Cistiti e prostatiti: infezioni alle vie urinarie maschili e femminili

Cistiti e prostatiti: infezioni alle vie urinarie maschili e femminili

Editato da: Antonietta Rizzotti il 23/03/2021

L’argomento potrebbe risultare banale ad un primo approccio, in realtà, se non trattate in maniera adeguata le infezioni del basso tratto urinario (UTI Urinary Tract Infections) possono tendere a recidivare e portare a disturbi che possono alterare, anche in maniera significativa la qualità di vita, di maschi e femmine e di tutte le fasce di età! Ne parla la Dott.ssa Gabriella Mirabile, esperta in Urologia a Roma

Come affrontare le infezioni vie urinarie?

Di fronte ad un singolo episodio acuto di infiammazione su base infettiva dell’apparato urinario, qualsiasi medico è in grado di trattarlo e scegliere l’antibiotico più corretto per il singolo caso.

Le donne tendenzialmente si relazionano con il proprio ginecologo, a cui sono abituate a rivolgersi sin dall’età adolescenziale per tutte la sfera genito-urinaria e i maschi, che non hanno questa abitudine, di solito fanno riferimento al proprio medico di famiglia.

Ma se il problema si protrae nel tempo e tende a recidivare, con disturbi che non passano, il quadro diventa una complessa sfida clinica, a quel punto è indispensabile che il problema sia sottoposto ad uno specialista. Nel caso delle donne deve essere un “uro-ginecologo”, cioè specialista urologo o ginecologo esperto in apparato urinario femminile, nel caso dei maschi ad un urologo che richiederà una serie di accertamenti e approfondimenti diagnostici, che vedremo più avanti, per comprendere meglio la situazione, ed escludere patologie che possano predisporre alle recidive.

Che cos’è una recidiva?

Per recidiva si intende un’infezione causata dallo stesso uropatogeno entro 30 giorni dal precedente episodio (20-30% dei casi); mentre le reinfezioni (70-80% dei casi) sono causate da ceppi patogeni diversi dal precedente.

La sfida è spesso connessa con il considerevole impatto sulla qualità di vita, sugli alti costi derivanti dagli accertamenti, visite e prescrizioni, la scarsa efficacia terapeutica, l’eccessivo utilizzo di antibiotici con il rischio di selezionare ceppi batterici resistenti.

Che differenza c’è tra maschio e femmina e perché le cistiti sono più frequenti nelle donne?

Almeno una donna su due, nella vita adulta sperimenta una cistite, e dopo un episodio di cistite, il 16-25% delle donne riporta infezioni ricorrenti entro 6 mesi e il 40-50% delle donne entro 12 mesi.

La differenza sostanziale è l’anatomia stessa dell’apparato urinario e nella lunghezza dell’uretra, il canale che collega la vescica all’esterno. Nella donna questo canale è lungo solo 4 cm mentre nell’uomo oltre 14 cm, il che rende molto più complessa la ‘risalita’ dei germi dell’esterno.

I germi infatti possono raggiungere la vescica o dall’esterno o dall’intestino attraverso il fitto sistema linfatico che collega gli organi, o più raramente per via ematica.

Questo spiega perché, le donne tendenzialmente più stitiche del maschio siano anche le più suscettibili alle cistiti, e perché negli uomini un episodio di prostatite è spesso collegato ad una alterazione occasionale dell’alvo, diarrea o stitichezza.

Altra differenza tra maschio e femmina è il fatto che l’apparato urinario maschile è in stretto collegamento con l’apparato genitale, prostata, vescicole seminali, dotti deferenti e testicoli, questo ci spiega perché nel maschio spesso una cistite può ripercuotersi in un coinvolgimento della prostata (prostatite) o dei testicoli (orchiepididimite).

Cistite, prostatite, uretrite, orchite, orchiepididimite, sono tutte parole il cui suffisso -ITE identifica un infiammazione dell’organo coinvolto e che possono essere di origine batterica, se si identifica il germe in causa o “infiammazioni” abatteriche se il quadro infiammatorio si autoalimenta, come nel caso delle cistiti e prostatiti che possono sfociare in cistite interstiziale e dolore pelvico cronico, una condizione estremamente complessa di cui anche dal punto di vista medico e fisiopatologico sappiamo troppo poco, in cui sono interessati complessi meccanismi di attivazione cellulare a livello dell’organo, sia di produzione di neurotrasmettitori in grado di alterare i segnali neurologici.

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