Perché i bambini fanno pipì a letto? Ecco cosa sapere

Pubblicato il: 09/06/2025 Editato da: Vittoria Marcucci il 09/06/2025

L'enuresi, comunemente conosciuta come pipì a letto, è un disturbo che colpisce molti bambini in età scolare e spesso tende a risolversi spontaneamente. L’enuresi è definita come una perdita intermittente di urina che avviene in bambini di età superiore ai 5 anni.


L’enuresi può essere:

  • Primaria (il bambino non è stato mai in grado di eliminare il pannolino durante la notte)
  • Secondaria (il bambino ha avuto almeno un periodo minimo di 6 mesi in cui non ha presentato incontinenza notturna)
  • Monosintomatica (l’enuresi non si associa ad altri sintomi durante il giorno)
  • Non monosintomatica (l’enuresi si associa ad altri disturbi diurni come urgenza o difficoltà nella minzione)

L’enuresi monosintomatica è una condizione che riguarda circa il 5-10% dei bambini di 7 anni, il 3% degli adolescenti e lo 0.5-1% degli adulti. Inoltre, è riportato un tasso di risoluzione del 15% all’anno, ma la possibilità di ottenerlo senza alcun trattamento è bassa se l’enuresi è frequente. L’enuresi è una condizione che presenta una franca familiarità: bambini che non hanno genitori o parenti stretti che hanno sofferto di enuresi hanno il 15% di possibilità di bagnare il letto la notte; questa percentuale sale al 44% quando uno dei due genitori ha presentato la stessa problematica, fino ad arrivare al 77% quando entrambi i genitori ne hanno sofferto.


Possiamo definire l’enuresi come un’incongruenza tra produzione notturna di urina, ridotta capacità vescicale notturna e incapacità a svegliarsi durante la notte. I disturbi del sonno sono molto frequenti: tipicamente, questi individui sono considerati dormitori profondi ma poveri di sonno a causa dell'elevata soglia di eccitazione e del sonno frequentemente disturbato.


L’enuresi è spesso presente in pazienti che presentano ipertrofia delle tonsille o delle adenoidi, in pazienti obesi, in soggetti che tendono a respirare a bocca aperta o che russano intensamente o che spesso vanno incontro ad apnee. Le alterazioni del sonno che ne conseguono possono spiegare l’incapacità a svegliarsi di notte quando la vescica è piena. A questo bisogna sicuramente sommare uno squilibrio nella produzione notturna di urina e la capacità vescicale. Esistono, inoltre, altre comorbidità che possono causare o aggravare l’enuresi: disturbi dell’attenzione (ADHD), stati depressivi, stitichezza, alcune patologie allergiche.


Risulta, quindi, evidente come l’enuresi monosintomatica sia una condizione complessa e che è necessario indagare diversi ambiti per definire un trattamento efficace.

Come inquadrare il bambino enuretico

La diagnosi viene posta semplicemente ricostruendo la storia clinica del bambino. E’ fondamentale che il bambino venga coinvolto sin da subito nel processo di cura e che sia attivo in questo. E’ importante tener conto di:

  • Condizioni generali di salute del bambino ed eventuali comorbidità
  • Definire la frequenza degli episodi di incontinenza
  • Ricercare eventuali sintomi urinari diurni
  • Valutare le abitudini intestinali del bambino
  • Valutare eventuali disturbi del sonno
  • Considerare eventuali fattori sociali che possono rappresentare fonte di stress o preoccupazione


L’esame fisico del bambino generalmente risulta normale. All’inizio della valutazione e per valutare l’efficacia del trattamento sono indispensabili i diari minzionali; la loro compilazione, inoltre, può essere considerata parte del processo terapeutico. E’ sicuramente utile eseguire nelle fasi iniziali un esame delle urine e un’uriconocoltura per escludere cause come le infezioni o il diabete mellito. Una valutazione ecografica dell’addome può essere utile per confermare o confutare un concomitante quadro di stipsi. Esami come la flussometria e l’ecografia dell’apparato urinario sono indicati solo in caso di precedenti trattamenti chirurgici a carico di uretra e vescica e in presenza di sintomi diurni. Esami invasivi come l’urodinamica o la cistouretrografia, generalmente, non sono indicati nell’inquadramento iniziale.

Quali sono i possibili trattamenti?

Prima di considerare trattamenti riabilitativi o farmacologici è necessario fornire alla famiglia e al paziente le giuste norme per quanto riguarda le abitudini alimentari, minzionali, intestinali e comportamentali (ridurre l’uso di dispositivi elettronici alla sera per migliorare la qualità del sonno).

Esistono due linee principali di trattamento dell’enuresi monosintomatica:

  • Alarm pad: si tratta di vere e proprie sveglie collegate ad un sensore, generalmente posizionato sullo slip o a contatto con il letto, che emettono un forte stimolo sonoro quando il sensore si bagna. L’efficacia di questo trattamento è riportata tra il 50-70%. Sono consigliati periodi di impiego di 8-12 settimane o di 16-20 settimane. Affinché vi sia una buona risposta terapeutica è necessaria la massima collaborazione da parte del paziente e della famiglia.
  • Desmopressina: agisce riducendo la produzione notturna di urina ed è efficace in circa il 70% dei casi. Può essere impiegata singolarmente o in associazione a farmaci anticolinergici qualora si sospetti una iperattività vescicale coesistente.


In caso di pazienti non responsivi a questi trattamenti è possibile ricorrere a trattamenti di seconda linea come: farmaci anticolinergici, farmaci antidepressivi o trattamenti fisiatrici come l’elettromodulazione.

Chirurgia Pediatrica a Genova

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