Il ruolo dell'antigene prostatico specifico: vantaggi e svantaggi

Il ruolo dell'antigene prostatico specifico: vantaggi e svantaggi

Editato da: Serena Silvia Ponso il 06/09/2023

La raccomandazione per l’antigene prostatico specifico (PSA) a tutti gli uomini sopra i 50 anni per lo screening o la diagnosi precoce del cancro alla prostata è sempre più in discussione. Tale indicatore, utilizzato da oltre 20 anni nella pratica clinica, è diventata una routine di analisi da parte dei medici di famiglia e urologi. Tuttavia, nonostante la sua generalizzazione, la recente comparsa di numerose pubblicazioni, la più recente del gruppo di lavoro degli Stati Uniti Preventive Services Task Force (USPSTF), riapre il dibattito sul suo uso. Ce ne parla il Dott. Antonio Tempesta, Urologo a Bari

Perché fare o non fare la diagnosi precoce del cancro alla prostata?

Ci sono un certo numero di motivi per cui è importante fare la diagnosi precoce del cancro alla prostata. Senza dubbio, il più significativo è che il cancro alla prostata è il tumore più comune nell'uomo, e che il trattamento di diagnosi precoce aumenta la sopravvivenza del paziente.

Il 9% degli uomini oltre i 50 anni soffrono di cancro alla prostata (PAC), ma solo il 3% muore di conseguenza. Prima dell'era PSA, solo il 30% dei tumori sono stati diagnosticati in una fase precoce; tumori cioè localizzati e potenzialmente curabili. Dopo l'introduzione del PSA, queste percentuali sono cambiate drasticamente, e ora la maggior parte dei tumori sono diagnosticati quando si trovano.

Lo svantaggio è che dei pazienti che si sottopongono a biopsie prostatiche solo il 50% hanno realmente un tumore di rilevanza clinica. Ciò significa che la probabilità di effetti collaterali del trattamento in chi non presenta il tumore sono due: impotenza e incontinenza.

I dubbi sull’efficacia del PSA

Nonostante l'uso diffuso di PSA e innumerevoli pubblicazioni scientifiche al riguardo, non abbiamo prove dirette di accreditare al PSA la diagnosi precoce del cancro alla prostata. Per questo sono stati necessari degli studi a lungo termine (oltre un decennio di follow-up) con un gran numero di pazienti con cancro alla prostata, che sono stati sottoposti a screening e a diagnosi precoce rispetto ai pazienti che invece non sono stati confrontati (gruppo controllo).

Nel 2009 due studi, uno americano (PLCO) con circa 80.000 pazienti e quello europeo (ERSPC) con più di 150.000, hanno cercato di rispondere a questa domanda. Tuttavia, i risultati non hanno di certo chiarito la situazione.

Perché continuare a utilizzare il PSA?

Nonostante i dubbi, il PSA rimane la prova più efficace per rilevare il cancro alla prostata, e per il monitoraggio quando il cancro è stato già diagnosticato. La chiave è l’uso razionale che ne viene fatto, come e a chi da applicarlo, e una corretta interpretazione dei suoi valori.

L'ideale è quello di spiegare al paziente gli obiettivi di quantificazione con i suoi pro e contro e, se necessario, di razionalizzarne l’impiego. In molti casi è necessario nel caso di una valutazione annuale, come nei pazienti che hanno valori più bassi e il rischio di sviluppare un tumore è praticamente nullo. Pertanto, in attesa di un indicatore migliore, il PSA continuerà a essere utilizzato. L’importante è farlo bene.

 

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Urologia a Bari