Scompenso cardiaco e la terapia di resincronizzazione

Scompenso cardiaco e la terapia di resincronizzazione

Editato da: Antonietta Rizzotti il 03/05/2020

Che cos’è lo scompenso cardiaco?

Il cuore è un muscolo il cui compito è quello di pompare il sangue in circolo. La compromissione di questa funzione meccanica è conosciuta con il nome di “scompenso cardiaco”. Si tratta di uno stato di salute che coinvolge circa il 2% delle persone adulte nei paesi occidentali. Dopo i 65 anni l’incidenza supera il 10%. Lo scompenso Cardiaco è caratterizzato da fasi di stabilità clinica interrotte da improvvise riacutizzazioni che determinano un elevato tasso di re-ospedalizzazioni (44% ad un anno dalla dimissione). Lo scompenso cardiaco purtroppo è ancora gravato da un’elevata mortalità (dal 20% al 40% dei pazienti ricoverati per uno scompenso cardiaco acuto muoiono entro un anno).

Quali sono le sue cause?

Le malattie che possono colpire il nostro cuore sono molteplici e la conseguenza principale della maggior parte di esse è il danneggiamento delle fibre muscolari del cuore che quindi, in modo proporzionale all’entità e all’estensione di questo danno, perde forza. In un cuore che ha avuto un infarto, ad esempio, una quota di muscolo cardiaco viene sostituita da tessuto fibroso (cicatrice) che non ha capacità contrattile; se questa quota di muscolo è rilevante determina una significativa riduzione della capacità contrattile del cuore e il paziente può andare incontro allo scompenso cardiaco. Lo scompenso può essere anche una conseguenza di una cardiopatia ipertensiva non ben controllata o di patologie infettive che hanno come bersaglio il cuore (miocarditi) o di patologie di accumulo (es. amiloidosi) o infine di cardiopatie primitive, come la cardiomiopatia dilatativa, che spesso hanno una componente ereditaria. In tutte queste forme lo scompenso è comunque caratterizzato dal fatto che il cuore pompa in circolo una quantità di sangue minore rispetto alla norma. Questa condizione favorisce l’insorgere di due problematiche:

  • Gli organi che si trovano a valle del cuore ricevono una quantità di sangue e di ossigeno inferiore a quello che dovrebbero ricevere. I principali sintomi di questa condizione sono l’astenia, incapacità di fare sforzi, e alla lunga il deterioramento della funzionalità renale;
  • Il fatto che il cuore pompi meno, crea un ristagno di sangue negli organi che sono a monte del ventricolo sinistro, i polmoni e nei casi più avanzati di scompenso congestizio anche del fegato. Il ventricolo sinistro, infatti, riceve il sangue dai polmoni e, non riuscendo a svuotarsi adeguatamente, crea una congestione di sangue nei polmoni a sua volta responsabile dell’affanno (dispnea) tipico delle fasi avanzate della malattia.   Se questa congestione avviene acutamente può condurre il paziente all’ edema polmonare, un quadro di instabilità clinica molto grave e pericoloso che richiede un trattamento immediato.

Cos’è la resincronizzazione cardiaca dello scompenso cardiaco?

La terapia cardine dello scompenso cardiaco è la terapia farmacologica. Negli ultimi 30 anni la ricerca scientifica e farmacologica hanno messo a disposizione di noi medici una serie di molecole con meccanismi di azione differenti, che risultano fondamentali per contrastare o almeno rallentare la progressione della malattia. In molti casi però oltre alla terapia farmacologica è necessario ricorrere anche alle terapie non farmacologiche. Queste ultime, nate agli inizi degli anni 90, sono diventate per molti pazienti oggi una componente fondamentale della terapia per lo scompenso cardiaco. La principale di queste terapie è la resincronizzazione cardiaca. Nei pazienti con scompenso cardiaco il cuore è spesso ingrandito e a questa dilatazione, in particolare del ventricolo sinistro, si associa spesso un ritardo della conduzione elettrica (blooco di branca) che fa si le pareti del cuore non si contraggano in maniera sincrona, peggiorando quindi ulteriormente la funzione cardiaca. In questi casi è possibile impiantare dei pacemaker o defibrillatori particolari, che attraverso degli elettrocateteri posizionati nei due ventricoli (destro e sinistro) riescono a ripristinare un’adeguata sincronia della contrazione cardiaca da parte delle due metà del cuore.

Come si esegue?

È possibile anticipare artificialmente la contrazione della metà del cuore più ritardata stimolandola elettricamente qualche millisecondo prima dell’altra metà, con l’obiettivo quindi di aumentare la capacità di contrazione del cuore. La terapia di resincronizzazione cardiaca viene effettuata tramite un intervento chirurgico simile all’impianto di un normale pacemaker o defibrillatore (ma più complesso) che consiste nell’inserimento di un filo elettrico (elettrocatetere) in entrambi i ventricoli e se necessario nell’atrio destro. Rispetto al normale impianto di pacemaker/defibrillatore, la maggior complessità della terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) risiede nella necessità di cannulare il seno coronarico per raggiungere e stimolare il ventricolo sinistro. Gli elettrocateteri vengono poi collegati ad una centrale computerizzata dotata di batteria (generatore) che viene posizionata sottopelle, nella regione tra i muscolo deltoide e il muscolo grande pettorale. In questo modo la centrale computerizzata sarà in grado di registrare i battiti e anticipare l’impulso alla metà del cuore più ritardata rispristinando almeno in parte la fisiologica sincronia contrattile tra i due ventricoli.

Spesso, i dispositivi per terapia di resincronizzazione sono anche defibrillatori automatici poiché i pazienti con scompenso sono più soggetti ad un rischio di morte improvvisa per aritmie ventricolari. Il defibrillatore automatico infatti, è un dispositivo simile ad un pacemaker che, però oltre alla funzione di stimolazione è anche capace di riconoscere le aritmie ventricolari pericolose, interrompendole immediatamente con uno shock dato dalla defibrillazione automatica e salvando quindi la vita al paziente.  

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