Sindrome di Kienbock: la malattia misteriosa

Sindrome di Kienbock: la malattia misteriosa

Editato da: Alice Cattelan il 25/02/2023

La Sindrome di Kienbock, descritta nel 1910 dal radiologo Robert Kienbock, è una patologia rara di cui non si conosce ancora la causa. Ne parliamo in questo articolo, con l’aiuto Dott. Augusto Marcuzzi, specialista in Ortopedia e Traumatologia e Chirurgia della Mano

Come si manifesta la malattia di Kienbock?

Si tratta di un’assenza di vascolarizzazione (necrosi) a carico del semilunare, l’osso del polso localizzato al centro della prima filiera del carpo. Questa malattia colpisce il giovane adulto, con massima incidenza tra i 20 e 35 anni.
Clinicamente la malattia si manifesta con dolore e gonfiore al polso con riduzione del movimento, causando una invalidità importante per il paziente. La malattia è considerata misteriosa perché non se ne conosce la causa.
È importante non confondere la malattia di Kienbock, come spesso accade, con le cisti ossee che possono colpire anche il semilunare poiché il trattamento è differente.                                                                                                                

Come avviene il decorso della malattia?

La malattia è classificata in 4 stadi evolutivi.
Lo stadio I, spesso asintomatico, è caratterizzato da un edema a carico del semilunare (ancora vitale), evidenziato solamente dalla risonanza magnetica, poiché la radiografia risulta negativa.
Lo stadio II viene diagnosticato da una radiografia, che evidenzia una sclerosi o addensamento del semilunare e la necrosi è confermata da una risonanza magnetica che dimostra la necrosi del semilunare.
Lo stadio III si divide in 3 sottostadi: A, B, C.:

  • Allo stadio IIIA l’osso semilunare è deformato con lieve schiacciamento rispetto allo stadio II;
  • Allo stadio IIIB il semilunare è ulteriormente schiacciato e frammentato (evidenziato mediante una Tac), in questo stadio il carpo perde la sua altezza ed alla radiografia compare “il segno dell’anello dello scafoide” caratterizzato dalla sua maggiore flessione sul profilo laterale conseguente al collasso del semilunare;
  • Allo stadio IIIC il semilunare è completamente schiacciato e alla Tac si presenta notevolmente pluriframmentato.

Lo stadio IV è caratterizzato da una artrosi diffusa tra le ossa carpali.

Non esiste un tempo definito tra il passaggio da uno stadio iniziale allo stadio finale della patologia. Quasi sempre lo stadio iniziale (I stadio) è asintomatico, oppure poco doloroso, e poiché non esiste un trauma nella storia anamnestica del paziente, non viene chiesta né una radiografia né tantomeno una Risonanza magnetica, e così la malattia evolve verso gli stadi successivi, senza essere trattata. Il dolore persistente e la limitazione funzionale del polso conducono il paziente ad effettuare nuove visite e finalmente, il medico di base o lo specialista richiedono una Radiografia e/o una risonanza magnetica che permettono di porre la diagnosi di malattia di Kienbock.

Quali sono i trattamenti per la malattia di Kienbock?

I trattamenti per la malattia di Kienbock sono diversi in base allo stadio della patologia. Allo stadio I, dove il semilunare è ancora vitale, il trattamento non è chirurgico, e prevede una immobilizzazione del polso per uno o più mesi, vengono consigliate inoltre la Magnetoterapia o le onde d’urto o la camera iperbarica.
Differenti trattamenti chirurgici sono proposti ed indicati in base allo stadio della malattia. Negli stadi iniziali vengono utilizzati interventi di rivascolarizzazione del semilunare e interventi di decompressione sul semilunare quali l’accorciamento del radio o dell’osso capitato.
Negli stadi successivi vengono utilizzati interventi di salvataggio quale la resezione della prima filiera, o la sostituzione del semilunare con una protesi per conservare le ossa della prima filiera, oppure le artrodesi (fusioni) parziali tra scafoide e capitato oppure tra scafoide trapezio e trapezoide con eventuale asportazione del semilunare. Nello stadio ultimo vengono eseguite l’artrodesi totale, ovvero fusione completa del polso che comporta il blocco definitivo del movimento, denervazione del polso oppure l’applicazione di una protesi in pirocarbonio RCPI che  permette di conservare il movimento del polso in alternativa alla artrodesi totale.

Ortopedia e Traumatologia a Modena