Trombofilie: cosa c’è da sapere

Trombofilie: cosa c’è da sapere

Editato da: Antonietta Rizzotti il 05/04/2023

Cosa sono le trombofilie? Come vengono trattate? Quali legami vi sono con la gravidanza? A queste e a molte altre domande frequenti risponde il Dott. Francesco Tripaldi, esperto in Ematologia a Roma

Cosa sono le trombofilie?

Le trombofilie sono un’anomalia della coagulazione del sangue che incrementano il rischio di trombosi: il sangue scorre nei vasi più lentamente, si aggrega e provoca dei trombi che chiudono il vaso. La degenerazione di questi trombi può causare flebiti, tromboflebiti, ictus ed infarti a seconda del punto in cui avviene la trombosi. Esistono due tipi di trombofilie: quelle ereditarie e quelle acquisite. Le trombofilie di natura ereditaria si manifestano soprattutto in età giovanile o comunque in soggetti al di sotto dei 50 anni, mentre quelle acquisite possono presentarsi a qualsiasi età e sono correlate a patologie già presenti.

Trombofilie ereditarie

Le tipologie di trombofilia ereditaria più importanti e più frequenti nella popolazione sono tre e sono date dalla carenza del fattore V di Leiden, dalla carenza del fattore II (protrombina), dall’omocisteina e dalla sindrome antifosfolipidica. Gli studi sulla trombofilia sono iniziati proprio a causa di quest’ultima sindrome, facendo partire la ricerca dalle donne che avevano avuto ripetuti aborti spontanei. Un dato interessante e spesso non evidenziato è che nell’essere umano i gruppi sanguigni hanno un’importanza rilevante. Nelle persone che hanno il gruppo 0 il rischio di manifestare una trombosi è molto ridotto, mentre nei soggetti con gli altri gruppi sanguigni (A, B, AB) il rischio è più alto. Questo è dovuto al fatto che nel gruppo 0 i livelli del fattore VIII e del fattore von Willebrand (entrambi al centro della cascata coagulativa) sono più bassi.

Trombofilie acquisite

Le trombofilie acquisite sono causate da patologie già presenti come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi, la trombocitopenia da eparina, l’anemia falciforme, le sindromi mieloproliferative croniche (trombocitemie essenziali e la policitemia vera), tutte le forme di cancro (soprattutto se hanno metastasi) e da fattori come il posizionamento di cateteri venosi e la gravidanza in tutte le sue fasi (a partire dal terzo trimestre e poco prima del parto c’è un aumento fisiologico di rischio protrombotico). Il rischio di trombofilia è alto soprattutto nei soggetti con determinate caratteristiche o deficit quali obesità, uso di estrogeni e grandi interventi chirurgici, in particolare quelli ortopedici che comportano un’immobilizzazione del paziente.

Trombofilie e gravidanza

Le donne incinta con un deficit del fattore V di Leiden e del fattore II (o protrombina) hanno un elevato livello di rischio trombotico e devono seguire una profilassi a partire dal periodo del preparto soprattutto se hanno una storia anamnesica e/o familiare di aborti spontanei ripetuti, crescita fetale ridotta, morte fetale precedente, preeclampsia e/o rottura della placenta. 

Come vengono diagnosticate le trombofilie?

La diagnosi di queste patologie viene eseguita con esami standard e mediante una diagnosi di biologia molecolare eseguita attraverso la reazione polimerasica a catena. Questo è un test molto costoso anche se i prezzi attuali sono più bassi rispetto agli anni precedenti. Oggigiorno si valuta attentamente il rapporto costo-beneficio, per questo motivo sono state stabilite delle linee guida per l’esecuzione di questo tipo di analisi soprattutto nei casi di donne giovani. Esistono specialisti che, nel caso di giovani donne, non prestano attenzione al costo-beneficio ed eseguono tutte le analisi; mentre altri preferiscono effettuarle solo nei casi di donne incinta con una storia clinica di aborti spontanei ripetuti. Le stesse divergenze si presentano anche per le altre forme di trombosi, cioè tutte le trombofilie non relazionate alla gravidanza. Un punto in comune tra tutti gli specialisti riguarda l’esecuzione dello screening per la trombofilia nei casi di trombosi arteriosa: quest’analisi è infatti assolutamente sconsigliata tranne nel caso di soggetti giovani (fumatori o che fanno uso di estrogeni) o nei pazienti che dopo un intervento di bypass aortocoronarico hanno manifestato una rapida occlusione dell’innesto (innesto chiuso poche ore o pochi giorni dopo del posizionamento del bypass).

Trattamento delle trombofilie

Non esiste al momento una terapia specifica per la cura della trombofilia. Nelle forme congenite viene eseguita la profilassi che varia a seconda del caso, mentre nelle forme acquisite si interviene sulla patologia che ha causato la trombofilia: nel caso di anticorpi fosfolipidici, solitamente associati a malattie autoimmuni in particolare al lupus, si utilizzano farmaci immunosoppressivi, nel caso di tumore viene eseguito il trattamento specifico per la cura di quel tipo di cancro, ecc.

Trombofilie e possibilità di recidiva

Esiste la possibilità di recidiva ed i fattori di rischio che possono influenzarla sono: 

  • L’estensione e la gravità della trombosi iniziale
  • La causa scatenante: soprattutto l’immobilità per interventi chirurgici (in particolare quelli ortopedici) e la gravidanza
  • Il numero di eventi trombotici precedenti
  • Il sesso maschile: il maschio è estremamente più a rischio di recidive
  • La presenza del filtro della vena cava inferiore nei casi embolia polmonare
  • Il cancro
  • L’obesità
Ematologia a Roma