Decompressione orbitaria nell’Oftalmopatia di Graves
Autore:Il Prof. Stefano Sellari Franceschini, esperto in Otorinolaringoiatria a Pisa ci parla di decompressione orbitaria nell’Oftalmopatia di Graves conosciuta anche con il nome di Oftalmopatia Tiroidea
Che cos’è l’Oftalmopatia di Graves?
Si tratta di una malattia infiammatoria che causa un aumento di volume del grasso retro-bulbare e dei muscoli che muovono gli occhi determinando aumento della pressione retrobulbare e spinta in avanti dei bulbi oculari (esoftalmo). L’Esoftalmo può essere di pochi millimetri fino a un centimetro o più. In alcuni casi più gravi l’aumento di volume dei muscoli è tale da comprimere il nervo ottico e causare un calo della vista.
Il coinvolgimento dei muscoli è spesso asimmetrico con presenza dei fenomeni cicatriziali che causano asimmetria nei movimenti oculari e quindi visione doppia (dislopia) in alcune o tutte le direzioni dello sguardo. In tutti i casi, indipendentemente dalla severità, l’esoftalmo si configura come un evento sfigurante che deturba lo sguardo determinando risvolti psicologici invalidanti, con peggioramento della qualità di vita.
Qual è la terapia dell’oftalmopatia tiroidea?
La terapia è inizialmente medica, di competenza dell’Endocrinologo con la collaborazione dell’Oculista. È prevista anche una terapia chirurgica, cioè la decompressione orbitaria (per ridurre l’esoftalmo), la chirurgia dei muscoli che muovono gli occhi (per la terapia della dislopia) ed infine la chirurgia palpebrale.
Quando è indicata la decompressione orbitaria?
Le tecniche chirurgiche consistono nell’ampliamento della cavità orbitaria rimuovendo parte delle pareti ossee dell’orbita, nella rimozione di tessuto grasso retro-bulbare o dalla combinazione di queste due procedure.
Il progressivo sviluppo di tecniche mininvasive permette di adattare l’intervento alla gravità dell’esoftalmo. Si opera con incisioni palpebrali, le stesse utilizzate nelle blefaroplastiche, incisioni trans-congiuntivali (quindi senza cicatrici esterne) e approcci endoscopici trans-nasali.
Preparazione all’intervento
Si arriva all’intervento su indicazione dell’Endocrinologo e/o dell’Oculista. È sempre necessario eseguire una TAC o una risonanza magnetica delle orbite. Considerata la variabilità delle manifestazioni della malattia è importante comprendere i pro e i contro dei vari approcci chirurgici per concordare quale attuare.
Durata dell’intervento
L’intervento su un’orbita può durare da una a tre ore in base alla gravità della situazione di partenza. Dopo l’intervento l’occhio rimane bendato per 24 ore. In caso di chirurgia trans-nasale, la fossa nasale sarà tamponata per 48 ore. Normalmente la degenza non supera i tre giorni.
Le tecniche mininvasive e l’utilizzo di antidolorifici rendono il post-operatorio ben tollerato.
Recupero delle attività nel post-intervento
I disturbi post-operatori si riducono nell’arco di 15-60 gg in base all’entità del trattamento chirurgico. Alla dimissione vengono dati suggerimenti su come gestire i vari problemi. L’eventuale comparsa di una diplopia nello sguardo primario (cioè “guardando avanti”) può risolversi nell’arco di 2-3 mesi. Se questo non succede dovrà intervenire l’Oculista con l’indicazione a lenti prismatiche o alla chirurgia dei muscoli che muovono gli occhi.
La chirurgia palpebrale può costituire l’ultimo atto chirurgico.