Chiusura percutanea del forame ovale pervio: procedura d’intervento

Chiusura percutanea del forame ovale pervio: procedura d’intervento

Editato da: Antonietta Rizzotti il 05/05/2020

La chiusura del forame ovale pervio ha lo scopo di correggere un’anomalia del cuore, caratterizzata dall’interruzione della comunicazione tra atrio sinistro e atrio destro. Il Dott. Delio Tedeschi, esperto in Cardiologia a Brescia, ci spiega di cosa si tratta.

Trattamento del Forame Ovale Pervio

Il trattamento del Forame Ovale Pervio prevede due possibili strategie: la chiusura del Forame stesso per via percutanea (o in una minoranza dei casi per via chirurgica) oppure soltanto una terapia farmacologica (anticoagulante o antiaggregante).

La decisione su quale sia il trattamento più corretto è un processo molto articolato che parte prima di tutto da un attento percorso diagnostico che dovrebbe sempre svolgersi attraverso una valutazione multidisciplinare di più specialisti (neurologo, neuroradiologo, cardiologo ecografista, cardiologo interventista, medico internista). Questo team di medici esamina ed inquadra i molteplici aspetti del problema ed arriva alla fine ad un’indicazione condivisa per ogni singolo caso. 

Tale valutazione quindi dovrebbe essere eseguita in strutture ospedaliere che hanno esperienza nel trattamento del Forame Ovale Pervio e che possono contare sui diversi specialisti competenti in materia.

In quali pazienti è indicato il trattamento di chiusura percutanea del Forame Ovale Pervio?

In generale l’indicazione è quella di chiudere per via percutanea quando ci troviamo di fronte a pazienti adulti giovani (18-65 anni) con Forame Ovale Pervio ed evidenza di eventi ischemici cerebrali o sistemici senza un’altra causa identificabile; l’obiettivo è quello di prevenire possibili recidive di ictus-ischemie cerebrali o embolie periferiche potenzialmente molto pericolose.

Molti anni fa, l’intervento si eseguiva tramite chirurgia tradizionale a cuore aperto, con tutti i rischi e possibili complicanze che esso comportava. Oggi l’intervento di chirurgia tradizionale si effettua solo in quei rarissimi casi in cui il paziente soffre di altri importanti difetti cardiaci che necessitano di correzione chirurgica. In tutti gli altri i casi si procede in maniera mininvasiva, attraverso una tecnica percutanea che prevede, mediante un catetere, l’impianto o posizionamento di una protesi detta “ombrellino” per chiudere la comunicazione tra atrio destro ed atrio sinistro.

Come avviene l’intervento percutaneo?

La procedura viene effettuata in una Sala di Emodinamica o di Cardiologia Interventistica.

Viene eseguita solitamente in sedazione: il paziente viene addormentato farmacologicamente, ma non viene praticata una vera anestesia generale che comporterebbe anche un’assistenza respiratoria.

Durante la procedura viene eseguito un ecocardiogramma transesofageo e/o un ecocardiogramma intracardiaco che permettono di valutare passo per passo il corretto posizionamento dell’ombrellino sul Forame Ovale.

Dopo una semplice anestesia locale viene inserito un apposito catetere nella Vena Femorale che verrà avanzato sotto guida Rx fino al cuore ed attraverso il Forame Ovale; su questo catetere è già presente la protesi o “ombrellino” che dopo attenta valutazione ecocardiografica verrà rilasciato e posizionato in modo tale che i due dischi si aprano sull’atrio sinistro e destro in corrispondenza del Forame Ovale Pervio. Dopo aver verificato la corretta apertura dell’ombrellino e la buona chiusura del Forame Ovale, il catetere verrà rimosso ed il paziente risvegliato. La durata dell’intera procedura è di circa 20-30 minuti.

Recupero postintervento

Il paziente solitamente viene mobilizzato quindi può alzarsi dal letto già poche ore dopo l’intervento; viene dimesso il mattino successivo all’intervento o in alternativa il giorno dopo ancora, se non sono insorte complicazioni. Il recupero postintervento sarà molto semplice e il paziente nell’arco di pochi giorni potrà riprendere a svolgere una vita regolare e la propria attività lavorativa. 

Al paziente verrà sempre prescritta una terapia antiaggregante piastrinica con due farmaci per i primi 3-6 mesi dopo l’intervento, successivamente proseguirà con un solo farmaco (generalmente cardioaspirina) per un periodo che può variare dai 6 mesi fino idealmente a 5 anni dopo la procedura. La durata della terapia verrà scelta caso per caso in base al tipo di ombrellino posizionato ed al quadro clinico generale del paziente.

Molto importante infine sarà la programmazione di visite cardiologiche ed ecografie cardiache di controllo (dopo 6 e 12 mesi) per verificare che l’intervento sia andato a buon fine e quindi l’effettiva chiusura del Forame Ovale.

Cardiologia a Brescia