Patologie vertebrali: le nuove soluzioni terapeutiche

Patologie vertebrali: le nuove soluzioni terapeutiche

Editato da: Marta Buonomano il 20/04/2023

Il nostro esperto in Chirurgia mininvasiva della colonna vertebrale (Neuroradiologia Intervenzionale) a Milano, il Prof. Giuseppe Bonaldi, ci spiega quali sono le nuove possibilità terapeutiche per curare le patologie vertebrali

Come si trattano le patologie vertebrali?

Esistono patologie vertebrali caratterizzate da una sintomatologia dolorosa invalidante, che può arrivare a compromettere il movimento, deteriorando la qualità di vita dei pazienti. Inizia così un lungo percorso di trattamenti che comprendono somministrazioni di farmaci, riposo prolungato, terapie fisiche e posturali, utilizzo di corsetti. Queste modalità terapeutiche, pur valide, sono spesso insufficienti; così, laddove il trattamento conservativo tradizionale fallisce, vengono utilizzati dispositivi innovativi, efficaci per trattare la patologia vertebrale in fase precoce, soprattutto quella caratterizzata dalla cosiddetta “instabilità”, cioè esistenza di movimenti delle articolazioni vertebrali che vanno oltre i limiti normali, generando così dolore.

ragazza di spalle

Quali sono i vantaggi dei nuovi dispositivi per le patologie vertebrali?

Si tratta di impianti di stabilizzazione dinamica inseriti nella colonna vertebrale del paziente con una minima invasività chirurgica e capaci di garantire il totale recupero del movimento. Questi dispositivi inaugurano un’epoca nuova nell’ambito della chirurgia delle patologie vertebrali degenerative. Le stabilizzazioni eseguite con i nuovi dispositivi vengono chiamate “dinamiche” perché non eliminano il movimento delle vertebre patologiche ma lo riportano entro limiti normali. I dispositivi possono essere inseriti con tecniche interventistiche percutanee (cioè senza incisione della pelle), e pertanto si sono diffusi anche grazie alla loro mininvasività, che gode di una forte accettazione psicologica da parte dei pazienti. Queste nuove tecniche chirurgiche mininvasive possono accelerare la guarigione senza rischiare di influenzare negativamente la storia naturale della malattia. Da oltre vent’anni abbiamo accumulato una grande esperienza clinica e tecnica, al punto che la nostra scuola è molto rispettata anche all’estero e spesso ricercata per la messa a punto di nuovi materiali, come è avvenuto, ad esempio, nel caso della tecnica che abbiamo approntato per il trattamento dell’ernia discale cervicale, che ha ricevuto consensi e conferme a livello internazionale. Anche al momento attuale abbiamo diversi rapporti di collaborazione attivi con istituzioni e aziende americane.

 

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In quali casi possono essere utilizzati?

Questi nuovi dispositivi trovano la loro principale applicazione nel trattamento della stenosi lombare, una patologia in aumento soprattutto tra la popolazione anziana, e spesso secondaria ad alterazioni anatomiche come ernia discale, degenerazione spondilo-disco-artrosica e spondilolistesi (scivolamento di una vertebra rispetto a una contigua).

Cosa s’intende per stenosi lombare?

La stenosi lombare consiste in un restringimento del diametro del canale vertebrale e dei forami intervertebrali a carico del rachide lombosacrale: questo provoca la compressione delle radici dei nervi spinali e quindi un dolore profondo che si irradia agli arti inferiori, con la comparsa di una sindrome tipica definita “claudicatio neurogenica intermittente”. La stenosi del rachide lombare, la cui diagnosi certa avviene grazie al supporto neuroradiologico, soprattutto con Risonanza Magnetica della colonna, sembra essere il risultato dinamico di un processo di micro-instabilità, che si aggrava e si complica progressivamente coinvolgendo in primis il disco intervertebrale. Complici l’avanzare dell’età e il perpetuarsi di traumi o microtraumi ripetuti, il disco intervertebrale, soprattutto il suo nucleo polposo, si disidrata, la sua funzione ammortizzante viene meno e il peso del corpo viene così scaricato sulle faccette articolari che, a loro volta, si ispessiscono indebolendosi, infiammandosi e diventando così dolenti. I movimenti diventano difficoltosi ed eccessivi, e richiedono un grande dispendio di energia per tornare alla posizione di riposo.

donna con dolore alla schiena

Come si esegue l’impianto dei nuovi dispositivi?

I nuovi dispositivi vengono inseriti in breve tempo e in anestesia locale, con un disagio minimo per il paziente che può essere dimesso entro le 24 ore. Costruiti in titanio, in silicone oppure in materiale semicristallino ed elastico capace di assorbire i carichi, questi dispositivi sono rappresentati dai distanziatori interspinosi che limitano l’estensione della colonna vertebrale ma consentono i movimenti di rotazione e di flessione laterale. Una volta posizionato, il dispositivo ripristina la distanza tra i processi spinosi posteriormente alla vertebra, concedendo spazio alle strutture nervose attraverso una decompressione che non richiede l’asportazione di elementi ossei, come invece avviene durante l’intervento di laminectomia. L’impianto riduce quindi la stenosi ridistribuendo il carico sull’intera unità funzionale vertebrale degenerata, favorendo così l’apporto nutritivo e l’ossigenazione dei dischi intervertebrali (notoriamente non vascolarizzati), e aumentando il diametro dei forami intervertebrali, con conseguente decompressione delle radici nervose.

 

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Quali risultati offrono?

La postura e l’autonomia motoria migliorano e la sintomatologia dolorosa si riduce o può scomparire del tutto. L’intervento è semplice e rapido, il paziente si alza il giorno stesso e può essere dimesso il giorno successivo. L’azione mirata sulla singola vertebra colpita, senza che ci sia modificazione dei metameri sopra e sottostanti, è il principale vantaggio dei nuovi dispositivi, la cui validità è stata dimostrata da studi internazionali e potrà essere sempre più efficace grazie alla collaborazione tra radiologi, ortopedici, neurochirurghi e anche fisiatri, perché è importante un’efficace rieducazione motoria e posturale post-operatoria.

Esempio di dispositivo interspinoso inserito con una microincisione laterale:

esempio di dispositivo vertebrale

 

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