Protesi d’anca: come, quando e perché

Protesi d’anca: come, quando e perché

Editato da: Marta Buonomano il 03/05/2020

Quando è necessario eseguire un impianto di protesi d’anca e in cosa consiste l’intervento? Risponde il nostro esperto in Ortopedia e Traumatologia a Milano, il Dott. Guido Antonini

Come è cambiato l’approccio chirurgico negli ultimi anni?

Nell'ultimo decennio abbiamo assistito a cambiamenti radicali nelle abitudini della nostra vita quotidiana. Grazie alla tecnologia sono diventate immediate e semplici attività che in passato erano impensabili. Qualcosa di analogo sta avvenendo anche in chirurgia: interventi una volta ritenuti complessi, sia per il paziente che li subiva, sia per il chirurgo che li effettuava, vengono eseguiti con nuove tecniche molto meno invasive che permettono una breve ospedalizzazione e una rapida ripresa funzionale. 
Negli ultimi anni c'è un crescente interesse verso la chirurgia mininvasiva, ovvero una chirurgia che minimizza il trauma dell'intervento. Questo non significa semplicemente una ridotta ferita, e di conseguenza una piccola cicatrice con una migliore estetica, ma soprattutto minori danni ai tessuti profondi come muscoli, tendini, vasi e nervi. Il chirurgo che deve effettuare un intervento, per esempio di sostituzione protesica, deve necessariamente effettuare un taglio per accedere all'articolazione e poterla sostituire con la protesi.
Senza dubbio l'ambito in cui in questi anni si è registrata una maggiore evoluzione tecnologica e chirurgica è stata la chirurgia protesica dell'anca. Fino a non molti anni fa sostituire una articolazione complessa come l'anca richiedeva sofferenza e sacrifici al paziente, costretto a riposo per molte settimane e limitato dall'utilizzo delle stampelle per almeno due o tre mesi. Oggi non è più così.

La protesi dell'anca: quando

L'articolazione dell'anca necessita di essere sostituita con una protesi principalmente per due motivi: a causa di una frattura, come accade tipicamente nel paziente anziano che cadendo si rompe il collo femorale, oppure a causa del consumo dell'articolazione come avviene nell'artrosi, in cui vi è una degenerazione della cartilagine. L'artrosi dell'anca è la prima causa di impianto di una protesi: si tratta di una patologia molto diffusa che colpisce principalmente le persone sopra i sessant'anni di età. Tipicamente il paziente avverte un dolore in regione inguinale, qualche volta irradiato alla coscia sino al ginocchio, che si aggrava con il cammino o dopo sforzo. Frequentemente la causa dell'artrosi dell'anca non è riconoscibile, si parla allora di artrosi primaria. Altre volte sono identificabili patologie all'origine dell'artrosi come il conflitto femoro-acetabolare, l'osteonecrosi della testa femorale, traumi, ecc. Esistono poi alcuni fattori predisponenti, come l'obesità o alterazioni metaboliche come il diabete.

Come è fatta una protesi d’anca?

Le protesi d'anca possono essere distinte in due categorie: protesi d'anca parziali (o endoprotesi) e protesi totali. Nel primo caso viene sostituita solo la componente articolare dal versante femorale, attraverso il posizionamento di uno stelo che entra nel canale midollare e una testa metallica, nel secondo caso viene sostituita anche la componente articolare del bacino, ovvero l'acetabolo: viene posizionata una coppa, in genere metallica, con un inserto che si va ad articolare con la testa protesica sul lato femorale.
Anche in questo settore dal punto di vista tecnologico c'è una costante evoluzione con nuovi materiali sempre più affidabili e duraturi rispetto al passato, con numerose possibilità di scelta a seconda delle necessità, delle caratteristiche anatomiche, delle esigenze funzionali e l’età del paziente.

Vie di accesso all'anca

Qualsiasi chirurgo, ma ancor di più lo specialista ortopedico in chirurgia protesica, ha davanti a sé sempre un paradosso: da un lato può guarire il paziente, sostituendo l’articolazione malata con una protesi dai materiali più innovativi, dall'altro deve poter accedere all'articolazione per sostituirla. Deve utilizzare il bisturi per arrivare dalla cute all'interno della capsula articolare e all'osso, causando quindi una lesione ai tessuti del paziente.
Negli anni si sono sviluppati diversi approcci chirurgici all'articolazione dell'anca che possono essere distinti in tre grandi famiglie: posteriori, laterali e anteriori, a seconda di dove venga effettuata l’incisione cutanea. Il chirurgo può utilizzare uno di questi approcci a seconda della propria scuola o delle convinzioni che ha maturato con l'esperienza. Nella via posteriore il chirurgo è costretto a sezionare i tendini dei muscoli extra rotatori dell'anca, mentre nella via laterale è invece costretto a sezionare i glutei.
Attraverso la via anteriore mininvasiva il chirurgo riesce a divaricare i muscoli senza doverli sezionare o danneggiare. È possibile accedere all'articolazione divaricando i muscoli, rispettandone l'anatomia e la funzione.
Il rispetto dei tessuti determina una diminuzione delle perdite di sangue, con una conseguente riduzione delle eventuali trasfusioni post operatorie, una riduzione del dolore e una ripresa funzionale precoce. 
Dato che i muscoli non vengono sezionati il paziente riesce a riprendere il cammino in tempi brevissimi. I vantaggi di questa metodica, nota anche come A.M.I.S. (Anterior Minimally Invasive Surgery), sono numerosi.

Tecnica A.M.I.S.: i vantaggi

La tecnica prevede un’incisione che va da 7 a 10 cm anteriormente all’anca, nettamente inferiore rispetto alle incisioni standard, solitamente dai 15 ai 25 cm con le tecniche tradizionali. I muscoli vengono divaricati senza essere tagliati o denervati, così da mantenere perfettamente le loro funzioni nell’immediato post operatorio. Con questa tecnica è addirittura possibile effettuare già qualche passo poche ore dopo l'intervento chirurgico.
I suoi vantaggi sono molteplici:

  • Ridotto dolore post operatorio: la principale causa di dolore è il taglio chirurgico soprattutto se coinvolge i muscoli. Se questi vengono risparmiati il dolore è inferiore
  • Ridotta riabilitazione: il paziente è in grado di deambulare il giorno stesso dell’intervento o quello successivo e può rientrare al domicilio senza necessariamente dover effettuare un ricovero riabilitativo
  • Precoce ritorno al lavoro: in media il paziente riesce a guidare il proprio veicolo dopo 8-10 giorni 
  • Ridotte perdite di sangue: la piccola incisione e il rispetto di tessuti permette un minor sanguinamento riducendo al minimo la necessità di trasfusioni
  • Ridotto rischio di lussazione: il mantenimento della funzionalità muscolare permette una maggiore stabilità della protesi. Le lussazioni sono più facili con accessi posteriori a causa del danno sulle strutture posteriori dell’anca

Per questi motivi la tecnica AMIS, realmente mininvasiva, nella chirurgia protesica dell'anca sta pian piano diffondendosi tra i chirurghi di tutto il mondo.

Ortopedia e Traumatologia a Milano