Indennità di accompagnamento: in quali casi deve essere corrisposta?

Indennità di accompagnamento: in quali casi deve essere corrisposta?

Editato da: Marta Buonomano il 11/05/2020

Secondo la Legge, in quali casi deve essere corrisposta l’indennità di accompagnamento? Ce lo dice il nostro esperto in Medicina Legale a Napoli, il Dott. Marcello Lorello

Cosa s’intende per indennità di accompagnamento?

due persone che si tengono per manoL’indennità di accompagnamento (Legge n° 18/80 integrata dalla Legge n° 508/88) è quel contributo economico, in ambito socio assistenziale (Corte Costituzionale sent. n° 346/89), previsto dallo Stato a favore degli invalidi civili che, oltre ad essere nella condizione di difficoltà persistente nello svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età (se minori, con più di sessantacinque anni o portatori di un’invalidità totale), siano anche nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o non siano in grado di compiere gli atti quotidiani della vita per cui hanno bisogno di assistenza continua.

Tale indennità è prevista senza tener conto né del reddito né dell’età, a meno che il beneficiato non sia ricoverato presso un istituto di cura a carattere di lungodegenza o a titolo riabilitativo.

Tale indennità è compatibile con lo svolgimento dell’attività lavorativa ed è cumulabile con l’indennità di accompagnamento percepita in qualità di cieco civile o con quella per sordomutismo (Ministero della Sanità circ. prot. 500.6/1984).

L’incapacità a deambulare

Contrariamente alla prassi quotidiana, in cui spesso la richiesta è incomprensibilmente rigettata, la Cassazione nella sent. n° 3228/1999 sottolinea che il diritto sussiste quando la condizione fisica dell’invalido comporta un difetto di autosufficienza, determinato da una deambulazione particolarmente difficoltosa e limitata nello spazio e nel tempo, tale da essere fonte di grave pericolo, in ragione della concreta possibilità di caduta dello stesso e che giustifichi il permanente aiuto di un accompagnatore.

La Corte aggiunge, nella sentenza n° 8060/2004, che l’indennità debba essere corrisposta anche quando il soggetto invalido si muova autonomamente, seppur a fatica nella propria abitazione, ma sia accertato che si trovi nell’impossibilità ad uscire e camminare autonomamente per strada (pensate ai nonni confinati in palazzi antichi senza ascensore).

L’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita

Il Ministero della Sanità identifica come atti quotidiani della vita quelle azioni elementari che un soggetto normale, di corrispondente età, compie quotidianamente e che rendono l’inabile incapace di eseguirle, necessitando quindi una assistenza continua. Le azioni semplici sono quelle attività non legate all’attività lavorativa ma che consentono ai soggetti non autosufficienti di avere condizioni esistenziali compatibili con la dignità della persona (vestizione, nutrizione, igiene personale, preparazione dei cibi, orientamento spaziotemporale, accendere la radio o la televisione, fare la spesa, ecc.) ma non solo, è necessario che l’invalido abbia cognizione di ciò che fa (aprire la porta di casa, aprire l’acqua e le finestre, accendere il gas, ecc. – Cassazione sent. n° 1268/2005). Esse (le azioni elementari), devono avere cadenza quotidiana (Cassazione sent. n° 88/2005) e possono essere anche una delle tante, poiché non è necessario che siano tutte quelle elencate. La Legge 18/80 all’art. 1 aggiunge “anche quando sia stata accertata l’impossibilità della persona ad uscire autonomamente da casa per provvedere alle proprie necessità, senza l’aiuto di un accompagnatore a prescindere se gli atti quotidiani della vita avvengono autonomamente nella propria abitazione” (Cassazione sent. n° 8060/2005). Inoltre, anche quando la necessità dell’aiuto di terzi da parte dell’invalido si manifesta nel corso della giornata (Cassazione sent. n° 5784/2003) secondo il concetto qualitativo e non quantitativo di assistenza continua, cioè ogni qualvolta l’inabilità sofferta dallo stesso è limitata solo a particolari atti quotidiani della vita e determini un difetto permanente di autosufficienza (Cassazione sent. n° 5784/93).

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