Le conseguenze psicologiche del Covid-19

Le conseguenze psicologiche del Covid-19

Editato da: Cecilia Ghidotti il 14/04/2022

 

La depressione nei primi anni della pandemia

Molti giovani, dopo la quarantena forzata dalla pandemia, affermavano di sentirsi sequestrati nelle proprie case. Altri pazienti avevano la sensazione di essere stati sepolti vivi e rapiti in luoghi segreti ed introvabili. Gli anziani, invece, mostravano un senso di desolazione, solitudine e paura dell’abbandono insieme a sensazioni claustrofobiche. Altri ancora non riuscivano a liberarsi dal panico perenne.

L’autorità e le rigide restrizioni venivano viste come una sorta di violenza, una tortura senza uscita. Questo “attacco” genera una rebellione nel paziente, un meccanismo di auto-difesa che smentisce la veridicità della pandemia e del virus, il quale li faceva sentire impotenti e privi di qualsiasi libertà.

Un altro atteggiamento molto frequente nei pazienti è la tendenza a distaccarsi dalla società, cercando riparo in spazi piccoli e protetti ed addirittura virtuali. Questo spazio, però, generava una duplice sensazione: soffocamento e protezione, la cosiddetta sindrome della capanna. Questa capanna può assumere il senso di una richiesta di protezione, una realtà immaginata che si sviluppa solo nello spazio indoor cancellando l’outdoor. Altri ancora sembravano reagire con una certa letargia ed un sonno continuo quasi come volessero essere stati loro a prendere la decisione di privarsi delle libertà (date invece dalle restrizioni). Il sonno può essere visto anche come un simbolo materno, uno scudo protettivo dal mondo esterno.

Sindrome del nido pieno

In psichiatria ed in psicologia per sindrome del nido pieno si intende la sensazione di soffocamento che i genitori provano nel vedere i figli adulti non raggiungere la propria indipendenza e restare a casa. I genitori si sentono così inadeguati e sentono di aver fallito la loro missione: il nido è pieno, in casa non c’è più spazio ed i figli non hanno intenzione di affrontare la vita al di fuori. La quarantena ha infatti costretto molte famiglie a restare sotto lo stesso tempo per un tempo prolungato, con tutti i sacrifici individuali che ne conseguono: immaginatevi solo grandi famiglie strette in mini-appartamenti, un po’ claustrofobico, no?

Nel 2022 la depressione è rabbiosa

Con l’apparizione della variante Omicron ad inizio anno, riappare anche uno stato depressivo questa volta un po’ differente. I pazienti ritornano, ma con una depressione accompagnata da un sentimento di rabbia. La depressione rabbiosa, differentemente da altre tipologie depressive, si scatena a conseguenza di eventi traumatici specifici e si attenua man mano che questi eventi si allontanano dalla coscienza del paziente. Il tempo è quindi, in questo caso, la cura: aiuta a rielaborare il dolore provocato dal trastorno della struttura psichica dell’Io.

Il contesto

La speranza dell’immunità di gregge che ci era stata promessa ad inizio 2021, si sfuma con l’aumento spropositato dei contagi delle varianti Delta ed Omicron: le informazioni scientifiche ci deludono ed il virus sopravvive mutandosi. L’unica soluzione sarebbe nel vaccinare più persone possibili nel mondo, ma le risorse mondiali non sono sufficienti. L’idea di un ritorno alla vita e alle libertà pre-pandemia diventa sempre più inverosimile nelle nostre menti, idea che scoraggia soprattutto la fetta di popolazione giovane.

Perchè la rabbia?

La rabbia è la risposta immediata alla delusione: due anni di sacrifici, di rinuncia ad aspirazioni e ad interazioni sociali fisiche senza una soluzione palpabile.

I giovani vedono minimizzata la propria vita sociale a mondi distanti e virtuali che raffreddano il calore del contatto umano. Ecco allora la melanconia di vedersi in un mondo distopico accompagnata dalla rabbia.

La rabbia è anche quella dei lavoratori e dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro: condizioni ancora più precarie, instabilità economica e sensazione di fallimento. E ancora di più, la rabbia esplode di fronte al senso di ingiustizia per l’epoca storica in cui ci troviamo a vivere.

Il Covid fa paura

Tanto quando apertamente dichiarata che razionalizzata con atteggiamenti provocatori, la verità è una: il Covid ci spaventa! Una parte della popolazione spaventata segue tutte e nuove norme igieniche e le direttive dell’istituzione sanitaria, l’altra parte inconsciamente agisce attraverso meccanismi di diniego:

  • Dominio. “Il Covid è solo una influenza come un’altra, ed io non mi ammalo mai”;
  • Trionfo. Il virus non esiste, è tutto un complotto di governi sanguinari, quindi io non mi vaccino;
  • Disprezzo. Rifiuto ed allontanamento da tutti quelli che cadono nelle mani di questo “complotto” e si vaccinano.

La rabbia è la maschera sul volto della depressione od un’altra faccia della depressione stessa. Il depresso rabbioso si agita, si lamenta e vive con un sentimento egocentrico. Insoddisfatto di cose e situazioni che gli sono state private maschera la melanconia con aggressività, attiva o passiva.

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