Le fratture dell’omero: classificazioni a confronto

Le fratture dell’omero: classificazioni a confronto

Editato da: Antonietta Rizzotti il 17/09/2019

Le fratture prossimali di omero presentano un'elevata incidenza nella popolazione anziana a causa dell'osteoporosi. La corretta valutazione del tipo di frattura, della qualità ossea e delle caratteristiche del paziente è indicativa al trattamento. Il Prof. Giandomenico Logroscino, esperto in Ortopedia e Traumatologia a Roma, ci parla della loro classificazione

Che incidenza hanno le fratture dell’omero?

Le fratture prossimali di omero interessano una elevata percentuale della popolazione e sono causa di notevole sofferenza, invalidità, dispendio di risorse umane e sanitarie, perdita di forza lavoro, con conseguenze importanti a livello umano e sociale.

Si tratta, infatti, di una patologia che, a causa dell'osteoporosi, coinvolge in maniera preponderante una fascia della popolazione dall’età elevata, con minori richieste funzionali ed una maggiore capacità di sopportazione o meglio di donna anziana con dolore alla spalla rassegnazione. D'altra parte, riguarda anche pazienti giovani, in seguito a traumi ad alta energia, le cui future prospettive di vita sociale e lavorative dipendono da un adeguato trattamento.

In Letteratura esiste una notevole confusione riguardo le modalità di trattamento di queste fratture, tanto che per alcuni tipi di frattura sono possibili diverse soluzioni a volte completamente differenti tra loro, lasciando il terapeuta di fronte ad una scelta personale.

Le fratture prossimali dell’omero sono relativamente frequenti, rappresentando il 4-5% di tutte le fratture. Circa il 75% delle quali si manifestano in donne anziane durante la fase di postmenopausa e sono in genere associate ad una semplice caduta. Si tratta, evidentemente, di fratture correlate all’osteoporosi, essendo al terzo posto per frequenza, dopo le fratture del collo del femore e di polso.

Come vengono classificate le fratture dell'omero?

Lo scopo principale di una classificazione è quello di consentire una univoca e trasmissibile descrizione della patologia in esame e di facilitare il processo decisionale sul trattamento della deformità osservata. Una classificazione deve quindi valutare l’entità del danno e contemporaneamente porre le basi per istituire un trattamento adeguato.

Classificazione di Neer

Negli anni '70 Neer, basandosi sugli studi effettuati da Codman nel 1934 propose una classificazione basata sull’accurata identificazione di quattro frammenti principali e dei loro reciproci rapporti, indicati inizialmente con numeri romani.Le fratture vengono classificate in 1, 2, 3 e 4 frammenti. Si considerano frammenti la testa omerale, la grande e la piccola tubero­sita e la diafisi omerale.La frattura si considera scomposta se due frammenti si allontanano di oltre 1 cm. oppure se un frammento presenta una rotazione maggiore di 45° rispetto ad un altro. La classificazione prevede, inoltre, un’ulteriore suddivisione in fratture-lussazioni della testa omerale ed in fratture della superficie articolare omerale (fratture da taglio, fratture da impatto).

Tale classificazione, per la sua semplicità ed immediatezza è sicuramente lo schema maggiormente usato. Tuttavia, tale Medico che esegue una infiltrazione su braccio a uomo anzianoclassificazione, sebbene rappresenti un ottimo strumento descrittivo, non dà alcuna informazione riguardo il rischio di necrosi avascolare della testa dell'omero.

Classificazione AO

Nel 1984 Jacob, Kristiansen e Mayo nel loro lavoro “Classification and aspects of treatment of fractures of the proximal humerus”, proposero una classificazione delle fratture dell’omero prossimale basata sul grado di gravità.

Jacob e Coll decisero di applicare il sistema di classificazione delle fratture delle ossa lunghe dell’AO all'estremità prossimale dell’omero, mettendo in rilievo il problema della vascolarizzazione del segmento articolare.

Essi divisero le fratture di questa regione in tre tipi A, B e C, associando ad ognuno di questi gruppi alfabetici un sottogruppo numerato, dove il numero più alto indica la maggior gravità:

  • Il tipo A raggruppa le fratture extrarticolari ed unifocali;
  • Il secondo gruppo B raccoglie le fratture extra articolari bifocali;
  • Il terzo gruppo di lesioni, il gruppo C, include le fratture articolari.

Questo metodo classificativo, seppur completo ed accurato, risulta spesso complesso e di difficile applicazione nella pratica clinica.

Classificazione di Hertel (Lego Classification)

Nel 2004 Hertel propose una classificazione6 in cui veniva posta una maggiore attenzione alla vascolarizzazione della testa omerale, identificando dei fattori di rischio, quali:

  • L’estensione posteromediale, a livello metafisario, della frammento prossimale (testa+metafisi) minore di 8 mm;
  • Il grado di scomposizione a livello meta-epifisario mediale ("medial hinge") maggiore di 2mm.

L’Autore, inoltre, propose un sistema classificativo diviso in 12 tipi del pattern di frattura, identificabile per analogia visiva con uno schema formato dalle possibili composizioni di montaggio del sistema LEGO, rappresentanti ciascuno un frammento dell’epifisi prossimale dell’omero.

In realtà, la classificazione LEGO di Hertel risultando difficoltosa da memorizzare ha trovato scarso riscontro nella pratica clinica, ma la sua grande importanza, per cui è divenuta universalmente nota, è stata quella di avere tracciato dei chiari criteri sul rischio di necrosi avascolare, consentendo quindi, nella pratica clinica, di delineare delle precise linee guida in merito al trattamento più adeguato.

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