Alcuni studi condotti in passato hanno suggerito un potenziale collegamento tra la menopausa e un maggiore rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer (AD), sottolineando il ruolo significativo della riduzione dei livelli di estrogeni nello sviluppo della patologia.
Le evidenze mostrano infatti che gli estrogeni svolgono un ruolo cruciale nel metabolismo cerebrale, influenzando il metabolismo energetico, la plasticità sinaptica e le funzioni cognitive. Oltre a ciò, si ritiene che i benefici cognitivi associati alla Terapia Ormonale Sostitutiva siano legati agli effetti neuroprotettivi degli estrogeni, sia attraverso un’azione diretta sul cervello sia indirettamente migliorando la salute cardiovascolare.
Questa rassegna, pubblicata su Cureus da Gabriela Briceno Silva, dell’Universidad de Oriente di Barcellona, in Spagna, esplora in modo esaustivo l’interazione tra menopausa e AD, nonché il potenziale della Terapia Ormonale Sostitutiva per mitigare il declino cognitivo nei soggetti in post-menopausa.
Evidenze dalla letteratura
Dall’analisi della letteratura utilizzata è emerso che gli estrogeni migliorano il trasporto e l’utilizzo del glucosio nel cervello, contribuendo a sostenere le funzioni cerebrali. In particolare, l’azione degli estrogeni si esplica tramite l’attivazione dei recettori situati in regioni come l’ippocampo e la corteccia prefrontale, essenziali per la memoria e i processi cognitivi. Un altro risultato importante è che gli estrogeni favoriscono la sinaptogenesi, promuovendo l’apprendimento e la memoria.
Altre evidenze mostrano che a livello cellulare gli estrogeni ottimizzano l’efficienza mitocondriale e riducono lo stress ossidativo, un fattore chiave nella neurodegenerazione. Oltre a ciò, è emerso anche un effetto positivo in termini di riduzione dei processi neuroinfiammatori, grazie alla regolazione dell’attività di microglia e astrociti, le principali cellule immunitarie del cervello. Tale azione è dovuta all’inibizione della produzione di citochine pro-infiammatorie (come interleuchina 1 beta - IL-1β, TNF-alfa, IL-6) e alla stimolazione del rilascio di citochine antinfiammatorie.
Tutti questi fattori hanno immediate implicazioni nella patologia dell’Alzheimer, alla cui insorgenza contribuiscono:
- il ridotto metabolismo del glucosio,
- l’aumento della deposizione di beta-amiloide,
- la neuroinfiammazione associata al calo degli estrogeni durante la menopausa.
Sebbene non sia ancora stabilito un legame causale definitivo, le evidenze indicano che livelli adeguati di estrogeni proteggono il cervello da questi processi degenerativi.
Chiarire questa connessione è fondamentale per comprendere meglio e sviluppare interventi terapeutici mirati, come la Terapia Ormonale Sostitutiva, per mitigare il rischio di Alzheimer e per elaborare linee guida su stile di vita, dieta e salute cognitiva durante e dopo la menopausa.
Conclusioni
Secondo quanto esposto nella rassegna, gli estrogeni hanno un impatto diretto sulla salute del cervello, poiché migliorano l’attività colinergica, riducono la perdita neuronale e diminuiscono la deposizione di proteina beta amiloide.
Per quanto riguarda l’impatto positivo degli estrogeni sulle cellule cerebrali, la letteratura è ampia. Tra i fattori che contribuiscono alla riduzione dell’incidenza della malattia di Alzheimer nelle donne in post-menopausa vi sono:
- l’impegno in programmi di training cognitivo personalizzati,
- l’offerta di approcci terapeutici multimodali.
La comprensione dell’interazione tra menopausa e malattia di Alzheimer è fondamentale per valutazioni personalizzate dei rischi e benefici prima di iniziare la Terapia Ormonale Sostitutiva.
Poiché esiste un impatto fisiologico degli estrogeni sul cervello che non è stato ancora riprodotto completamente negli studi clinici, è fondamentale continuare la ricerca per fornire raccomandazioni più solide alle pazienti in menopausa sull’influenza della Terapia Ormonale Sostitutiva sulla malattia di Alzheimer.