Emorroidi: quando le medicine non bastano

Emorroidi: quando le medicine non bastano

Editato da: Sharon Campolongo il 04/08/2022

Il trattamento della malattia emorroidaria, a volte, può prevedere la chirurgia. Ne parla l’esperto in Colonproctologia a Torino, il Dott. Stefano Enrico

Emorroidi: quando è necessario il trattamento chirurgico?

Si può ricorrere al trattamento chirurgico in due casi:

  • In urgenza: in presenza di trombosi emorroidaria, può essere sufficiente la semplice incisione in anestesia locale, con svuotamento dei coaguli, per risolvere la sintomatologia dolorosa. È un piccolo intervento che viene fatto, previo ovviamente il consenso del paziente, in ambulatorio, al termine della visita. Lo scopo è semplicemente quello di ridurre la tensione del nodo emorroidario e permettere l’evacuazione del coagulo. A questo si associa sempre un adeguato trattamento medico di supporto, con farmaci specifici per le emorroidi e antidolorifici oppure antiinfiammatori. Si ottiene di solito una più rapida risoluzione del quadro doloroso, con diminuzione di volume del nodo trattato. A volte, la risoluzione è pressoché completa, ma spesso il problema tende a recidivare a distanza di tempo.
  • In elezione: per emorroidi molto grandi e prolassanti, è indicato un trattamento più radicale, volto ad eliminare fisicamente il tessuto prolassante (Emorroidectomia) o a riposizionarlo in sede appropriata (Emorroidopessi).

L’Emorroidectomia

L’intervento delle emorroidi, chiamato anche come Emorroidectomia, consiste nell’asportazione radicale e definitiva dei plessi venosi emorroidari prolassanti, lasciando tra le zone trattate del tessuto adeguato a permettere la cicatrizzazione delle ferite, mantenendo l’elasticità del canale anale.

L’intervento viene abitualmente condotto in regime di Day Surgery, ovvero con un pernottamento, per poter seguire nelle prime ore il decorso chirurgico.

L’anestesia può essere di tipo  locale, associata a sedazione profonda, oppure spinale. Nel primo caso l’anestesista provvede a somministrare farmaci antidolorifici e sedativi, al fine di ridurre lo stato di coscienza nel momento in cui viene eseguita l’iniezione locale di anestetici: alla ripresa della coscienza, il più delle volte, l’intervento è già finito e l’effetto anestetico locale dura ancora diverse ore. Nel secondo caso l’iniezione viene fatta a livello del sacco meningeo del midollo spinale, “addormentando” le radici nervose della zona perineale (come una specie di “sella”): l’effetto anestetico si protrae per diverse ore, permettendo di condurre l’intervento a paziente sveglio e cosciente, senza alcun dolore.

Le ferite che risultano dall’asportazione dei nodi emorroidari si lasciano generalmente aperte e guariscono gradualmente in 6-8 settimane. Nei primi giorni è indispensabile ricorrere ad una adeguata terapia antidolorifica, associando una igiene locale accurata e tenendo le feci morbide.

Per mantenere le feci morbide, si dovrà ricorrere ad una dieta ricca di fibre e acqua (almeno 2 litri al giorno), associando l’assunzione di integratori di fibre e sostanze emollienti quali l’olio di vaselina per favorire l’evacuazione. Un errore piuttosto comune è quello di ridurre l’alimentazione: le feci risulteranno in questo modo più dure e difficili da espellere.

Vista la presenza di ferite aperte, è del tutto normale la presenza di perdite di siero tinto di sangue nei primi giorni, e poi ancora di siero fino alla completa guarigione. È opportuno tenere la parte asciutta applicando piccole garze, che vanno cambiate più volte nella giornata. In caso di dolore particolarmente fastidioso, si può applicare localmente una crema anestetica.

Solitamente, la ripresa delle attività normali e il ritorno al lavoro avviene in 2-3 settimane. Il periodo di “manutenzione” locale può, invece, protrarsi per un paio di mesi.

L’Emorroidopessi

L’intervento di Emorroidopessi secondo Longo (PPH) ha lo scopo di riportare l’anello emorroidario prolassante nella posizione anatomica originale all’interno del canale anale. Si utilizza una cucitrice particolare, che seziona un “anello” di mucosa e lo sutura circolarmente, riportando in sede il tessuto emorroidario e devascolarizzandolo. Si assiste subito alla riduzione del prolasso, con ulteriore diminuzione di volume nelle settimane successive del tessuto devascolarizzato.

Le modalità di ricovero e degenza sono come nell’intervento tradizionale, e l’intervento viene quasi sempre condotto in anestesia spinale.

L’assenza di ferite aperte all’esterno rende di solito il decorso più rapido e meno doloroso, anche se nei primi giorni una terapia medica di supporto è indicata. È importante anche in questo caso tenere le feci particolarmente morbide, e bisogna mettere in conto nei primi giorni una sgradevole sensazione di difficoltà all’espulsione delle feci, che gradualmente svanisce.

Gli interventi di dearterializzazione emorroidaria (THD – HELP – Laser)

Lo scopo di questi trattamenti è di individuare, con l’aiuto di una speciale sonda doppler dedicata, i vasi arteriosi che portano sangue ai plessi emorroidari. Segue, quindi, la legatura (THD) o coagulazione laser (HELP) di questi punti di afflusso arterioso, associato spesso a “pessia” (ovvero legatura e sospensione) del tessuto emorroidario prolassante.

L’intervento richiede preferibilmente l’anestesia spinale o una sedazione profonda, ed il ricovero solitamente è in Day Surgery, senza necessità di pernottamento.

L’assenza di ferite aperte permette una ripresa più rapida e solitamente meno dolore nel post-operatorio, ma l’indicazione chirurgica deve essere molto precisa per permettere di godere di questi vantaggi: non è un metodica adatta a tutti i casi, e solo la corretta selezione dei pazienti porta ai risultati ottimali.

Emorroidi: è sempre necessario operare?

In una grande quantità di casi, in cui è necessario risolvere il sintomo del prolasso o del sanguinamento emorroidario, un buon sistema che permette l’eliminazione del tessuto in eccesso consiste nel trattamento tramite le legature elastiche: durante una normale visita, con l’aiuto di un anoscopio particolare, il nodo emorroidario da trattare viene legato alla base da uno speciale elastico che ne provoca lo strozzamento e, nel volgere di pochi giorni, il distacco. La guarigione della mucosa avviene poi con la formazione di una piccola cicatrice.

L’indicazione migliore consiste nel prolasso di II-III grado. Il trattamento è ambulatoriale e non richiede nessuna degenza. Essendo condotto in una zona poco innervata, non c’è bisogno di effettuare alcuna anestesia.

Poiché le scopo è quello di causare il minor disagio possibile, si esegue la legatura di un nodo emorroidario ad ogni seduta. Per un trattamento efficace, sono necessarie più sedute (in genere 3-4), intervallate ogni 2-3 settimane: è il tempo necessario perché il primo nodo venga eliminato ed inizi la guarigione della zona trattata. Può avvenire un modesto sanguinamento al distacco del nodo trattato, che non deve allarmare.

Gli antidolorifici possono servire nei primi 2-3 giorni, ma di solito è sufficiente assumere un normale farmaco da banco. È, invece, importante tenere le feci morbide ed evitare la spinta prolungata, utilizzando integratori di fibre.

Colonproctologia a Torino