Epatite C: le statistiche d’incidenza in Italia
Autore:L’organizzazione mondiale della sanità stima che a livello mondiale vi siano circa 71 milioni di persone infette con il virus dell’epatite C (HCV), e che vi siano all’incirca 1.75 milioni di nuove infezioni ogni anno. L’infezione da HCV presenta una trasmissione parenterale attraverso emotrasfusioni, procedure sanitarie con materiali non monouso, uso di sostanze, tatuaggi, dermocosmesi. Il Dott. Maurizio Biselli, esperto in Medicina Interna, ci aiuta a capire meglio
Oggigiorno è possibile prevenire l’infezione da HCV?
Grazie all’introduzione nel 1990 del test di screening basato sulla ricerca degli anticorpi anti-HCV e nel 1993 del test di ricerca dell’RNA virale, la trasmissione tramite emotrasfusione si è praticamente azzerata, con un tasso di incidenza di donatori di sangue HCV-RNA positivi in Italia del 0.0025%. Al momento i più importanti fattori di rischio di infezione da HCV risultano essere: una persona HCV-positiva convivente a causa della condivisione di strumenti come lo spazzolino o il rasoio, praticare rapporti sessuali non protetti, utilizzare droghe per via endovenosa, i trattamenti cosmetici percutanei non sicuri e l’esposizione intraospedaliera.
Quali sono le statistiche d’incidenza della malattia?
Purtroppo in Italia mancano dati aggiornati di prevalenza e incidenza dell’infezione da epatite C nella popolazione generale e nei gruppi a rischio. Modelli matematici di stima suggeriscono però che in Italia vi siano circa 280000 persone con età media di 46 anni e circa 100000 persone con età fra i 60 e i 70 anni con infezione da HCV (dati del Sistema Epidemiologico Integrato dell’Epatite Virale Acuta).
Quali sono i rischi di cronicizzazione e quali sono i sintomi?
Il rischio di cronicizzazione dell’infezione da HCV è elevato, raggiungendo in alcune casistiche il 75% dei casi. La maggior parte dei pazienti con infezione cronica da HCV sono asintomatici o presentano lievi sintomi aspecifici, nella maggior parte dei casi astenia, meno frequentemente debolezza, nausea, perdita di peso, dolori articolari e/o muscolari. Gli indici di infiammazione epatica, cioè le transaminasi, aumentano presentando livelli di alterazione molto vario dopo circa 6-12 settimane dal contatto, mentre gli anticorpi anti-HCV si positivizzano dopo circa 8 settimane, anche se in alcuni casi la positivizzazione avviene dopo qualche mese.
Quali danni può recare al fegato?
Per quanto riguarda la storia naturale della malattia, il rischio di sviluppo della cirrosi epatica a 20 anni dall’inizio dell’infezione cronica si attesta fra il 10 e il 20% dei casi.
Una volta che si è sviluppata la cirrosi epatica, il rischio di scompenso della malattia è di circa il 4% dei casi per anno, con una probabilità di sopravvivenza a 5 anni dallo sviluppo del primo episodio di scompenso della malattia di solo il 50%.
Esistono dei farmaci che possono curare l’epatite C?
Fortunatamente, da circa 11 anni vi sono a disposizione farmaci antivirali ad azione diretta contro l’HCV, che permettono di ottenere elevate percentuali di eradicazione dell’infezione fino a circa il 98% dei casi trattati, in assenza di effetti collaterali significativi. Da questi dati si evince che uno screening della popolazione a rischio di infezione da HCV risulta importante, in modo da trattare e guarire i pazienti affetti da questa infezione cronica prima che la loro malattia possa progredire.