La leucemia linfatica cronica

La leucemia linfatica cronica

Editato da: il 13/04/2024

La leucemia linfatica cronica è la forma più frequente di leucemia, con circa 2.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno in Italia. Il Professor Giovanni Pizzolo, ematologo esperto a Verona, ci spiega che cos'è e come si tratta questa patologia. 

Che cos’è la leucemia linfatica cronica e come si diagnostica 

E’ la forma più frequente di leucemia con circa 2.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno in Italia. Colpisce soprattutto le persone adulte/anziane con il massimo di frequenza nella fascia di età superiore ai 65 anni. Viene per lo più scoperta casualmente a seguito dell’esecuzione di una esame emocromocitometrico che evidenzia la presenza di una aumento del numero dei globuli bianchi e, in particolare, dei linfociti.  Talora l’esecuzione dell’esame del sangue che poi porterà a sospettare una Leucemia Linfatica Cronica (LLC) è suggerita dalla presenza di qualche linfonodo ingrossato e, più raramente, di disturbi vaghi come la stanchezza. La certezza diagnostica passa attraverso l’esecuzione di una indagine specifica, l’immunofenotipo dei linfociti presenti nel sangue, che consente di caratterizzarne con precisione la natura sulla base della presenza o assenza sulla loro superfice di certe molecole. Si tratta di linfociti di derivazione dalle normali cellule linfoidi B del sangue, cresciuti disordinatamente a seguito di una serie complessa, ma non identica in tutti i casi, di meccanismi biologici anomali sostenuti dalla presenza di alterazioni molecolari riconducibili a mutazioni acquisite di alcuni geni.   

Qual è il decorso della leucemia linfatica cronica?

Nella maggior parte dei casi si tratta di una forma indolente, a lenta crescita, che non richiede trattamento per alcuni anni (mediamente 6), ma con un andamento variabile, così che alcuni pazienti non richiedono trattamento alcuno per oltre 10-15 anni e altri necessitano di una terapia in una fase più precoce. La decisione del momento giusto per iniziare il trattamento dipende da diversi fattori: 1: eventuale comparsa di segni indiretti di sofferenza del midollo osseo (comparsa di anemia o riduzione del numero di piastrine), causata dall’infiltrazione dei linfociti; 2: importanti e multipli ingrossamenti dei linfonodi (superiori a 5 cm, spesso riuniti in pacchetti) superficiali o profondi (questi ultimi soprattutto addominali, evidenziabili con l’ecografia addominale); 3: comparsa di sintomi quali stanchezza, affaticamento, febbricola, sudorazioni notturne, sintomi da ingombro addominale per la presenza di masse linfonodali, ecc.; 4: ingrossamento importante delle dimensioni della milza (fino a oltre 20cm di diametro all’ecografia addominale). Il numero dei globuli bianchi di per sé, non rappresenta un'indicazione per iniziare il trattamento, tanto che può diventare anche molto elevato senza accompagnarsi a nessuna delle condizioni in base alle quali si decide se trattare o no il paziente.

In che cosa consiste il trattamento della leucemia linfatica cronica?

Le strategie terapeutiche della LLC si sono molto affinate negli anni più recenti, arricchendosi di nuovi farmaci cosiddetti “intelligenti”: cioè non solo (e in qualche caso non più) chemioterapia, ma impiego di immunoterapia (anticorpi monoclonali artificiali capaci di uccidere le cellule della LLC legandosi specificamente a una molecola chiamata CD20 presente sulla loro membrana); l’uso di farmaci “target" (indirizzati al bersaglio), capaci di inibire e neutralizzare l’effetto di certe alterazioni molecolari che coinvolgono snodi cruciali per l’espansione delle cellule malate bloccandone la crescita o inducendone la morte. Tra questi farmaci “intelligenti”, che non sono chemioterapici e vengono assunti per bocca, alcuni sono già disponibili, ma con qualche limitazione. La scelta della corretta strategia terapeutica si basa su diversi aspetti: l’età del paziente e la presenza di eventuali concomitanti patologie, la presenza o meno di certe alterazioni molecolari che devono essere obbligatoriamente verificate prima di decidere il tipo di trattamento più efficace. La corretta scelta del trattamento oggi più che mai condiziona il decorso della malattia che può essere tenuta sotto controllo per molti anni anche nelle forme che un tempo avevano un andamento aggressivo. Anche nelle forme che ricadono, magari dopo diversi anni da un precedente trattamento, è possibile ottenere un controllo molto prolungato (per anni) della malattia. 

È una malattia complessa da gestire? 

No, purché se ne occupi un ematologo con esperienza specifica di questa particolare forma di leucemia (che non ha nulla in comune con i quadri clinici e le problematiche di altre forme di leucemia come per esempio la leucemia mieloide acuta), che conosca i meccanismi biologici e le novità emerse dagli studi clinici che si susseguono con sorprendente frequenza e i cui risultati indicano prospettive molto incoraggianti per chi ne è affetto. Piuttosto spesso, data l’età per lo più avanzata di chi ha una LLC, le prospettive di vita sono più legate all’età e/o alle inevitabili patologie a questa correlate piuttosto che alla LLC di per sé.  

Ematologia a Verona