La fibrillazione atriale è una tra le tante tipologie di aritmia cardiaca. Normalmente viene collegata a soggetti anziani, ma recenti studi calcolano che una grande percentuale di atleti agonistici rischino di contrarre questo disturbo. Nel seguente articolo vediamo la connessione tra fibrillazione atriale e lo sportivo
Che cos’è la fibrillazione atriale?
È un disturbo del ritmo cardiaco che origina negli atri, da un’attività elettrica non coordinata, e che determina un ritmo "irregolarmente irregolare" al polso (anche se la diagnosi si deve confermare con l'elettrocardiogramma). È di fatto l'aritmia di lunga durata più frequente, particolarmente nell’anziano.
Quali sono i suoi sintomi?
Questa aritmia può dare due ordini di problemi principali. In primo luogo può dare sintomi acuti anche molto invalidanti quali:
- Palpitazioni;
- Affanno;
- Senso di costrizione al petto;
- Limitazioni negli sforzi;
- Aumento della diuresi;
- Scompenso cardiaco.
Tuttavia, non è raro che questa aritmia risulti asintomatica e possa essere un riscontro occasionale.
Il secondo problema che crea è legato alle possibili complicanze emboliche ovvero ad un incremento del rischio di ictus cerebrale, danni cerebrovascolari (con sviluppo di demenza) o vascolari in genere. Questo è un problema che riguarda i pazienti anziani o con altri fattori di rischio cardiovascolare.
Perché si può manifestare in uno sportivo?
Sembra strano che uno sportivo, ovvero un individuo sano e allenato, possa soffrire di questa aritmia che è tipica degli anziani e dei cardiopatici. Tuttavia è dimostrato che c’è una maggiore incidenza negli sportivi, soprattutto quelli coinvolti negli sport d’endurance a livello medio-alto. In particolare quando il carico d’allenamento è importante si possono infatti determinare modificazioni strutturali cardiache (arrivando fino al cosiddetto “cuore d’atleta”) che favoriscono l’insorgenza di questa aritmia.
Quali consigli può dare agli sportivi?
La prima considerazione è quella che la presenza di aritmie negli sportivi non deve mai essere sottovalutata ma essere sempre adeguatamente indagata. La seconda considerazione andrebbe fatta sul carico di lavoro appropriato. Questo è un tema complesso e ancora piuttosto dibattuto. Sicuramente i benefici migliori sulla salute in generale e su quella cardiovascolare in particolare si hanno già per livelli d’attività lievi o moderati; incrementando il carico di lavoro a livelli molto alti i modelli invece non sono univoci. Probabilmente il beneficio netto è ancora favorevole ma ci sono evidenze, almeno in alcuni soggetti, di effetti dannosi a livello aritmico, soprattutto riguardo alla maggiore incidenza di fibrillazione atriale ma non solo. Probabilmente quindi in questi soggetti, oltre a porre la diagnosi del problema, il carico di lavoro andrebbe rimodulato e ridotto soprattutto se l’obiettivo è quello di fare sport per il mantenimento della salute più che per il risultato agonistico.
Il trattamento della fibrillazione atriale nello sportivo poi non differisce concettualmente da quello della popolazione generale se non per il fatto che trattandosi di soggetti generalmente sani e relativamente giovani ed essendo il trattamento farmacologico spesso non desiderato, mal tollerato o problematico per l'idoneità agonistica, spesso l’ablazione transcatetere dell’aritmia costituisce la prima scelta.