L’elastosonografia al seno

L’elastosonografia al seno

Editato da: il 13/04/2024

L’elastosonografia, o elastografia, è utilizzata sempre più frequente nella diagnosi delle lesioni al seno, come complemento alla mammografia e all’esame citologico. Il Dott. Antonio De Fiores, esperto in Radiologia a Roma, ci spiega in cosa consiste questa tecnica ecografica

 

 

L’anatomia del seno

La ghiandola mammaria di una donna contiene dai 15 ai 20 lobi, ciascuno dei quali ha un proprio dotto galattoforo che termina nel capezzolo. Il condotto del latte si divide poi in altri piccoli condotti, al termine dei quali si trovano le unità lobulari. Ogni unità è costituita da un condotto lobulare centrale e da 10-100 acini deputati alla produzione del latte. I lobuli sono separati dallo stroma (tessuto connettivo di supporto), composto da tessuto collagene e da tessuto adiposo. La mammella presenta una fascia superficiale che si sdoppia davanti al muscolo pettorale, da cui prendono origine i legamenti di Cooper che costituiscono il supporto fibroso del seno.

La mammella è soggetta a due cambiamenti ciclici, legati all’allattamento e all’involuzione ghiandolare dovuta all’età (il tessuto ghiandolare viene sostituito da tessuto adiposo). Nelle donne giovani, lo strato sottocutaneo della mammella è ricco di tessuto ghiandolare, facilmente analizzabile con una ecografia (iperecogeno). Durante il periodo di allattamento, invece, la ghiandola perde d’intensità e i dotti galattofori assumono un aspetto ipoecogeno (“rifletteno” meno l’ecografia). L’atrofia ghiandolare e l’incremento della componente adiposa sono ulteriormente accelerati dalla menopausa.

Il tessuto connettivo, con i setti fibroadiposi, occupa quindi lo spazio che prima ospitava la ghiandola. Il problema è che queste isole di tessuto adiposo possono essere interpretate, durante un esame ecografico, come lesioni focali (aree che presentano un aspetto diverso dalla zona circostante, come noduli e cisti).

 

L’elastosonografia

Attualmente, gli strumenti per valutare la presenza e l’evoluzione di una lesione tumorale sono l’autopalpazione, la visita senologica, la mammografia, l’ecografia e la Risonanza Magnetica. Sempre più spesso, però, si ricorre anche all’elastosonografia. Lo scopo dell’elastosonografia, o elastografia, è quello di ridurre il numero di biopsie che tendono a portare, insieme alla CEUS (ecografia con mezzo di contrasto), costi alti per il paziente.

L’elastosonografia è un esame ecografico che permette di evidenziare la durezza e l’elasticità di un tessuto o di un nodulo. L’elasticità del grasso e del tessuto ghiandolare della mammella, infatti, così come quella dei noduli mammari benigni o maligni, risultano significativamente diversi l’uno dall’altro.

Questa tecnica si conferma, quindi, particolarmente utile nella valutazione delle lesioni più piccole. In particolare, l’elastografia è d’aiuto nel differenziare i carcinomi mammari inferiori ai 20 mm. da altre lesioni come fibroadenomi e lipomi. Inoltre, analizzando i cambiamenti del tessuto circostante possiamo verificare la benignità o la malignità della lesione.

 

Editor Karin Mosca

Radiologia a Roma