Gli effetti collaterali della chemio

Gli effetti collaterali della chemio

Editato da: Marta Buonomano il 04/05/2020

Che effetti possono avere i farmaci chemioterapici? La Prof.ssa Marta Carlesimo, esperta in Dermatologia a Roma, ci spiega come prendersi cura del paziente oncologico

Obiettivi terapeutici per il paziente oncologico: da “curare” al “prendersi cura”

Negli ultimi decenni il miglioramento della prognosi in ambito oncologico ed il miglior profilo di sicurezza derivanti dall’utilizzo delle “targeted therapies” nella pratica clinica, hanno drasticamente modificato l’approccio del medico al paziente oncologico. Questo nuovo indirizzo terapeutico ha portato all’evoluzione del concetto di “curare” il paziente al “prendersi cura” dello stesso, con un approccio olistico alla malattia e agli effetti della terapia, sul corpo e sulla psiche del soggetto coinvolto. Il medico ha infatti iniziato a considerare altri obiettivi terapeutici, oltre la riduzione del carico di malattia, come il mantenimento di una buona qualità di vita (QoL), che oggi è considerata un fattore determinante nel miglioramento della prognosi stessa.

Cosa succede alla pelle?

Numerosi studi hanno dimostrato che i cambiamenti dell’immagine corporea che accompagnano la malattia e la sua terapia, determinano un forte distress sul paziente, giustificando l’insorgenza di sentimenti di inadeguatezza al mondo esterno e dismorfofobia. Da qui si può comprendere come la cura della pelle, che rappresenta l’organo di confine tra il mondo esterno e quello interno, diventi un obiettivo terapeutico fondamentale e determinante nella gestione del paziente oncologico. La cute è infatti un organo target che viene “danneggiato”, sia dalle terapie classiche (chemio e radioterapia), sia da quelle emergenti “targeted therapies”. Questi effetti collaterali a volte sono di tale gravità clinica da incidere sulla qualità di vita dei pazienti oncologici, portando spesso a modificare il protocollo terapeutico con riduzione fino alla completa sospensione del farmaco. Risulta quindi evidente come la cura di tale organo diventi un obiettivo terapeutico nella gestione del paziente oncologico e pertanto il ruolo del dermatologo è fondamentale nel trattare e, ove possibile, prevenire i danni che tali strutture possono subire in corso di terapia oncologica.

Cosa si intende per Oncosupportive-Dermatology

In  questo contesto si inserisce una nuova branca della Dermatologia, chiamata “Oncosupportive-Dermatology” che si prende cura della salute dermatologica del malato oncologico, nella sua globalità, sia sul piano più strettamente medico, con lo studio e la cura delle ripercussioni cutanee di radioterapia, chemioterapia, “target-therapy”, immunoterapia, terapia ormonale e chirurgia, sia con l’attenzione all’aspetto cosmetologico, affinché il paziente si riappropri del proprio corpo, la cui integrità è stata intaccata dal tumore. Risulta evidente che la gestione dermatologica del paziente oncologico non può prescindere da competenze altamente specialistiche dermato-oncologiche, né dalla conoscenza dei meccanismi di azione dei farmaci oncologici, così da poter approcciare nel modo più appropriato gli effetti collaterali in corso di trattamento con tali farmaci.

Quali danni possono provocare i farmaci oncologici?

La tossicità da farmaci chemioterapici a livello cutaneo è spesso un processo complesso e multifattoriale derivando non solo dal farmaco stesso, ma da altri fattori: fra questi bisogna tener presente la contemporanea assunzione cronica di più farmaci, soprattutto in persone anziane per la presenza di malattie croniche, a ciò si aggiunge che spesso un stesso farmaco può essere responsabile di differenti manifestazioni cliniche. Alcune di queste manifestazioni sono frequenti e comuni alle diverse classi di farmaci, altre risultano più rare e farmaco-specifiche in quanto derivano dal meccanismo d’azione diretta del farmaco. Fra i primi sono di comune riscontro la xerosi cutanea associata spesso a prurito, le alterazioni della pigmentazione, le alterazioni ungueali, le mucositi, le fotoreazioni, le radiodermiti e l’alopecia. Più complessi risultano gli effetti legati all’azione dei singoli farmaci, spesso difficili da diagnosticare precocemente, perché poco conosciuti, con conseguente aggravamento clinico del paziente e peggioramento della qualità di vita. Tra gli effetti collaterali da farmaci antineoplastici che colpiscono cute e annessi il danno tossico sul follicolo pilifero, che induce la comparsa di alopecia, rappresenta sicuramente uno dei più temuti, infatti studi scientifici hanno dimostrato che l’8% dei pazienti rifiuta la chemioterapia per paura di perdere i capelli. La tipologia di alopecia che si instaura e la conseguente ricrescita dipende dal tipo di farmaco utilizzato, dai dosaggi, dalla modalità di somministrazione ed infine dalla suscettibilità individuale. Inoltre è opportuno sottolineare come il follicolo pilifero che, può essere considerato un vero e proprio miniorgano con una sua integrità anatomica e funzionale, risenta dello stato di salute generale dell’organismo, pertanto la gravità e la tipologia di alopecia che si instaura e soprattutto la qualità della ricrescita dei capelli, non dipende esclusivamente dalla tossicità diretta del farmaco ma dalla capacità di limitare le alterazioni generali che interferiscono con il metabolismo di tale struttura. Risulta quindi opportuno sfatare il mito che i capelli dopo un trattamento antitumorale ricrescono sicuramente più forti e numerosi di prima, purtroppo spesso la ricrescita è solo parziale o comunque caratterizzata da una perdita delle unità follicolari e da capelli sottili, radi e depigmentati, anche in corso di target therapy.

 


Editor: Marta Buonomano

Dermatologia a Roma