Endoscopia digestiva: quando è indicata e quando invece è preferibile evitarla?
Autore:Il nostro esperto in Chirurgia Generale a Caserta, il Dott. Luciano Onofrio, ci spiega in quali casi deve essere eseguita un’endoscopia digestiva
Endoscopia digestiva: di cosa si tratta?
L’idea di osservare l’apparato digerente umano direttamente dal suo interno, nacque alle fine degli anni 60 del 1800 in Scozia durante gli spettacoli dei mangiatori di spade. Solo nel 1932 però fu messo appunto uno strumento semi flessibile in grado di esplorare lo stomaco. Schindler fu l’ideatore di quello strumento e probabilmente il padre della moderna endoscopia. Questa tecnica consiste quindi nell’osservare dall’interno il nostro apparato digerente attraverso una strumentazione flessibile e manovrabile detta endoscopio.
È una procedura molto eseguita?
Le procedure endoscopiche nel loro insieme sono frequentemente utilizzate, si pensi che ogni anno in Italia vengono effettuate oltre 1,7 milioni di EGDS e di Colonscopie, circa 29 esami ogni mille abitanti.
A cosa serve?
Diciamo che le procedure endoscopiche sono varie e si distinguono in base all’organo che esplorano, le principali sono:
- La Gastroscopia (EGDS): che consente lo studio della parte superiore dell’apparato digerente, ossia dell’esofago, dello stomaco e della prima porzione del duodeno.
- La Colonscopia: esegue lo studio del colon nella sua interezza e in casi selezionati dell’ultima porzione del piccolo intestino.
Per quali patologie e per quali pazienti è indicata?
Abbiamo detto che sono procedure diagnostiche in grado cioè di evidenziare le principali malattie dell’apparato gastroenterico, a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, la gastrite, l’ulcera gastrica, l’esofagite, l’ernia iatale, oltre che polipi e tumori dell’esofago e dello stomaco. La colonscopia consente invece l’identificazione di diverticoli, polipi, tumori, malattie infiammatorie croniche intestinali, ecc.
Ma sono anche procedute terapeutiche consentono di effettuare vere e proprie procedure chirurgiche: sono in grado di rimuovere polipi, alterazioni pre-neoplastiche (ossia lesioni che possono trasformarsi in tumori) e lesioni tumorali, trattare sanguinamenti, correggere stenosi (restringimenti), impiantare protesi, fino a giungere ad interventi di correzione del reflusso gastro-esofageo.
Tutto questo si ottiene attraverso uno specifico strumento: l’endoscopio, costituito da un tubo flessibile (del diametro di 0.8 – 1,2 cm) al cui interno vi sono fibre ottiche, canali per il lavaggio e il passaggio di sonde e tiranti. L’endoscopio viene inserito nel corpo attraverso la bocca o l’ano, a seconda della zona da esplorare.
È indicata in tutti quei pazienti che presentano sintomi e segni quali dimagrimento, anemia, sanguinamento gastro-intestinale (emissione di sangue con le feci o con il vomito), vomito persistente, dolore epigastrico resistente ai comuni antiacidi, test del sangue occulto positivo.
Ci sono controindicazioni? Quando non è indicato un esame endoscopico?
I casi in cui l’esame endoscopico non è indicato sono:
- Quando i rischi per la salute e vita del paziente sono superiori ai benefici attesi. Ad esempio pazienti molto anziani o affetti da patologie severe note;
- In caso di pazienti non collaboranti in assenza di adeguata sedazione/anestesia e in assenza di consenso da parte del paziente/tutore;
- Nei casi in cui ci sia il sospetto di una perforazione del viscere da esplorare.
Più eterogeneo e complesso è l’elenco di quelle condizioni nelle quali non è necessario effettuare un esame endoscopico. Premetto che stime nazionali indicano nel 25-30% le procedure endoscopiche inutili. Esempio paradigmatico è la gastroscopia richiesta in età inferiore ai 40 anni per disturbi quali “digestione difficoltosa” o dolori di stomaco episodici. Ebbene in questi pazienti non andrebbe effettuata una endoscopia.
Cosa bisognerebbe fare allora?
Come normalmente avviene in molti paesi europei, si può ricorrere al test-and-treat (prova e tratta): viene richiesto un test non invasivo (tipo: breath test) per valutare la presenza dell’Helicobacter pylori. Se il test è positivo il paziente viene trattato con terapia antibiotica specifica, se è negativo con terapia sintomatica. Si richiede la gastroscopia, successivamente, e solo per la persistenza della sintomatologia.
Gli esami endoscopici necessitano di una preparazione particolare?
Per quanto riguarda la gastroscopia è necessario rispettare un digiuno per solidi e liquidi di 8 ore. La colonscopia prevede invece una dieta senza fibre da iniziare 5-7 giorni precedenti l’esame e l’assunzione di una soluzione lassativa da assumersi il giorno che precede l’esame, questo al fine di liberare il colon da tutti i residui fecali che, quando presenti (per preparazione mal eseguita, stipsi severa, ecc.) abbassano di molto il potere diagnostico dell’esame stesso.
Quanto dura un esame endoscopico?
Anche qui dobbiamo distinguere fra gastroscopia, la cui durata non supera generalmente i 3-5 minuti, e colonscopia. Quest’ultimo è un esame più lungo e complesso in cui le variazioni individuali possono incidere sui tempi dell’esame, normalmente l’esame dura dai 20 ai 40 min.