Ipertrofia prostatica: tutta una questione d'età!

Ipertrofia prostatica: tutta una questione d'età!

Editato da: Cecilia Ghidotti il 09/09/2021

L’ipertrofia prostatica benigna è una patologia che colpisce la maggior parte della popolazione maschile over 50. Si calcola che in Italia ne soffrono il 50% degli uomini tra i 50 ed i 60 anni, il 70% tra i 60 ed i 70, mentre tra gli over 70 la percentuale raggiunge addirittura il 90%. Il Dott. Gian Maria Busetto, esperto in Urologia a Roma, ci spiega come prevenirla e come trattarla.

Cosa è l’ipertrofia prostatica benigna?

In realtà è corretto parlare di iperplasia prostatica piuttosto che di ipertrofia. Nel linguaggio comune questa patologia è però spesso chiamata in quest’ultimo modo e ancora di più comune utilizzo l’acronimo IPB.

Definiamo quindi iperplasia prostatica quell’accrescimento volumetrico della ghiandola prostatica che è causa dei sintomi urinari che vengono comunemente riferiti dagli uomini in età adulta e avanzata.  La crescita del volume prostatico avviene per aumento del numero delle cellule epiteliali e stromali che la compongono e non per un aumento volumetrico di queste ultime, proprio per questo motivo il termine ipertrofia risulta non essere corretto.

Questa patologia della ghiandola prostatica ha un’incidenza piuttosto evidente dal momento che è presente in oltre il 60% degli uomini dai 60 anni di età ed in oltre il 40% è associata a dei sintomi delle basse vie urinarie, e ancora, in metà di questi soggetti si riscontra una bassa qualità di vita.

Da cosa è causata e come si manifesta?

Il normale trofismo ed il funzionamento della prostata sono guidati dagli ormoni maschili (il testosterone) e la causa dell’accrescimento della prostata è multifattoriale.  Va ricercato principalmente in un’alterazione dell’equilibrio tra fattori che stimolano, rispettivamente, la proliferazione o l’apoptosi cellulare che si traduce in progressivo aumento volumetrico della zona di transizione della prostata. La zona di transizione è quella zona al centro della prostata che circonda il canale uretrale attraverso il quale uriniamo e che in corso di IPB subisce un’ostruzione nel passaggio delle urine. I sintomi sono quindi proprio legati a questa ostruzione e sono principalmente:

  • aumento della frequenza delle minzioni diurna e notturna (pollachiuria);
  • diminuzione della potenza del flusso urinario;
  • mancato svuotamento vescicale;
  • stimoli impellenti;
  • esitazione;
  • gocciolamento terminale ed incontinenza.

Nei casi più gravi questo comporta anche una forte diminuzione della qualità della vita. Gli unici fattori di rischio accertati per IPB sono l’età e l’effetto degli androgeni (testosterone). Altri fattori, tuttavia, possono essere considerati: razza, ambiente, dieta e genetica.

Diagnosi e prevenzione dell’ipertrofia prostatica

Per una corretta diagnosi dell’iperplasia prostatica è importante inizialmente una valutazione dettagliata di anamnesi e sintomi seguita da un esame fisico comprendente l’esplorazione rettale digitale. Ci sono poi altri esami che possono completare l’iter diagnostico quali l’esame delle urine, la valutazione del PSA ematico, l’uroflussimetria (valutazione del rapporto volume/tempo del getto urinario) e l’ecografia che può essere eseguita per via sovra-pubica o trans-rettale. Vi sono, infine, alcuni esami che vengono eseguiti meno frequentemente quali l’esame urodinamico e l’uretrocistoscopia.

Attualmente non esiste una vera e propria prevenzione per l’IPB se non quella di condurre uno stile di vita sano che comprenda una buona dieta e un adeguato movimento. Vi sono poi alcuni alimenti e bevande che possono provocare una maggiore irritazione e infiammazione della ghiandola prostatica quali i cibi speziati e piccanti, la birra ed i superalcolici. È molto importante, sempre a scopo preventivo, eseguire una regolare visita dall’urologo che sarà in grado di identificare precocemente la malattia, consigliare l’eventuale terapia ed indicare il corretto stile di vita.

Quali sono i possibili trattamenti per l’ipertrofia prostatica

Ad oggi abbiamo a disposizione moltissimi trattamenti per l’IPB. Solitamente si inizia con la terapia medica; i farmaci alfa-litici hanno lo scopo di ridurre le resistenze periferiche e quindi riducono l’ostruzione del canale uretrale, i meno comuni farmaci inibitori della 5-alfa-reduttasi riducono di un 20/25% il volume prostatico, ed infine i fitoterapici. Quando la terapia medica non raggiunge i risultati richiesti o non è più sufficiente si passa al trattamento chirurgico. La chirurgia, al giorno d’oggi, offre moltissime possibilità che sono più o meno invasive e dai risultati più o meno buoni e duraturi. Tra le tecniche più recenti e più innovative abbiamo il vapore acqueo e il getto d’acqua ad alta pressione. Si passa poi alle altre tecniche più invasive, ma anche più efficaci, quali la resezione trans-uretrale (TURP) e le varie metodiche laser. Infine, nei casi più severi, trova ancora uno spazio la chirurgia a cielo aperto. La scelta del corretto trattamento dipende dalle dimensioni e dall’anatomia della prostata, ma anche da quelle che sono le esigenze del paziente. Una buona chirurgia moderna deve essere quella che noi chiamiamo la “taylor therapy” ovvero quella terapia cucita su misura sul paziente, proprio considerando le caratteristiche della sua patologia, ma mai dimenticando la sua qualità di vita e le sue esigenze.

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