Reflusso gastroesofageo nell’adulto: cosa prevede la terapia?

Reflusso gastroesofageo nell’adulto: cosa prevede la terapia?

Editato da: Marta Buonomano il 22/03/2023

In quali casi il reflusso gastroesofageo diventa una malattia? Ce lo dice il nostro esperto in Gastroenterologia a Verona, il Prof. Andrea Ederle

Reflusso gastroesofageo: quando diventa patologico?

ragazzaIl reflusso gastroesofageo (risalita di acido dallo stomaco in esofago) è una condizione generalmente fisiologica che si trasforma in patologica quando, superando i limiti fisiologici, provoca lesioni macroscopiche e/o causa sintomi: si parla di reflusso lieve quando sono presenti meno di 2 episodi a settimana e di reflusso grave quando si supera questo valore.

A quali sintomi dobbiamo prestare attenzione?

I sintomi possono essere tipici (pirosi e rigurgiti acidi) esofagei (pirosi, rigurgiti acidi, disfagia, odinofagia dolore toracico e raramente nausea) ed extra-esofagei (tosse cronica, raucedine, dispnea, asma e laringite cronica).

Come si formula la diagnosi?

La diagnosi della Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo (MRGE) può basarsi anche solo sui sintomi clinici tipici, ma in genere prevede l’esecuzione di un PPI test (che non sempre corrisponde a PH-metria e a PH-impedenzometria). Il PPI test prevede la somministrazione dei cosiddetti Inibitori di Pompa Protonica, due volte al giorno per 4 settimane in caso di sintomi tipici. Per i sintomi atipici è mal utilizzabile in quanto possono volerci 2-3 mesi per avere una risposta. Non solo, il test spesso è in grado di migliorare i sintomi laringei (atipici) ma non i reperti laringoscopici. In caso di sintomi atipici sarà poi necessario escludere altre cause (es. origine cardiaca nel dolore toracico) alla base della malattia, mentre se si riscontra una persistenza dei sintomi, in particolare a seguito del fallimento del PPI test, è consigliabile eseguire ulteriori esami, tra cui l’esofagogastroduodenoscopia e in particolari casi:

  • Manometria esofagea (specialmente in pazienti con dolore toracico e disfagia o prima di un intervento di fundoplicatio);
  • Ph-metria con catere o wireless;
  • Ph-impedenzometria.

Altri test, che al momento non sono stati ancora validati a causa della loro bassa sensibilità e specificità, sono:

  • Pasto baritato: di scarsa utilità in quanto il reflusso di bario può essere provocato nel 25-71% dei pazienti sintomatici e nel 20% dei controlli normali;
  • Endoscopia capsulare;
  • Scintigrafia con Tecnezio-99;
  • PEP test.

In quali casi è indicata l’endoscopia?

uomo che si tocca il pettoL’endoscopia è indicata in caso di:

  • Sintomi di allarme, nuova comparsa di dispepsia in pazienti over 50, segni di sanguinamento gastrointestinale, anemia sideropenica, anoressia, perdita di peso non giustificata, disfagia, odinofagia, vomito persistente, familiarità di I grado per il cancro GI;
  • Fattori di rischio di Barrett: età superiore a 50 anni, durata della MRGE di almeno 5 anni fino a un massimo di 10, sesso maschile, etnia caucasica, obesità, reflusso notturno, tabagismo, familiari affetti da adenocarcinoma e/o Barrett di I grado;
  • Mancata risposta ai PPI o recidiva precoce dei sintomi.

Va però tenuto presente che nel 60% dei casi di MRGE con sintomi tipici o pH impedenzometria positiva i risultati della gastroscopia sono normali.

Non va poi ripetuta una gastroscopia di controllo a breve se non in presenza di esofagite severa con importanti erosioni o ulcere e nell’esofago di Barrett in cui va fatto un follow-up.

In cosa consiste la diagnosi differenziale?

La diagnosi differenziale serve ad escludere altre condizioni che potrebbero aver dato luogo a un quadro clinico analogo alla MRGE, in particolare:

  • Cancro
  • Stenosi
  • Esofagite infettiva, da farmaci, eosinofila o alcalina
  • Disordini della motilità
  • Ipersensibilità al reflusso
  • Pirosi funzionale

Cosa prevede la terapia?

Innanzitutto, sarà necessario prendere provvedimenti di tipo igienico-dietetico, tra cui:

  • ragazza che fumaRiduzione del peso corporeo;
  • Stop al fumo;
  • Basso consumo di sostanze pro-reflusso (es. alcol, caffè, cioccolata, menta cibi acidi piccanti gasati);
  • Pasti piccoli e frequenti con riduzione di cibi grassi;
  • Non andare a dormire subito dopo i pasti e sollevare la testata del letto;
  • Valutare modifiche farmacologiche (teofillina, anticolinergici, ecc.).

La terapia prevede l’assunzione di PPI (farmaci inibitori della pompa protonica) in un dosaggio variabile a seconda dell’entità della malattia. In caso di persistenza dei sintomi o di mancata risposta alla terapia PPI standard si consiglia di eseguire un EGDS (esofagogastroduodenoscopia), modificare il dosaggio o il tipo dei PPI e valutare, a seconda del risultato, un eventuale prolungamento del trattamento.

Quando è necessario l’intervento chirurgico?

L’intervento è indicato in caso di effetti collaterali della terapia con PPI, di ridotta compliance (il paziente non prende regolarmente il farmaco o non vuole prenderlo per lunghi periodi se necessario) o di ernia iatale di ampie dimensioni. L’intervento più comune e l’intervento di fundoplicatio secondo Nissen in laparoscopia.

In alternativa oggi vi sono tecniche endoscopiche (attraverso la bocca senza alcun taglio) con cui si hanno buoni risultati anche se non vi è ancora una lunga esperienza.

Gastroenterologia a Verona