Un problema delle mamme: la diastasi addominale

Un problema delle mamme: la diastasi addominale

Top Doctors
La redazione di Top Doctors
Top Doctors
Scritto da: La redazione di Top Doctors
Editato da: il 03/05/2020

Anche se poco conosciuta, la diastasi è un problema piuttosto diffuso tra le donne che hanno avuto un bambino. Di cosa si tratta? Lo spiega l’esperto in Chirurgia Generale a Milano, il Dott. Riccardo Annibali

1) Che cos’è la diastasi addominale?

I retti addominali sono due fasci muscolari longitudinali, uno a destra e uno a sinistra, che si estendono dall’arcata costale fino al pube. I due retti sono divisi dalla linea alba, una linea millimetrica ma molto robusta situata proprio a metà dell’addome. La diastasi altro non è che l’allargamento di questa linea, allargamento dovuto alla pressione di qualcosa che spinge fortemente sui fasci muscolari dall’interno dell’addome e fa sì che la giunzione, normalmente di qualche millimetro e piuttosto robusta, tenda ad allagarsi anche di diversi centimetri.

La linea diventa, quindi, una banda fibrosa, in corrispondenza della quale vi è un indebolimento della parete muscolare addominale: i visceri che spingono tendono a causare una protrusione, simile ad un “salsicciotto” che emerge longitudinalmente dall’addome.

Non si tratta, eccetto per casi estremamente gravi, di una patologia che può causare grandi disturbi funzionali, ma è abbastanza disabilitante dal punto di vista estetico.

2) Chi può soffrire di diastasi?

La patologia è tipica delle persone che hanno subito degli aumenti di peso abbastanza rapidi (è molto presente tra i forti bevitori di birra!) e delle donne che hanno avuto una gravidanza.

Paradossalmente, è un problema molto diffuso tra le donne più atletiche, che danno importanza alla linea e all’aspetto fisico: gli addomi scolpiti di queste donne vengono messi a dura prova dal volume del feto che cresce e dagli ormoni. Lo scopo principale del progesterone in gravidanza, infatti, è proprio quello di rilassare la muscolatura in modo che il corpo si predisponga all’accoglienza del feto.

Altri fattori di rischio sono le gravidanze gemellari e quelle in cui è presente una grande quantità di liquido amniotico.

3) Quando la diastasi diventa più di un problema estetico?

In molti casi, dopo circa un anno dal parto, la divisione tra i retti addominali torna a non superare il centimetro; in altri casi, invece, la linea alba rimane più dilatata.

Uno dei problemi principali causati della diastasi è il mal di schiena: la distanza tra i muscoli, infatti, crea un disequilibrio tra le tensioni esercitate sulla muscolatura lombare e su quella addominale, dovuto al fatto che l’addome ha perso tonicità durante la gravidanza. Anche se non particolarmente comuni, possono originarsi anche delle ernie epigastriche, poiché la debolezza della parete addominale favorisce la fuoriuscita dei visceri dalla sede naturale.

Da non tralasciare sono anche le ripercussioni psicologiche ed emotive della diastasi, legate all’attenzione considerevole che oggi si dà all’estetica.

4) Come ci si accorge di soffrire di diastasi? 

Bisogna sottolineare che, dopo una gravidanza, l’addome della donna rimane inevitabilmente alterato: solo una minoranza recupera un perfetto tono muscolare!

È la stessa paziente che si accorge per prima della diastasi, notando un rilassamento dell’addome quando si trova in posizione eretta (alcune donne riferiscono una “pancia come al terzo mese di gravidanza”). Per verificare l’allargamento, la paziente deve sdraiarsi su una superficie rigida, sollevare la testa e toccare, con le dita delle mani unite, l’asse longitudinale dell’addome. Se le dita “entrano” facilmente nella fessura tra i retti addominali, allora c’è probabilmente un problema di diastasi.

Lo specialista valuterà, poi, la distanza trasversale tra i due muscoli retti e la lunghezza della diastasi, che può essere variabile:

  • Diastasi completa: si estende dall’apice dello sterno al pube
  • Diastasi parziale: tra sterno e ombelico; tra ombelico e pube; a cavallo dell’ombelico.

Il chirurgo effettua la diagnosi manualmente e può anche servirsi dell’ecografia o della TAC addominale per avere informazioni più precise sulla dimensione dell’apertura addominale.

5) Come si cura la diastasi?

Esistono degli esercizi che possono irrobustire e tonificare il muscolo trasverso addominale, muscolo dal movimento cilindrico e concentrico che compone la muscolatura laterale insieme al muscolo obliquo interno e obliquo esterno. Le persone che soffrono di diastasi tendono, spesso mal guidati dai personal trainer, a fare esercizi per irrobustire i retti addominali. Questo, in realtà, è un errore: l’ipertrofia dei retti, che ricordiamo non sono uniti tra loro, tende a far aumentare la diastasi. Il fisioterapista può aiutare nel fare un primo tentativo con questi esercizi, che in una buona percentuale dei casi portano a un miglioramento.

Se però il gap rimane consistente, allora è necessaria la chirurgia. La riabilitazione chirurgica mira a riavvicinare i due fasci muscolari dei retti addominali fissandoli con delle suture e ricostituendo una linea alba sottile e robusta. Alcuni chirurghi preferiscono rinforzare la sutura fatta manualmente con delle reti protesiche, che garantiscono sì supporto alla parete addominale, ma che allo stesso tempo la irrigidiscono. Nella maggior parte dei casi questo non è necessario.

Fino a qualche tempo fa, l’intervento prevedeva un’incisione poco estetica, che seguiva tutta la diastasi per tutta la sua lunghezza. Il risultato era una cicatrice, più o meno evidente, sulla linea mediana. Un’altra soluzione era, ed è tutt’ora, quella di eseguire un’addominoplastica, soprattutto su quelle donne che presentano anche una certa abbondanza di tessuto adiposo addominale. L’intervento consiste nello scollare lo strato di grasso dallo strato muscolare sottostante, sollevarlo, chiudere il gap della diastasi ed asportare il grasso in eccesso, tutto ciò attraverso un taglio trasversale sotto la linea del bikini. Questo intervento, tuttavia, comporta un’incisione trasversale piuttosto estesa, che in genere si estende da una spina iliaca anteriore superiore all’altra.

Oggi si sono trovate soluzioni meno invasive e più estetiche, più adatte alle esigenze delle donne moderne. Si possono, infatti, fare incisioni più limitate grazie all’ausilio del laparoscopio: attraverso un piccolo taglio sopra il pube, comparabile ad un taglio cesareo, si può scollare fino all’arcata costale il tessuto adiposo e ricucire la diastasi. L’intervento ha un decorso decisamente meno doloroso rispetto ai due precedentemente descritti.

Per il futuro, invece, alcuni chirurghi hanno iniziato ad utilizzare la chirurgia robotica, il famoso Robot Da Vinci, con la quale sarà possibile ricucire i fasci muscolari dall’interno.

5) Diastasi: dopo l’intervento

Sono necessari tempo e pazienza. La paziente, dopo l’intervento, dovrà condurre una vita tranquilla: per il primo mese la mamma non potrà sollevare il peso del bambino e dovrà portare una fascia contenitiva.

Bisogna sottolineare, inoltre, che l’intervento è da eseguirsi solo una volta terminata la pianificazione familiare: non ha senso sottoporsi a questo tipo di chirurgia se si hanno in previsione future gravidanze.


Editor Karin Mosca

Chirurgia Generale