Cefalea: cosa c’è da sapere?
La cefalea è un dolore particolarmente intenso riferito alla testa. I sintomi più comuni sono: la percezione di una sensazione pulsante, intensa del capo, spesso accompagnata da nausea e vomito. Il Prof. Girolamo Di Trapani, esperto in Neurologia a Roma, spiega perché l’assunzione di antidolorifici possono alimentare il disturbo
Quanti tipi di celafea si distinguono?
Le cefalee si suddividono in primarie e in secondarie. Le primarie presentano delle una predisposizione genetica, prevalentemente nelle donne, le secondarie sono dovute a numerose patologie sistemiche. Esistono svariati tipi di cefalea primaria, ma le più comuni sono:
- L’emicrania
- La cefalea a grappolo
- La cefalea tipo-tensiva
In Italia si stimano 7 milioni di pazienti. La cefalea è la terza causa di disabilità di tutte le malattie del mondo. La prognosi varia da caso a caso, ma in generale se curata sin dall’inizio può essere favorevole. La causa dell’insorgenza del dolore è una dilatazione dei vasi della dura madre che liberano delle sostanze irritanti per il sistema trigeminale.
L’uso dei farmaci analgesici determina un intervento a posteriori sul dolore emicranico acuto.
La cefalea da abuso farmacologico è causata dall’uso eccessivo di analgesici. Di fatto un farmaco viene usato con modalità discostante dalle norme mediche per autosomministrazione. Tale patologia dipende dal tipo di farmaco, dalla dose e dalla durata dell’assunzione.
L’assunzione di antidolorifici può alimentare il disturbo?
È stato dimostrato che l’uso di antidolorifici per più di 2 volte alla settimana aumenta la possibilità del riacutizzarsi della cefalea. Il meccanismo attraverso il quale l’uso cronico degli analgesici in dosi elevate trasformi una cefalea primaria in una cefalea da abuso non è del tutto noto. Si ipotizza un meccanismo biochimico e neurofisiologico denominato “facilitazione al dolore”. In teoria l’azione degli analgesici modificherebbero la soglia del dolore, abbassandola. Si determinerebbe una innalzata attività della cefalea nei siti di modulazione del dolore e sembrerebbe aumentata a livello del nucleo del trigemino. I farmaci incriminati sono: l’acido acetil-salicilico, l’ibuprofene, il paracetamolo venduti senza ricetta medica. In altri casi con ricetta medica come i triptani. La caratteristica principale della cefalea da abuso è quella di divenire nel tempo quotidiana, di tipo diffuso e gravativa. La cefalea da abuso di triptani si sviluppa più rapidamente rispetto agli analgesici tradizionali. Il trattamento di una cefalea da abuso farmacologico consiste nella sospensione dei farmaci abusati. Nel periodo di sospensione i pazienti vengono assistiti con terapia ad hoc. Ogni caso deve essere trattato in modo personalizzato, ma oltre a una terapia speciale è l’esperienza a suggerire il trattamento.
L’interruzione dei farmaci abusati può portare una serie di sintomi correlati quali:
- Agitazione
- Nausea
- Vomito
- Cefalea
- Diarrea
- Tremori
È più facile che l’abuso crei una dipendenza psicologica dai farmaci piuttosto che una dipendenza fisica. La cefalea da abuso farmacologico si risolve o ritorna al suo pattern precedente entro due mesi. Esistono dati che riguardano le dosi minime di farmaci che possono indurre un abuso:
- Analgesici per almeno 15 gg. al mese per 3 mesi;
- Farmaci di combinazione per almeno 10 gg. al mese per 3 mesi;
- Triptani per almeno 10 gg. al mese per 3 mesi;
- Farmaci oppiodi per almeno 10 gg. per 3 mesi.
Quali nuovi trattamenti non farmacologici vengono considerati validi?
Tra i trattamenti non farmacologici in tempi recenti va citato il Tai Chi per la cura di molti malesseri che vanno dalle emicranie all'artrite. Nei praticanti di Tai Chi si è scoperto molto efficace per la riduzione dell'intensità delle cefalee la pratica dei cosiddetti "Otto pezzi di broccato" conosciuti in cinese come "Ba Tua Chin", una serie di otto esercizi di postura e controllo della respirazione nei quali la cervicale ne trae grossi benefici a livello posturale e di rilassamento muscolare. Il National Centre for Complementary and Integrative Health (NCCIH) negli Stati Uniti ha riconosciuto che il Tai Chi come terapia alternativa con un effetto considerevole sul dolore cronico.