Alle donne senza utero non ci pensa nessuno

Alle donne senza utero non ci pensa nessuno

Editato da: Alice Cattelan il 02/05/2023

In questo articolo la Dott.ssa Alessandra Vucetich ci espone alcuni aspetti critici riguardanti la possibilità di procreazione e l’esclusività della genitorialità

Il caso di Maria Laura: Sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser

Maria Laura è una bella ragazza di 30 anni che vive a Teramo. Ha scritto una lettera che ha mandato ad alcuni giornalisti. «Si parla tanto di unioni civili, adozioni, uteri in affitto... Ne leggo sui giornali, ne ascolto alla tv e alla radio... Noi abbiamo una malformazione “invisibile” che si chiama Sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser. La chiamiamo Roki, è più semplice pronunciarla ma non lo è altrettanto accettarla: la nostra è una condizione congenita caratterizzata dalla mancata formazione della vagina e dell'utero. Da ragazzine ci sentiamo inferiori perché non abbiamo le mestruazioni come le nostre amiche. Non possiamo fare sesso, se non dopo lunghi e complessi interventi chirurgici, e abbiamo forti crisi di identità e di autostima. E non possiamo procreare.

È difficile accettare che si parli di adozione e utero in affitto come fanno i media e i politici senza pensare che c’è qualcuno che li ascolta e che sta male per le loro parole discriminatorie. È tempo che si parli della possibilità per noi di scegliere il percorso della maternità surrogata, che ci permetterebbe di diventare madri di bambini geneticamente nostri. È tempo che si parli della possibilità per noi di poter adottare bambini senza lunghe liste di attesa... Ci sentiamo diverse più che mai e non credo sia giusto. Vorremmo solo far saper all’Italia che noi esistiamo, viviamo e combattiamo ogni giorno e speriamo in un futuro dove poter vedere i nostri figli giocare nel prato». La Sindrome di Mayer Rokitansky Kuster Hauser è nota ai medici. Ma ciò che colpisce è scoprire l'esistenza di un'associazione italiana di donne che ne sono affette. E, soprattutto, il loro coraggio di venire allo scoperto mettendo a nudo una malattia che afferisce agli aspetti più intimi e connaturati della femminilità. 

E alla clinica, chi ci pensa?

Effettivamente sulla gestazione per altri in questi mesi è stato detto di tutto e di più, con schieramenti opposti tra chi pensa che sia una opportunità e chi una aberrazione, tra chi difende la genitorialità per tutti e chi ritiene che i figli non siano un diritto, tra chi pensa alle donne sfruttate e chi ai bambini senza amore. Al di là dei toni, ci sono state anche posizioni equilibrate e condivisibili, come il recente editoriale di Concita Di Gregorio su Repubblica dell’1 marzo 2016, intitolato “I diritti dell’amore e quelli dei bambini”.


Gli aspetti sociali, etici e di costume sono stati sviscerati da ogni punto di vista. Ma quello che sembra mancare è esattamente ciò che Maria Laura richiama nella sua lettera: l'attenzione alla clinica. La gestazione per altri, con il ricorso all'utero di un'altra donna per portare avanti una gravidanza che altrimenti non sarebbe possibile, è prima di tutto la risposta della medicina di oggi a un problema grave di salute. O più esattamente di infertilità. È stato così negli Usa, quando sono arrivati agli onori della cronaca i primi casi di - espressione bruttissima - “utero in affitto”, ossia gravidanze conto terzi impossibilitati per ragioni di salute e regolate da accordi contrattuali.

La risposta della medicina a un problema di salute

È stato così anche in Italia: vent'anni fa, prima della legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita che lo avrebbe vietato, Novella, all'epoca ventitreenne che aveva perso l'utero in seguito a una gravidanza finita male al nono mese, aveva tentato la strada della maternità surrogata con l'aiuto della madre e i gameti suoi e di suo marito. «Due gravidanze purtroppo sono terminate dopo qualche settimana e altri due tentativi non hanno dato luogo a una gestazione», ha raccontato a una conferenza stampa alla Camera dell'Associazione Luca Coscioni. «Poi sono cominciati gli attacchi. Ci chiamavano 'demoni', ci insultavano. L'Ordine dei medici ci ha vietato di proseguire. Si è offerta anche mia sorella di aiutarmi, ma era troppo giovane. Abbiamo lasciato stare».

La gestazione per altri nasce dunque innanzitutto come uno scambio tra la capacità di portare avanti una gravidanza e il sogno di genitorialità di chi non lo può realizzare in proprio per motivazioni mediche: mancanza di utero dalla nascita, asportazione chirurgica per fibromatosi, cicli emorragici, tumori, complicanze del parto, aborti ripetuti, fallimenti di altri trattamenti di procreazione medicalmente assistita. Ci sono molte donne che hanno questi problemi di salute. La medicina ha cercato risposte, e la strada, almeno per il momento, è la gestazione per altri. Vari paesi hanno trasformato questa soluzione medica in un diritto riconosciuto per legge, con diverse modalità e limitazioni: dal Canada, dove è gratuita e regolata da contratti privati, agli Usa, dove ogni stato ha la sua legislazione, alla Russia, che la prevede solo per le coppie eterosessuali, all'Inghilterra dove è permessa tra parenti, ma vietata ai single, fino all'India, dove è vietata ai cittadini stranieri.  

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