Dislipidemia: perché non va mai sottovalutata

Pubblicato il: 22/05/2025 Editato da: Vittoria Marcucci il 22/05/2025

La dislipidemia è una condizione clinica caratterizzata da un’alterazione dei livelli di lipidi nel sangue, in particolare colesterolo e trigliceridi. È uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare e, se non trattata, può favorire la comparsa di aterosclerosi, infarto e ictus


In Italia, i casi di dislipidemia sono in aumento, complici alimentazione squilibrata, sedentarietà e obesità. Tuttavia, al di là dei fattori ambientali, oggi è possibile intervenire in modo mirato e farmacologicamente efficace per ridurre il rischio cardiovascolare globale 

Un nemico silenzioso per arterie e cuore 

Nella maggior parte dei casi, la dislipidemia non dà sintomi. Questo la rende particolarmente pericolosa: spesso ci si accorge della sua presenza solo dopo un evento acuto. Le alterazioni più comuni includono: 

  • LDL elevato (colesterolo “cattivo”) 
  • HDL basso (colesterolo “buono”) 
  • Trigliceridi aumentati 

Questi valori, se non corretti, favoriscono la formazione di placche aterosclerotiche, con conseguente ostruzione delle arterie. 

Terapia farmacologica: il cuore della gestione 

La terapia farmacologica rappresenta il pilastro centrale nel trattamento della dislipidemia, in particolare nei soggetti con rischio cardiovascolare elevato o che non rispondono adeguatamente alle modifiche dello stile di vita.

Opzioni terapeutiche principali: 

  • Statine: sono i farmaci di prima scelta per la riduzione del colesterolo LDL. 
  • Ezetimibe: può essere associato alle statine per potenziarne l’efficacia. 
  • Fibrati: utilizzati soprattutto nei casi con trigliceridi molto elevati. 
  • Inibitori PCSK9: terapie biologiche iniettabili, efficaci nei casi di ipercolesterolemia familiare o refrattaria. 
  • Acido bempedoico: innovativo ipolipemizzante orale, indicato in particolare nei pazienti intolleranti alle statine o non adeguatamente controllati con le terapie tradizionali. Agisce sullo stesso percorso metabolico delle statine ma senza coinvolgere il muscolo scheletrico, riducendo così il rischio di effetti collaterali muscolari. L’acido bempedoico ha dimostrato, negli studi clinici, una riduzione significativa del colesterolo LDL e un impatto positivo sul rischio cardiovascolare residuo, rappresentando una soluzione efficace e ben tollerata

La diagnosi inizia con un semplice esame del sangue 

Per identificare la dislipidemia è sufficiente un prelievo ematico a digiuno che consente di analizzare: 

  • Colesterolo totale, LDL, HDL 
  • Trigliceridi 
  • Eventuali marker aggiuntivi (ApoB, Lp(a), ecc.) 

I risultati vanno sempre interpretati dal medico, che valuterà il rischio globale e indicherà il trattamento più appropriato. 

Stile di vita: supporto alla terapia, non alternativa 

Benché la modifica dello stile di vita resti un supporto fondamentale, non può sostituire la terapia nei soggetti a rischio. È importante comunque: 

  • Seguire una dieta mediterranea equilibrata 
  • Praticare attività fisica regolare 
  • Smettere di fumare 
  • Limitare il consumo di alcol 

Conclusione 

La dislipidemia non è soltanto un numero su un referto: è un campanello d’allarme cardiovascolare. Oggi, grazie a terapie sempre più mirate – come l’acido bempedoico – è possibile intervenire in modo preciso ed efficace anche nei pazienti più complessi, riducendo in modo significativo il rischio di eventi acuti. 

Il monitoraggio periodico e il trattamento farmacologico personalizzato, sotto la guida di uno specialista, sono la chiave per proteggere cuore e vasi nel lungo termine.


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