Malattia di Peyronie: come diagnosticarla?

Malattia di Peyronie: come diagnosticarla?

Editato da: Serena Silvia Ponso il 18/03/2023

La malattia di Peyronie, chiamata anche Induratio Penis Plastica (IPP), è un problema che riguarda il pene e che colpisce circa il 9% degli uomini. Fortunatamente si può curare ma non sempre è facile diagnosticarla. Il Dott. Andrea Russo, specialista in Urologia a Milano e a Saronno, spiega come fare

Che cos’è la malattia di Peyronie?

La malattia di Peyronie è una malattia che interessa il pene e insorge quando vi è uno sviluppo anomalo di tessuto fibroso/cicatriziale, chiamato placca. Si tratta di una condizione che ostacola la flessibilità del pene, costringendolo a piegarsi ad arco pur stando eretto. In questi casi si parla di pene curvo, una condizione patologica determinata proprio da questa malattia.

Quali sono le caratteristiche principali della malattia di Peyronie?

Oltre allo sviluppo anomalo del tessuto noto come placca, che crea sul pene una protuberanza, e alla mancata flessibilità, la malattia di Peyronie è accompagnata dal dolore durante le erezioni o dall’incapacità di mantenerle a lungo. Di conseguenza sarà molto più difficile portare a termine un rapporto sessuale.

Altra caratteristica potrebbe essere la riduzione della dimensione del pene durante l’erezione, a causa del tessuto fibroso-cicatriziale che, una volta formatosi, influisce, oltre che sull’elasticità, sulla vascolarizzazione dei corpi cavernosi.

Il primo medico chirurgo che ne descrisse le caratteristiche fu François Gigot de Peyronie nel 1743, da cui la malattia prese il nome.

 

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Quali sono le cause della malattia di Peyronie?

Le cause della malattia di Peyronie non sono chiare al 100%, dato che diversi fattori possono determinarne l’insorgenza. Partendo dalla causa più comune, la malattia potrebbe insorgere a causa di innumerevoli lesioni e traumi al pene, magari durante le attività sportive o sessuali.

Durante la guarigione può infatti accadere che il tessuto cicatriziale si formi in modo disorganizzato, portando poi a un nodulo (placca) che può essere percepito sottopelle, alla curvatura o a entrambe le sintomatologie.

Se però non vi è nessun trauma all’origine del problema, la causa potrebbe essere di natura genetica o ambientale, specialmente in presenza di alcuni fattori di rischio quali:

  1. Malattie del tessuto connettivo, quali ad esempio il morbo di Dupuytren;
  2. La nicotina: fumare sembra incidere sulla comparsa di questa malattia, nonostante non vi siano prove certe;
  3. Invecchiamento: negli uomini di età avanzata il tessuto connettivale della tonaca albuginea è maggiormente esposto ad agglomerati anomali del tessuto fibroso-cicatriziale;
  4. Interventi chirurgici alla prostata: anche in questo caso non vi sono dati certi;
  5. Il diabete con disfunzione erettile.

 

Perché la diagnosi è importante?

Come anticipato, non sempre è facile diagnosticare questa malattia, i cui sintomi potrebbero essere confusi con altre problematiche. Ecco perché è importante effettuare una diagnosi precoce rivolgendosi a uno specialista dopo i primi segnali d’allarme.

L’andrologo in questo caso si occuperà di effettuare un’ecografia del pene per poter individuare la posizione esatta in cui si è formato l’agglomerato fibroso-cicatriziale. Successivamente, il paziente dovrà fotografare il proprio organo riproduttivo a distanza di tempo e misurarne le dimensioni, per permettere allo specialista di monitorare l’evoluzione della curvatura e valutare un possibile intervento chirurgico.

Quali sono i trattamenti consigliati per la malattia di Peyronie?

Prima si segnalano i sintomi e si procede con la diagnosi e più facile sarà possibile giungere a una cura.

Sulla base degli studi scientifici, Xiapex è il solo trattamento non chirurgico in grado di impattare sulle placche della malattia, nonostante i risultati possano variare da persona a persona.

Anche il trattamento con onde d’urto a bassa intensità (ESWT) può essere una buona opzione per la risoluzione del problema, oltre ad essere una soluzione efficace, sicura e non invasiva. Una recente meta-analisi ha dimostrato che si tratta di una terapia ambulatoriale capace di diminuire il dolore e la placca.

Se però i pazienti non sono dei possibili candidati per l’una o l’altra soluzione, l’unico rimedio è ricorrere al trattamento chirurgico.

 

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