L’Odontoiatria per i pazienti a rischio e/o non collaboranti

L’Odontoiatria per i pazienti a rischio e/o non collaboranti

Editato da: il 13/04/2024

Il Dott. Umberto Esposito, direttore dell’U.O.C. di Odontoiatria dell’Ospedale Cardarelli di Napoli, ci spiega quali trattamenti vengono riservati ai pazienti a rischio e/o non collaboranti

Chi sono i pazienti a rischio e/o non collaboranti?

Sono i pazienti cardiopatici, allergopatici, oncologici, ma soprattutto i pazienti cerebrolesi con insufficienza mentale di grado variabile, i disabili con atetosi, discinesie, spasticità, distonie, gli autistici, i fobici e i neurolabili.

Tra questi, i cerebrolesi, oltre a presentare le loro patologie di base, presentano quelle definite patologie associate quali allergopatie, cardiopatie, epilessia, disturbi metabolici, digestivi-epatobiliari e ormonali.

Quale tipo di trattamento va riservato?

Sia la diagnosi che il trattamento nel paziente diversamente abile presentano particolari difficoltà, data l’impossibilità di raccogliere dati anamnestici in modo diretto e in considerazione del fatto che l’esame obiettivo molte volte deve essere eseguito in sedazione.

Nella stragrande maggioranza dei casi, dunque, la presa in carico di questi pazienti richiede un ambiente ospedaliero dotato di una sala operatoria opportunamente attrezzata e di personale specializzato.

Quali sono le problematiche più diffuse in questi pazienti?

Nei soggetti diversamente abili, solitamente, sono bassi gli standard di igiene orale e di controllo della placca a causa delle scarse abilità motorie, della frequente presenza di disarmonia dentale, della mancanza di detersione e del ristagno di placca. Inoltre, negli individui con respirazione orale vi è anche una riduzione della funzione protettiva della saliva su denti e gengive.

Gli indici di carie, di denti estratti e di otturazioni in dentizione permanente sono tre volte più alti in pazienti disabili rispetto ai controlli.

Qual è l’iter da seguire per l’assistenza del paziente non collaborante?

I dati anamnestici, raccolti durante la prima visita, dovranno comprendere, come sempre, le informazioni essenziali per inquadrare lo stato di salute generale del paziente, ma anche una serie di informazioni che permettano di verificare il grado di collaborazione dell’individuo.

Sono difatti stati individuati tre livelli di collaborazione:

• La collaborazione definita “sufficiente” è designata a quei pazienti che presentano disabilità sensoriali, disabilità motorie lievi e insufficienza mentale lieve o media (QI 85-50%) con possibilità di relazione e motivazione. Con questi pazienti le indicazioni terapeutiche sono quelle che prevedono il trattamento ambulatoriale convenzionale, l’erogare la terapia senza limitazioni in base alle necessità e richieste del paziente e non ultima motivare il paziente con sedute preoperatorie di approccio psicologico.

• Nella “parziale”, i pazienti presentano un elevato ed incontrollabile livello d’ansia, una disabilità motoria con ipertono muscolare, alterazioni della postura che interferiscano con la terapia in misura limitata (discinesie, distonie, spasticità lievi), una insufficienza mentale lieve o media (QI 85-50%) con difficoltà di relazione e motivazione. In tal caso le indicazioni terapeutiche sono quelle che prevedono la programmazione per il trattamento ambulatoriale convenzionale, preferendo l’approccio psicologico integrato con l’analgesia relativa (Protossido d’azoto) e/o la sedazione leggera; si adotta un piano di terapia concreto commisurato alle esigenze del caso. Si considera, inoltre, il trattamento ospedaliero in ipnosi indotta o in narcosi, per ridurre lo stress ed accelerare le terapie complesse.

• Nella collaborazione “assente”, i pazienti presentano insufficienza mentale elevata (QI <50%) con impossibilità di relazione; sono inoltre presenti alterazioni posturali o movimenti incontrollabili tali da ostacolare la terapia (atetosi, corea, spasticità, distonie, discinesie di grado elevato). Con questi pazienti le indicazioni terapeutiche sono quelle che prevedono l’utilizzo di un trattamento ospedaliero in narcosi o ipnosi indotta, con la programmazione di un piano di cura ridotto a conservativa ed exodonzia. Si considera anche l’estrazione dei denti a prognosi incerta per la difficoltà di accesso a terapie sistematiche e periodiche (evitando dunque l’accanimento terapeutico).

La sedazione in ipnosi farmaco indotta

Questa è una sorta di sedazione che, attraverso l’induzione farmacologica, giunge ad uno stato di pre-narcosi nel quale il paziente è semi-cosciente, con autonomia respiratoria, spesso collaborante, sedato e non conserva memoria dell’evento traumatico. Una sala operatoria dedicata a questa tipologia di paziente e a questa metodologia è presente all’interno dell’Unita Operativa Complessa.

Il paziente cerebroleso e/o non collaborante viene trattato in Day Surgery. Dopo la prima visita, se il piano di trattamento non è ambulatoriale, si effettua il primo accesso con gli esami specifici ematochimici, ECG, RX torace OPX (radiografia panoramica delle arcate dentarie), un secondo accesso con l’anestesista e il terzo accesso che prevede il trattamento (a quadranti) e le relative dimissioni in giornata.

Una breve testimonianza: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=909614675869440&id=337492266415020

Editor Karin Mosca

Odontoiatria a Napoli