Protesi dinamiche nella chirurgia del rachide lombare e cervicale

Protesi dinamiche nella chirurgia del rachide lombare e cervicale

Editato da: Sharon Campolongo il 04/05/2023

L'indicazione chirurgica al trattamento delle patologie che interessano la colonna vertebrale è da sempre un argomento dibattuto, in particolare quelle di tipo degenerativo che ne alterano la funzionalità, sia generando sintomatologia dolorosa e invalidante sia limitandone la mobilità. A questo si sovrappone la necessità da parte dei pazienti di poter mantenere negli anni la maggiore efficienza fisica possibile, con lo scopo di poter continuare la propria attività sportiva e mantenere una buona qualità di movimento anche nella settima/ottava decade della propria vita. Approfondiamo questo argomento con il Dott. Alessandro Sacchelli, esperto in Neurochirurgia

Cosa si fa oggi in ambito della chirurgia del rachide lombare e cervicale?

Sicuramente ad oggi esistono moltissime soluzioni che prendono in considerazione i diversi meccanismi che generano il dolore lombare e cervicale, ma la cosa più complessa è dare la migliore indicazione in base alla problematica e ai sintomi riferiti dal Paziente.

A tal proposito, il Dott. Sacchelli ritiene che debba essere sempre ricercata la soluzione meno invasiva, con minor rischio e complicanze, e che, allo stesso tempo, possa permettere di mantenere il più possibile la normale funzionalità del rachide.

Grazie a studi di imaging avanzati come ricostruzioni tridimensionali o analisi funzionali, è possibile fare un planning pre-chirurgico molto accurato, al fine di valutare le particolarità anatomiche e di poter scegliere, di conseguenza, la soluzione che meglio si può adottare (anche solo nella scelta dimensionale delle protesi impiantata, che deve essere il più precisa possibile e adatta al contesto anatomico del Paziente).

disegno di una colonna vertebrale e altre parti del corpo come il cranio

Quali soluzioni ha sviluppato il Dott. Sacchelli?

In questo contesto, negli anni il Dott. Sacchelli ha cercato di sviluppare varie soluzioni, che a suo parere devono:

  • essere mininvasive, rivolte alla risoluzione del conflitto radicolare senza l’utilizzo di protesici;
  • prevedere l’utilizzo di sistemi che permettano la formazione di artrodesi, laddove necessaria, per superare la causa che genera il dolore sia a livello lombare che cervicale;
  • includere l’impiego di protesi mobili sia a livello cervicale, che mantengono quindi la possibilità di muovere naturalmente i segmenti tra una vertebra e l’altra, sia a livello del rachide lombare, permettendo di caricare le articolazioni posteriori nella loro corretta posizione e riportando in tensione i legamenti, al fine di mantenere la normale mobilità in ogni grado di libertà.

In particolare, a livello cervicale l’equipe del Dott. Sacchelli ha sviluppato un'esperienza decennale nell’utilizzo della protesi mobile Mobi-C, di cui è stato verificato nel tempo il mantenimento della mobilità. I Pazienti, in assenza di sintomi, hanno avuto grandi soddisfazioni e hanno potuto continuare le loro attività giornaliere e sportive senza alcuna limitazione.

Invece, a livello lombare la stessa equipe ha affrontato con grande spirito critico l'uso delle protesi mobili tipo DIAM, che vengono utilizzate per scaricare le articolazioni malate o sub lussate laddove è necessario (considerando che una delle principali cause della lombalgia è proprio la disfunzione delle faccette articolari). Anche in questo caso l’impiego di questo sistema ha permesso anche molti giovani sportivi, di proseguire nelle loro attività professionali piuttosto che sportive.

Sempre a livello lombare si è sviluppato un sistema mininvasivo di fusione interspinosa (EVO) perfezionata, con l’obiettivo di garantire l'artrodesi segmentale lombare senza approcci più aggressivi.

Com’è il decorso post-operatorio?

In ogni caso trattato, utilizzando queste metodiche, il decorso post-operatorio è stato sempre senza particolari complicanze. Unica problematica rimasta è quella infettiva, nonostante tutte le precauzioni del caso (1/2%).

Il decorso post-operatorio che permette da subito una certa autonomia ha permesso in poche settimane la ripresa delle attività quotidiana e, dopo pochi mesi, di tornare alle attività che permettono carichi e sforzi intensivi.

Pur consapevole che non tutti i Pazienti possono essere trattati con queste metodiche per superare le patologie funzionali del rachide, il Dott. Sacchelli ritiene che la ricerca e lo sviluppo debba continuare a progredire in questa direzione. 

Neurochirurgia a Piacenza