Perché non bisogna sottovalutare l’arteriopatia degli arti inferiori?

Perché non bisogna sottovalutare l’arteriopatia degli arti inferiori?

Editato da: Marta Buonomano il 22/04/2021

Il nostro esperto in Chirurgia Vascolare a Firenze, il Prof. Walter Dorigo, ci spiega in che modo l’arteriopatia periferica possa influire sulla salute cardiovascolare

Che cos’è l’arteriopatia degli arti inferiori?

L’arteriopatia degli arti inferiori è una condizione patologica caratterizzata da una riduzione dell’apporto di sangue ad uno o ad entrambi gli arti inferiori, causata, nella maggior parte dei casi, dalla presenza di stenosi (restringimenti) o ostruzioni a carico delle arterie, solitamente su base aterosclerotica.

gambeQuali sono i fattori di rischio?

Tale patologia riconosce molteplici fattori di rischio, quali il fumo, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia, il diabete, la familiarità e rappresenta una condizione in sempre costante aumento all’interno della popolazione, in particolare nelle fasce di età superiori a 70 anni.

Come si manifesta?

Quando sintomatica, può determinare quadri clinici progressivamente ingravescenti; si va infatti dal dolore che compare durante il cammino, costringendo il paziente a fermarsi (la cosiddetta claudicazione intermittente), a situazioni più severe, in cui il dolore compare anche a riposo, prevalentemente durante la notte, quando il paziente riposa a letto, fino ad arrivare alla comparsa di lesioni ulcerative a carico del piede (dita, avampiede, in particolare), di necrosi e gangrena, configurando il quadro dell’ischemia critica, a rischio elevatissimo di perdita d’arto.

Perché non bisogna sottovalutare l’arteriopatia periferica?

Un punto molto importante da sottolineare riguarda il ruolo dell’arteriopatia come segnale di malattia vascolare diffusa. Infatti, il paziente con arteriopatia, oltre ad essere sottoposto al rischio di peggioramento delle condizioni dell’arto, fino alla sua perdita, presenta un rischio molto elevato (fino al 50-55% a 5 anni) di manifestare un evento cardiovascolare maggiore (infarto miocardico, ictus cerebrale) tale da metterne a repentaglio la sopravvivenza.

Per tale motivo, il primo e fondamentale approccio al paziente con arteriopatia è quello di intervenire con terapie comportamentali e farmacologiche per controllare i fattori di rischio sopra citati: astensione dal fumo, controllo della dieta e dell’alimentazione, controllo della pressione arteriosa e dell’assetto lipidico, controllo del diabete, se presente.

Altro cardine del trattamento dei pazienti arteriopatici è l’attività fisica, costante e continuata, se possibile supervisionata in centri specializzati, che si è dimostrata in grado di migliorare molto i sintomi e di aumentare significativamente l’autonomia di marcia.

Quando si può ricorrere a tecniche mininvasive?

gambeQuando invece questa condizione sia estremamente ridotta nonostante la terapie (inferiore a 50-100 metri) o, ancor di più, in presenza di dolore a riposo e/o ulcere, è assolutamente necessario un trattamento invasivo. Questo può essere eseguito con tecniche mini-invasive (endovascolari), ricanalizzando dall’interno le arterie attraverso una puntura cutanea femorale e l’impiego di palloncini, stent e cover stent, o, in casi anatomicamente complessi, con un intervento chirurgico di bypass, in modo da portare il sangue a valle del tratto di arteria ostruita e di garantire, se possibile, il salvataggio dell’arto.

Claudicazione intermittente: il dolore costringe il paziente a fermarsi, ma, dopo alcuni secondi di fermata, anche in posizione eretta, scompare, permettendo la ripresa della marcia fino alla sosta successiva.

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