Cardiologia clinica: gestione dell’ipertensione arteriosa e dello scompenso cardiaco

Cardiologia clinica: gestione dell’ipertensione arteriosa e dello scompenso cardiaco

Editato da: Veronica Renzi il 27/03/2024

Il Dott. Andrea Mortara, specialista in Cardiologia, ci spiega come vengono gestite alcune patologie cardiologiche

Quali sono le principali linee guida per la gestione dei pazienti con ipertensione arteriosa in una pratica di cardiologia clinica?

Negli ultimi anni sono state pubblicate molte linee guida sulla cura e gestione dell’ipertensione arteriosa, l’ultima in ordina di tempo nel 2023 ad opera della Società Europea di Ipertensione (i). In generale, è stata modificata la definizione di ipertensione arteriosa introducendo anche il livello di normalità superiore (fino a 140/90), lasciando poi la definizione di ipertensione di I, II e III grado.

Quindi di fronte ad un paziente che ha iniziato a misurare valori pressori più elevati e si presenta per una visita cardiologica occorre seguire alcuni semplici ma importanti step:

  1. Accertarsi che i valori pressori siano effettivamente elevati e quindi già meritevoli di un trattamento farmacologico. Oggi si preferisce iniziare con il paziente un percorso di auto misurazione dei valori pressori eseguiti in diversi momenti della giornata e per un paio di settimane. I valori devono essere segnati su una agenda o su un supporto informatico.

Se vi è discordanza nelle misurazioni si può ricorrere alla registrazione 24h della pressione arteriosa con apparecchi automatici che in modo indipendente dall’operatore valutano la pressione arteriosa nel corso di tutta la giornata e permettono di osservare il ritmo notte/giorno;

  1. Il secondo passaggio è assicurarsi che non si tratti di una ipertensione secondaria, cioè dipendente da un’altra patologia come la disfunzione della tiroide, dell’apparato urinario o endocrino, o dipendente da altre condizioni benigne come l’adenoma surrenalico (facilmente identificabile con un eco o con una TC);
  2. È importante eseguire una analisi degli esami ematochimici accurata, sia per aiutare ad escludere una ipertensione secondaria (vedi p.2), sia per verificare se sono presenti altri fattori di rischio cardiovascolare come, ad esempio, il diabete o la dislipidemia. Infatti, è molto importante inserire l’ipertensione nel profilo di rischio del paziente, perché se il profilo di rischio cardiovascolare è elevato sarà necessaria una maggiore aggressività terapeutica;
  3. Quando si è definito il tipo di ipertensione e la sua severità si comincerà ad inserire il programma terapeutico che inizia sempre con il modificare lo stile di vita in termini di abitudini alimentari, esercizio fisico, ritmo sonno/veglia, abuso di sostanze (caffeina, alcool, etc.). Nel momento poi della scelta dei farmaci, in relazione al tipo di ipertensione, il medico privilegerà secondo le più moderne assunzioni dalla letteratura, due farmaci o più farmaci a dosaggio ridotto piuttosto che un unico farmaco a dosaggio elevato.

Particolare importanza va data poi al monitoraggio della efficacia dei farmaci perché siccome spesso l’ipertensione non da sintomi il paziente dimentica di misurare i valori pressori, e di controllare se la terapia sia realmente efficace.

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