Conosci la cura ideale per l'aritmia

Conosci la cura ideale per l'aritmia

Editato da: Veronica Renzi il 18/01/2024

L’aritmia spiegata dal Dott. Massimo Longobardi, Cardiologo a Pavia: cos’è e com’è possibile trattarla

Cos’è l’aritmia?

Chiamiamo aritmia qualunque alterazione del ritmo normale del cuore. Come le classifichiamo? Si possono classificare innanzitutto in base all’origine dell’aritmia. Parleremo quindi di aritmie ventricolari quando il problema è nei ventricoli; tali aritmie raggiungono talvolta frequenze elevatissime e possono provocare perdita di coscienza e, se non si interviene rapidamente, la morte. Le aritmie sopraventricolari sono quelle che si generano negli atri. Ultima tipologia le bradiaritmie, ovvero quando il cuore è più lento del normale. Se normalmente il cuore batte tra i 60 e 100 battiti al minuto, possiamo immaginare cosa succede quando i battiti scendono a 30.

Evoluzioni nel trattamento delle aritmie 

Negli ultimi anni, si sono verificate numerose evoluzioni positive nel campo dell'elettrofisiologia, dedicata alla diagnosi e cura delle aritmie cardiache. Attualmente, esistono molte opzioni di trattamento per diverse forme di aritmie, comprese quelle associate ad altri fattori di rischio come l'abuso di tabacco e alcol, oltre a situazioni di stress. La gestione di tali fattori di rischio è fondamentale come primo passo nel percorso di trattamento.

Tutte le aritmie

  • Parlando specificamente di aritmie rapide o tachicardie, è essenziale esplorare le terapie disponibili per risolvere il problema. Va notato che, nonostante lo stile di vita e i fattori scatenanti come stress, fumo, reflusso gastroesofageo, ernia iatale, calcolosi colecistica, alcune aritmie sopraventricolari, in particolare quelle congenite come la tachicardia reciprocante nodale e la sindrome di WPW, possono insorgere indipendentemente. Dal punto di vista pratico, queste sono spesso le aritmie più semplici da trattare, mediante l'ablazione transcatetere utilizzando la radiofrequenza per eliminare il substrato aritmogeno. In casi selezionati, si può ricorrere alla crioablazione che utilizza il freddo, entrambe con un'elevata percentuale di successo, quasi del 100%.

  • Oltre a queste, ci sono le tachicardie atriali ectopiche, generalmente acquisite, che originano da entrambi gli atri. Il trattamento di queste richiede spesso l'ablazione transcatetere dopo il fallimento della terapia farmacologica. In questo contesto, l'utilizzo di poligrafi speciali consente la ricostruzione tridimensionale della camera atriale coinvolta, facilitando l'individuazione del punto di attivazione più precoce per l'ablazione transcatetere, solitamente eseguita con radiofrequenza o, in casi selezionati, con crioablazione. Anche se le percentuali di successo rimangono generalmente alte, la presenza di molteplici focolai, spesso legati a degenerazione fibro-adiposa atriale, può ridurre leggermente l'efficacia della procedura. In alcuni casi, la terapia farmacologica potrebbe tornare efficace dopo l'intervento, anche se inizialmente non lo era.
  • Un capitolo a parte merita la fibrillazione atriale, aritmia molto diffusa che può avere risvolti negativi dal punto di vista emodinamico (fibrillazione atriale ad elevata risposta ventricolare media condizionante scompenso cardiaco) e, a volte, anche psicologici. Un altro tipo di fibrillazione atriale può richiedere l’impianto di un pace-maker (fibrillazione atriale a bassa risposta ventricolare media che condiziona basse frequenze ventricolari). Non sempre l’evoluzione clinica è questa, infatti moltissimi pazienti vivono in fibrillazione atriale detta permanente. Importantissima la terapia anticoagulante per scongiurare la formazione di trombi in atrio (auricola sx.) con il rischio di avere un ictus cerebrale.
  • Un grande capitolo è quello dell’ablazione della fibrillazione atriale che, negli ultimi anni, ha compiuto passi da gigante grazie all’evoluzione dei poligrafi, l’introduzione, ormai consolidata e molto efficace della crioablazione e l’uso di cateteri e materiali sempre più sofisticati. La migliore percentuale di successo si ottiene nella fibrillazione atriale parossistica con percentuali di successo veramente esaltanti. Diverso il discorso della fibrillazione atriale permanente (spesso i pazienti sono più anziani, hanno l’atrio sinistro ingrandito (fattore prognostico negativo). Nonostante questo anche nella fibrillazione permanente le percentuali di successo sono molto alte e, talvolta, nel post-ablazione con l’aiuto della terapia farmacologica si può rimanere in ritmo sinusale.

  • Passiamo ora al grande tema delle tachicardie ventricolari che possono essere post-infartuali o acquisite. Anche in questo campo i progressi sono stati molto stimolanti. Un fattore prognostico sfavorevole nelle tachicardie ventricolari è dato dalla bassa frazione di eiezione del ventricolo sinistro (l‘indebolimento della forza di contrazione del ventricolo sinistro) che, se troppo bassa richiede, come soluzione, l’impianto diretto di un defibrillatore automatico (ICD). Poco più grande di un pace-maker monitora 24 ore su 24 il ritmo cardiaco e, in caso di aritmia maligna, interviene prima con particolari protocolli di stimolazione detti ATP e, in caso di fallimento, eroga una scarica elettrica producendo il ripristino del ritmo sinusale. Per quanto attiene alle tachicardie acquisite, spesso in assenza di una cardiopatia organica documentabile, le percentuali di successo dell’ablazione trans catetere sono decisamente migliori.
  • Un cenno alle sincopi: la sincope è un’improvvisa perdita di coscienza a volte preceduta da sintomi quali cardiopalmo, a volte in assenza di sintomi. La causa quasi sempre è legata a una tachiaritmia oppure da una bradiaritmia (in questo caso la soluzione è l’impianto di un pace- maker definitivo).
  • Un breve cenno alle sincopi cosiddette vaso-vagali. Questa particolare tipo di sincope che si verifica spesso anche nei giovani è legata ad una prolungata stazione eretta, magari in un ambiente affollato e caldo. Prima di svenire il paziente avverte un malessere ingravescente, con sudorazione profusa e vertigine, raramente cardiopalmo. La diagnosi di questo particolare tipo di sincope si effettua eseguendo un esame detto TILT TEST che, dopo un determinato periodo di tempo con il paziente in posizione eretta e sotto monitoraggio elettrocardiografico e pressorio, riesce a riprodurre la sincope clinica che si manifesta con bradicardia spiccata e ipotensione. Raramente necessita un impianto di pace-maker. Il paziente deve essere istruito, non appena iniziano ii sintomi, di stendersi a terra e, possibilmente, sollevare gli arti inferiori. Ci sono infine, le cosiddette sincopi inspiegabili. A questo proposito è consigliato l’impianto di un LOOP RECORDER che altro non è che un minuscolo apparecchietto che si impianta in day hospital sul torace (IV spazio intercostale) e per circa tre anni monitorizza 24 ore su 24 il battito cardiaco. All’insorgenza della sintomatologia clinica il LOOP RECORDER memorizza l‘elettrocardiogramma e, correlato ad un’eventuale sintomatologia clinica, consente di porre una corretta diagnosi.

 

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Cardiologia a Pavia