Chirurgia della carotide: una soluzione per le placche carotidee

Chirurgia della carotide: una soluzione per le placche carotidee

Editato da: Giulia Surace il 11/11/2020

Una delle patologie più frequenti a carico della carotide è l’aterosclerosi, parliamo del suo trattamento con il Prof. Gianluca Faggioli esperto in Chirurgia Vascolare a Bologna

Quali sono le patologie più frequenti a carico della carotide?

La patologia che più di ogni altra colpisce la carotide è l’aterosclerosi, che porta alla formazione di placche che possono andare incontro a una progressiva crescita. Quando la placca raggiunge delle dimensioni tali da alterare il flusso sanguigno in modo significativo o assume aspetti di particolare disomogeneità, può costituire un rischio di ischemia cerebrale. La maggior parte delle volte queste placche non danno alcun sintomo, ed è questo che le rende particolarmente insidiose. In certi casi la placca carotidea può determinare dei fenomeni di “embolizzazione” cerebrale: piccoli frammenti della placca stessa possono staccarsi e determinare l’occlusione dei rami minori a livello cerebrale, determinando l’ictus, che può avere vari gradi di gravità.

Quali sono le cause dell’aterosclerosiCollo di ragazza?

La formazione di placche carotidee è causata da una serie di fattori, che possono agire da soli o tutti insieme nel favorire il loro sviluppo. L’ereditarietà è un fattore importante e non modificabile, mentre altri, altrettanto importanti, sono controllabili, o attraverso modifiche dello stile di vita, o con opportune terapie farmacologiche; questi ultimi sono il fumo, l’ipertensione, l’ipercolesterolemia, il diabete.

Come curare le placche carotidee?

Le placche carotidee determinano un aumento del rischio di ictus solo quando raggiungono determinate dimensioni o hanno una struttura particolarmente disomogenea. Non è possibile schematizzare in modo assoluto la percentuale di stenosi o il tipo di placca che rende necessario intervenire, anche se questo è quanto viene cercato di fare nelle linee guida internazionali. In generale le placche a basso rischio beneficiano di una terapia medica adeguata che, seppure non in grado di farle regredire, ne impedisce o rallenta la crescita. Nelle placche più a rischio, quelle cioè che tendono a crescere nonostante la terapia e quelle che danno sintomi, il trattamento è necessariamente chirurgico.

Chirurgia della Carotide: in cosa consiste?

Il trattamento chirurgico di queste placche a rischio si avvale di due tipi di tecniche. La prima è un intervento chirurgico vero e proprio (endarterectomia carotidea), che consiste nel rimuovere fisicamente la placca, enucleandola dal vaso stesso. Questa enucleazione può essere fatta in vari modi (endoarterectomia diretta, con patch, per eversione, per semieversione), ma in ogni caso permette il ripristino di una normale morfologia e flusso nella carotide. La seconda consiste nell’inserire, all’interno della carotide e in corrispondenza della placca, uno stent, che altro non è se non una specie di reticella metallica che viene rilasciata sotto controllo radiologico, dopo averla introdotta nella carotide partendo generalmente dall’arteria femorale. Questo stent permette di allargare il punto di restringimento causato della placca e di stabilizzarla. La valutazione di quale delle due tecniche preferire deve essere effettuata dal chirurgo vascolare, che terrà conto di tutte le variabili che possono condizionare l’effettuazione dell’una o dell’altra. In genere, la tecnica che permette i migliori risultati immediati e nel tempo è quella chirurgica, ma vi sono situazioni particolari in cui lo stent è preferibile. Entrambe le tecniche possono essere eseguite in anestesia locale, anche se per l’intervento chirurgico molti specialisti e anche molti pazienti propendono per l’anestesia generale.

Chirurgia vascolare a Bologna