Aritmia: l’ablazione della fibrillazione atriale

Aritmia: l’ablazione della fibrillazione atriale

Editato da: il 13/04/2024

L’ablazione transcatetere si è rivelata la terapia più efficace nel trattamento della fibrillazione atriale. Ne parla il Dott. Giuseppe Stabile, esperto in Cardiologia a Napoli

Che cos’è la fibrillazione atriale?

La fibrillazione atriale (FA) è la più frequente forma di aritmia sostenuta, riscontrata nell’1-2% della popolazione. È la più frequente causa di accesso al Pronto Soccorso in Italia e la sua incidenza aumenta con l’aumentare dell’età. Si stima che nel 2050 il numero di pazienti con FA sarà almeno il doppio di quello attuale.

Come si cura la fibrillazione atriale?

La fibrillazione atriale viene trattata con una terapia farmacologica antiaritmica ma, quando questa non è efficace, è necessario ricorrere all’ablazione del substrato aritmogeno.

L’ablazione viene generalmente eseguita per via transcatetere e, solo in casi selezionati, per via chirurgica. In entrambi i casi l’obiettivo dell’ablazione è isolare elettricamente le vene polmonari dal resto dell’atrio sinistro.  È da queste vene, infatti, che si originano i battiti ectopici (irregolari) che caratterizzano la FA. In alcuni pazienti, soprattutto quelli con fibrillazione atriale persistente, è necessario eseguire lesioni aggiuntive in atrio destro e sinistro.

L’intervento dell’ablazione transcatetere consiste nell’inserimento, attraverso la vena femorale, di alcuni elettrocateteri che vengono poi avanzati all’interno del cuore. Una volta posizionati, gli elettrodi rilasciano una corrente elettrica a radiofrequenza che distrugge il tessuto che provoca l’aritmia.

L’ablazione sfrutta i moderni sistemi di mappaggio tridimensionale del cuore, che permettono di navigare virtualmente l’anatomia reale dell’atrio, attraverso la tomografia assiale computerizzata (TAC) o la risonanza magnetica nucleare.

La crioablazione

La crioablazione è una tecnica di ablazione transcatetere che nel corso degli anni si è affermata sempre di più nel trattamento della fibrillazione atriale.

La crioablazione si avvale di un catetere ablatore dotato di un elettrodo da introdurre nel condotto delle vena polmonare. Tramite una consolle, viene rilasciato del liquido refrigerante (NO2) sotto pressione all’interno del lume del catetere: quando la temperatura raggiunge i -40°C, si crea uno strato di ghiaccio che avvolge la punta del catetere e che determina una perfetta adesione e stabilità del catetere al tessuto miocardio. Grazie all’adesione del cateteri all’interno della vena polmonare, i circuiti elettrici responsabili della fibrillazione atriale vengono interrotti.

L’ablazione è consigliata a tutti i pazienti con fibrillazione atriale?

L’ablazione è consigliata ai pazienti che soffrono di FA parossistica (occasionale); meno definito, invece, è il rapporto rischio-beneficio per chi soffre di FA resistente, che potrebbe necessitare di più sedute di ablazione. Per questa ragione, viene indicata solo a chi è fortemente sintomatico, refrattario alla terapia antiritmica o quando è presente una cardiopatia strutturale.

Altri fattori da tenere in considerazione sono l’età del paziente, il tipo e la gravità di eventuali cardiopatie associate, il diametro dell’atrio sinistro ed eventuali comorbidità.

Ad ogni modo, l’ablazione per la FA non può essere considerata un intervento definitivo: purtroppo, è ancora oggi gravato da un’alta percentuale (circa il 40%) di recidive anche in quei pazienti che inizialmente non presentavano più fenomeni aritmici. Resta tuttavia la terapia più efficace nel mantenere il ritmo sinusale.

 

Editor Karin Mosca

Cardiochirurgia a Salerno