paziente durante l’attacco è caratterizzato dalla preferenza per il movimento e da un gra­do significativo di agitazione e nervosismo. Il paziente appare alla continua ricerca di movimento, atteggiamen­to o posizione. Queste osservazioni sono in linea con riferimenti episodici di pazienti circa l’effetto benefico che ha l’attività fisica sul dolore della cefalea a grappolo. Il paziente appare inoltre agitato e intrattabile e pare ci sia una vera e propria intolleranza alla presenza o, peggio, al contatto umano.

Fisiopatologia della cefalea a grappolo

Lo studio della patogenesi della cefalea a grappolo ha portato diversi autori ad affermare che l’origine sia in un processo flogistico, di causa ignota, del seno cavernoso e delle sue vene tributarie ed efferenti. La flogosi è di entità tale da interrompere il drenaggio venoso e a volte anche da influenzare le fibre simpatiche che, attraver­sando la parete del seno cavernoso, vanno a innervare l’occhio, la palpebra superiore, la fronte e i vasi orbita­li e retroorbitali.

Il dolore viene iniziato ed esacerbato da eventi emodinamici nelle strutture vascolari iper­sensibili.

Il periodo attivo termina quando regredisce lo stato flogistico. In alcuni casi, caratterizzati dalla estrema gravità o eccessiva persistenza della flogosi è possibile l’instaurarsi di un danno permanente.

Diversi sintomi che accompagnano l’attacco, quali la rinorrea, la congestione nasale e la lacrimazione, che sono stati interpretati come segni di intensa attivazione parasimpatica, sono invece indice dell’attivazione di fibre tri­geminali o della congestione venosa all’interno del seno cavernoso. Anche l’alterazione dei ritmi circadiani può essere manifestazione di stress, dolore o mancanza di sonno o una espressione della flogosi dei vasi venosi che drenano l’ipofisi.

 

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