La Chirurgia Proctologica

La Chirurgia Proctologica

Editato da: Gloria Conalbi il 25/09/2019

La chirurgia proctologica comprende gli interventi eseguiti per patologie dell’ano, del canale anale e del retto. Il Prof. Giuseppe Pappalardo, esperto in Chirurgia Generale a Roma, ci parla delle più frequenti patologie dell’ano e del canale anale (emorroidi, ragadi ed ascessi perianali) e del loro trattamento

Quando eseguire una visita proctologica?

La visita proctologica deve essere eseguita quando sono presenti i seguenti sintomi:

  • Presenza di sangue nelle feci e/o nel water o sulla carta igienica. È importante per accorgersi di questo sintomo che tutti gli adulti acquisiscano l’abitudine a dare un’occhiata alle feci alla fine di ogni evacuazione. È importante rilevare, oltre l’eventuale presenza di sangue rosso vivo, anche se esso precede o segue l’evacuazione o se sia eliminato insieme alle feci durante l’evacuazione;
  • Dolori anali durante e dopo l’evacuazione che a volte persistono anche per molti minuti;
  • Presenza di tumefazione/i (escrescenze) anali o intorno l’ano.

In cosa consiste una visita proctologica?

La visita proctologica viene effettuata da un chirurgo generale esperto di malattie proctologiche (proctologo). Deve essere eseguita sempre e comunque dopo un’accurata raccolta della storia clinica del paziente e dopo aver eseguito una visita generale ed in particolare dell’addome.
Il paziente può essere sdraiato sul lato sinistro o può essere inginocchiato con i gomiti e ginocchia che poggiano sul letto da visita. È fondamentale che ci sia una fonte luminosa adeguata orientata sull’ano. Si ispeziona la parte e si invita il paziente ad eseguire uno sforzo come se dovesse evacuare.
All’ispezione segue un’esplorazione digitale del canale anale e del retto inferiore.
In caso di presenza di patologie, in genere la visita viene completata con l’esplorazione endoscopica (anoscopia) mediante strumenti monouso.

Cosa fare in caso di emorroidi?

Bisogna valutare lo stadio della malattia, graduata dal 1° al 4° stadio (il più avanzato). Il primo e secondo stadio della malattia non necessitano di intervento chirurgico. Evitare la stitichezza, una dieta corretta, l’uso di pomate specifiche ed un’adeguata igiene anale sono in genere sufficienti per controllare i disturbi.
In alcuni pazienti con malattia di 1° e 2° stadio può essere indicato ricorrere a trattamenti più invasivi come la legatura elastica dei noduli emorroidari e la fotocoagulazione. Queste procedure vengono eseguite ambulatorialmente e possono essere ripetute in più sedute. Se la malattia progredisce verso il terzo o quarto stadio, può essere indicato l’intervento chirurgico. La chirurgia è particolarmente indicata quando i sintomi del paziente interferiscono con le normali attività quotidiane.

In che cosa consiste l’intervento chirurgico?

L’intervento consiste nella rimozione delle emorroidi che fuoriescono dall’ano o nel riposizionare le emorroidi all’interno dell’ano mediante una suturatrice meccanica (emorroidopessi di Longo). La scelta dell’intervento dipende dallo stadio della malattia, dalle condizioni delle emorroidi e dalla preferenza del chirurgo che deve disporre nel suo bagaglio tecnico delle diverse soluzioni, da scegliere insieme al paziente informato dei pro e dei contro dei vari interventi.
Dobbiamo comunque sottolineare come, contrariamente a quello che comunemente si pensa, l’intervento chirurgico, se correttamente eseguito utilizzando i moderni presidi disponibili, non è seguito da forte dolore post-operatorio.

Che cosa sono le ragadi e che disturbi danno?

Le ragadi sono delle ferite lineari dell’ano e del canale anale. Sono responsabili di due sintomi principali: dolore intenso durante o dopo l’evacuazione, che a volte persiste per più di un’ora, e presenza di scarse quantità di sangue rosso vivo che in genere segue l’evacuazione.
Un altro sintomo frequente è il prurito anale.

Come vengono trattate le ragadi?

Il primo approccio terapeutico deve essere conservativo: evitare la stitichezza, evitare sforzi durante l’evacuazione, mantenere un’accurata igiene anale. È necessario l’uso di pomate specifiche (a base di nitrati) che possono determinare mal di testa. In alcuni casi si ricorre a degli appositi dilatatori anali.
Solo nei casi che non guariscono con la terapia conservativa o che recidivano precocemente dopo la guarigione, è indicato l’intervento chirurgico. Questo consiste nel ridurre l’ipertono dello sfintere anale, conseguenza della ragade e causa della sua mancata guarigione, mediante una sezione di esso seguita o meno dall’asportazione della ragade.

Cosa sono gli ascessi perianali?

Sono della raccolte di pus intorno l’ano, conseguenza di infezioni che originano da patologie anali (proctiti, emorroidi, ragadi, traumi, ecc).

Quali disturbi danno gli ascessi perianali?

  1. Intenso dolore anale che si estende anche intorno l’ano;
  2. Tumefazione evidente sia all’ispezione che alla palpazione della regione perianale;
  3. Febbre (anche oltre i 38°C).

Come si trattano gli ascessi perianali?

Ogni tentativo di trattamento conservativo non è risolutivo. È necessario eseguire l’intervento chirurgico prima possibile e comunque non oltre 2-3 giorni dalla comparsa dell’ascesso.
L’intervento nella stragrande maggioranza dei casi non deve limitarsi al semplice drenaggio dell’ascesso, ma deve comprendere il trattamento del tramite che fa comunicare la cavità ascessuale con la patologia anale da cui origina. Questo intervento riduce significativamente l’incidenza delle fistole anali, che sono la quasi costante conseguenza del semplice drenaggio della cavità ascessuale.

Chirurgia Generale a Roma