L’utilizzo delle ‘gabbie’ o ‘cage’ intersomatiche in chirurgia vertebrale

L’utilizzo delle ‘gabbie’ o ‘cage’ intersomatiche in chirurgia vertebrale

Editato da: Marta Buonomano il 02/03/2021

Il Prof. Leo Massari, esperto in Ortopedia e Traumatologia a Ferrara, ci spiega cosa sono ed in quali casi è indicato utilizzare delle gabbie intersomatiche in chirurgia verebrale

Cos’è la cage intersomatica?

Per Cage Intersomatica si intende una “gabbietta” di materiale sintetico (perlopiù titanio) che viene posizionata al posto di un disco intervertebrale con lo scopo di stabilizzare i due corpi vertebrali e di creare un “callo osseo”, che porti i due corpi vertebrali a fondersi tra di loro.

In certi casi, rari, si utilizzano isolate (“stand alone”), ovvero senza posizionare anche viti peduncolari posteriori, nella maggior parte dei casi si associano alla strumentazione posteriore con viti e barre al fine di avere un costrutto molto stabile, una completa fusione a 360° o circonferenziale e di ridurre i rischi di “spostamento” e “mobilizzazione” delle cage stesse.

Quando è indicato utilizzare la cage intersomatica?

L’utilizzo delle cage intersomatiche è indicato soprattutto, od esclusivamente, nei casi di grave degenerazione dei dischi intervertebrali del tratto lombare, soprattutto se vi sono situazioni di stenosi (restringimento) del canale vertebrale e/o dei forami intervertebrali con sintomatologie dolorose croniche e aspetti di “claudicatio” spinale, ovverossia dolore e sensazione di “mancamento” alle gambe dopo pochi metri di cammino con necessità di doversi sedere. In questi casi il ripristino dell’altezza del disco e la successiva fusione, possono permettere la decompressione delle strutture nervose, in maniera indiretta, e quindi portare al miglioramento o alla risoluzione dei sintomi.

Come sono fatte le cage intersomatiche?

ragazza che si tocca la schienaLa traduzione dall’inglese di “cage” è gabbia. Si tratta, in effetti, di piccole gabbie, di diverse forme, dimensioni e materiali che vengono inserite negli spazi tra due corpi vertebrali, quelli originariamente occupati dai dischi intervertebrali che sono andati incontro alla degenerazione. Le cage hanno una conformazione tridimensionale tale da assomigliare all’osso spongioso per far sì che all’interno delle cage stesse si possa mettere dell’osso autologo (cioè di provenienza dallo stesso paziente) o dei sostituti ossei. Il fine ultimo delle cage intersomatiche è, infatti, quello di permettere, e in certi casi favorire, la crescita ossea al proprio interno e creare una “fusione” completa tra le ossa dei due corpi vertebrali e, quindi, di favorire il bloccaggio o “artrodesi” del tratto di colonna vertebrale.

Esistono cage di dimensioni e forme già definite e cage cosiddette “espandibili” che, una volta inserite, possono essere espanse fino ad ottenere l’altezza desiderata ed il bloccaggio finale. Queste ultime hanno il considerevole vantaggio di poter ridurre la preparazione dello spazio discale e, quindi, di poter ridurre i rischi chirurgici.

Esistono delle controindicazioni all’utilizzo delle cage intersomatiche?

Esistono delle controindicazioni assolute all’utilizzo delle cage intersomatiche: patologie infettive del disco intervertebrale e delle vertebre vicine (spondilodisciti); patologie tumorali primitive o secondarie (metastasi) delle vertebre; grave quadro di osteoporosi. In questi casi il posizionamento delle cage può portare a peggioramento del problema osseo e, quindi, delle condizioni di salute del/della paziente.

Quali sono i rischi e le complicanze delle cage intersomatiche?

Prima di tutto è necessario precisare che questi interventi vengono eseguiti con un costante controllo radiografico intraoperatorio e, quindi, ciò comporta una maggiore esposizione del paziente (e dei chirurghi) alle radiazioni ionizzanti. In mani esperte, però, tali esposizioni possono essere limitate e non comportano particolari rischi per la salute del paziente. La presenza di macchinari radiologici dedicati e di personale esperto ci permette di ridurre ulteriormente tali rischi.

L’individuazione dello spazio discale e del corretto passaggio della cage, Il posizionamento della cage e la sua stabilizzazione sono passaggi nei quali bisogna fare molta attenzione per evitare quella che è la complicanza più pericolosa, ovverossia la lesione della dura madre con fuoriuscita di liquido cefalo-rachidiano o, in casi più gravi, lesioni delle radici nervose o delle radicelle interne alla dura madre che formeranno le radici nervose più a valle della zona di lesione. La tecnica chirurgica precisa ed accurata e l’esperienza del chirurgo, sono una ulteriore garanzia di corretto posizionamento e di riduzione dei rischi intraoperatori.

Nel caso della lesione della dura madre, di solito di piccole dimensioni, il chirurgo provvede immediatamente alla sutura della lesione stessa con riduzione al minimo delle problematiche post-operatorie, caratterizzate perlopiù da mal di testa e rigidità nucale che con le adeguate terapie farmacologiche migliorano e spariscono nell’arco di 5-7 giorni.

Ortopedia e Traumatologia a Ferrara