Fibrillazione atriale

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La redazione di Top Doctors

Che cos’è la fibrillazione atriale? 

La fibrillazione atriale (FA) è la forma più diffusa di aritmia cardiaca ed è un importante fattore di rischio per ictus, scompenso cardiaco e morte cardiovascolare.

In condizioni normali e fisiologiche il ritmo cardiaco è caratterizzato dal susseguirsi di impulsi regolari che nascono nel nodo del seno, ovvero il pacemaker naturale del cuore localizzato in atrio destro, e poi si diffondono a tutto il cuore (atri e ventricoli): si definisce appunto ritmo sinusale

La fibrillazione atriale, invece, si caratterizza per la presenza di un'attivazione elettrica atriale rapidissima e totalmente disorganizzata, dovuta alla contemporanea presenza di molteplici fronti d’onda che si propagano e collidono in maniera del tutto casuale e imprevedibile. I risultati sono, a livello atriale, la presenza di una contrazione atriale pressoché assente, mentre a livello ventricolare, un battito cardiaco veloce e irregolare.

Sintomi della fibrillazione atriale

I sintomi in corso di fibrillazione atriale possono essere molto eterogenei, a seconda dell’età del paziente e alla presenza o meno di una cardiopatia sottostante. Si può andare dal batticuore, mancanza di fiato, dolore toracico o stanchezza intensa all’assenza completa di sintomi. In questo caso ci si accorge della fibrillazione atriale misurando la pressione o i battiti cardiaci e trovandoli veloci e/o irregolari.

Classificazione della fibrillazione atriale

La fibrillazione atriale può essere classificata in quattro tipi:

  • Parossistica: gli episodi terminano entro 7 giorni (spontaneamente o con cardioversione);
  • Persistente: gli episodi durano oltre 7 giorni ma meno di 12 mesi;
  • Persistente di lunga durata: gli episodi durano oltre 12 mesi;
  • Permanente: l’aritmia diventa il ritmo definitivo del cuore e non può più essere eliminata.

Quali sono le cause della fibrillazione atriale?

Esistono 4 grandi gruppi di cause di fibrillazione atriale:

  • La presenza di una malattia internistica, ad esempio alterazioni della funzione della tiroide, anemie severe, stati infettivi e febbrili, post-operatorio e così via;
  • La presenza di una grave cardiopatia, ad esempio le cardiopatie valvolari, lo scompenso cardiaco o la cardiomiopatia ipertrofica;
  • L’invecchiamento del tessuto atriale: la frequenza della fibrillazione atriale aumenta infatti progressivamente con l’età, passando dallo 0.7% in persone con meno di 50 anni a oltre il 30% in quelle con più di 80 anni;
  • La presenza di un disturbo elettrico primitivo, quando compare in persone giovani senza malattie cardiache o internistiche. In questo caso la fibrillazione atriale origina per un problema elettrico localizzato nelle vene polmonari (ovvero le vene che drenano il sangue dai polmoni all’atrio sinistro).

Diagnosi per la fibrillazione atriale

La diagnosi di fibrillazione atriale presuppone l’esecuzione di un elettrocardiogramma che dimostri la presenza di tale aritmia. Alla diagnosi elettrocardiografica, segue l’esecuzione di altri esami al fine di escludere patologie internistiche associate e verificare le condizioni del cuore sottostante. Tra questi esami i più comuni sono:

  • Ematochimici completi (comprensivi di emocromo, creatinina, elettroliti, indici di funzionalità tiroidea);
  • Ecocardiogramma;
  • Holter ECG.

Che rischi comporta la fibrillazione atriale?

La fibrillazione atriale è una aritmia importante da riconoscere perché si associa a due gravi conseguenze:

  • Rischio tromboembolico: la presenza di una contrazione atriale meccanicamente inefficace/assente fa sì che il sangue tenda a “ristagnare” negli atri, portando alla formazione di coaguli che se si staccano (ovvero embolizzano) possono diventare causa di ictus. Va tuttavia precisato che il rischio tromboembolico non è uguale per tutti i pazienti, ma cambia a seconda della presenza di fattori di rischio, tra cui i principali sono l’età avanzata, un precedente TIA/ictus, il sesso femminile, la presenza di ipertensione arteriosa, di diabete mellito, di scompenso cardiaco e di malattia vascolare. Maggiore è il numero di fattori presenti, maggiore è il rischio di ictus e quindi, maggiore è anche la necessità di avviare una terapia anticoagulante;
  • Scompenso cardiaco: una frequenza cardiaca elevata e irregolare può determinare, specialmente in pazienti che hanno già di base una cardiopatia, una progressiva dilatazione delle camere cardiache con riduzione di efficacia del cuore come pompa e, di conseguenza, l’insorgenza di sintomi di scompenso cardiaco.

Trattamenti per la fibrillazione atriale

Il trattamento della fibrillazione atriale si divide in trattamento del rischio tromboembolico e trattamento dell’aritmia vero e proprio (controllo della frequenza o controllo del ritmo):

  • Trattamento del rischio tromboembolico: la prevenzione del rischio tromboembolico, e quindi principalmente dell’ictus, rappresenta la fase più importante del trattamento della fibrillazione atriale, e si basa sull’avvio della terapia anticoagulante, qualora il rischio tromboembolico sia elevato (CHA2DS2-VASc score ≥ 1);
  • Trattamento dell’aritmia: il trattamento in fase acuta della fibrillazione atriale consiste nell’interruzione dell’aritmia mediante cardioversione (elettrica o farmacologica) e viene comunemente eseguita in Pronto Soccorso. Il trattamento a lungo termine della fibrillazione atriale si basa invece sulla scelta tra controllo della frequenza o controllo del ritmo. Con la prima strategia si accetta che il paziente rimanga in fibrillazione atriale e si rallenta semplicemente il battito cardiaco per ridurre sintomi e rischi di scompenso cardiaco. Invece, con la seconda strategia si cerca di eliminare la fibrillazione atriale, mantenendo il normale ritmo sinusale cardiaco. Questo può essere fatto con i farmaci antiaritmici o, con maggior efficacia, mediante ablazione cardiaca o crioablazione della fibrillazione atriale.

A quale specialista rivolgersi?

Nel caso di primo attacco o di ulteriori recidive aritmiche con sintomi importanti bisogna recarsi in Pronto Soccorso per il trattamento immediato dell’aritmia.

Successivamente è bene affidarsi ad un cardiologo, o meglio ancora, ad un aritmologo al fine di discutere in dettaglio tutte le opportunità terapeutiche disponibili, inclusa l’ablazione cardiaca.

 

Realizzato dalla Prof. Francesco Prati, aggiornato dal Dott. Alessandro Blandino.