Chirurgia della parete addominale: cosa fare in caso di complicazioni delle ferite?
Perché le ferite possono infettarsi a seguito di un intervento di chirurgia addominale? Ce lo spiega il nostro esperto in Chirurgia Generale a Torino, il Dott. Flavio Trombetta
Chirurgia addominale: quali sono le possibili complicanze?
La chirurgia della parete addominale, specialmente per ernie addominali complesse, può dare adito alla comparsa di complicazioni della ferita quali:
- Sieroma postoperatorio (formazione di liquido sotto la ferita);
- Ematoma sottocutaneo (sanguinamento sottocutaneo);
- Infezione della ferita;
- Deiscenza della ferita (ferita che si apre).
Queste complicazioni possono essere di gravità diversa e di diverso impegno di trattamento.
Se è vero che i sieromi se non sono sintomatici o di grandi dimensioni, non vanno trattati (per gli altri casi si ricorre al drenaggio percutaneo), gli ematomi spesso vanno drenati e la loro presenza può portare ad altre complicazioni come l’infezione della ferita e la deiscenza della stessa. L’infezione può a sua volta portare ad un’apertura della ferita e in alcuni casi predisporre alla recidiva del difetto di parete appena riparato. La deiscenza di ferita implica un trattamento con medicazioni particolari, dette “medicazioni avanzate” che si giovano di diversi ausili come garze all’argento, alginati, colloidi e medicazioni al silicone. In alcuni casi può essere necessario ricorrere alla terapia a pressione negativa (VAC Therapy), che consiste nell’applicare particolari spugne in poliuretano su cui viene applicata una pellicola trasparente isolante e quindi un sistema di aspirazione a 125 mm/Hg, che provoca un riavvicinamento dei margini della ferita e uno sviluppo di tessuto di granulazione che porta alla guarigione la ferita per cosiddetta “seconda intenzione”.
È possibile prevenirle?
La prevenzione di queste complicanze parte dal preoperatorio, dove vengono individuati i fattori di rischio che sono specialmente l’obesità (Indice di Massa Corporea, o BMI, superiore a 30), il diabete, il fumo, depressione del sistema immunitario, ernia già recidiva ed ernia di grosse dimensioni che implichi ampio scollamento sottocutaneo. In questi casi la ferita è a rischio di complicazioni. A parità di tecnica chirurgica, che si suppone sempre corretta e accurata, si adatta la tipologia della medicazione al rischio valutato.
Se non c’è rischio si può utilizzare una normale medicazione in garza, rinnovandola se macchiata o bagnata ogni due tre giorni. Se c’è un rischio minimo si possono utilizzare medicazioni in silicone e argento, che vengono rimosse dopo sette giorni se non bagnate o sporche. Queste aiutano a prevenire l’infezione cutanea e migliorano la cicatrizzazione.
In presenza di rischio maggiore può essere utilizzata una medicazione a pressione negativa, che consiste nell’applicare una spugna in poliuretano su cui viene applicata una pressione negativa di 125 mm/hg ottenuta da un apparecchio a pile monouso e portatile, ricaricabile come un telefonino e con una vita di sette giorni, dopo di che viene buttato via. Il costo non è eccessivo e vien ammortizzato dalla prevenzione di complicazioni di ferita che porterebbero a numerosi accessi all’ambulatorio per il trattamento della complicazione.