Rettocele: chi è più a rischio?

Rettocele: chi è più a rischio?

Editato da: Antonietta Rizzotti il 12/05/2019

Il Rettocele è uno sfiancamento della parete anteriore del retto sulla parete posteriore della vagina, con protrusione nel suo lume, per indebolimento o per sforzi eccessivi. Il Prof. Silvestro Lucchese, esperto in Proctologia a Roma, ci parla dei principali fattori di rischio, di diagnosi e dei trattamenti previsti

Quali sono i principali fattori di rischio del rettocele?

Il rettocele è una patologia che insorge prevalentemente in donne mature, tra i 40 ed i 60 anni, pluripare. Nel maschio, invece, il rettocele è molto meno frequente e si manifesta invece posteriormente.                  

I principali fattori di rischio che possono causare questa patologia sono: 

  • Obesità
  • Parto vaginale con travaglio prolungato
  • Episiotomia (taglio per il parto)
  • Feto di grosse dimensioni
  • Sforzi prolungati lavorativi
  • Stitichezza grave
  • Isterectomia

Il parto vaginale agisce, in modo progressivo, indebolendo il pavimento pelvico, fino a poterne provocare il cedimento. Nel parto cesareo ciò non avviene e il rischio di rettocele è molto inferiore.

La terza età rappresenta un fattore di rischio elevato poiché la diminuzione degli estrogeni ed il cedimento del pavimento pelvico sono molto frequenti.

Clinicamente, il rettocele si evidenzia con una sporgenza in vagina della parete del retto con:

  • Stitichezza incoercibile
  • Defecazione incompleta
  • Senso di peso
  • Disagio nei rapporti intimi

Il rettocele è spesso di frequente riscontro ma non sempre provoca sintomi.

Quando supera i 4-5 cm e provoca sintomi, è considerato patologico e necessita allora di accertamenti specifici e di eventuale terapia.

Come si effettua la diagnosi del rettocele?

La diagnosi, oltre la evidenza oggettiva nella visita, viene definita con lo studio accurato del piano perineale e della funzione:

  • Defecografia
  • RMN pelvica
  • Eco transrettale
  • Manometria

Il cedimento del piano perineale può anche provocare il prolasso della vescica e dell’utero, che spesso sono associati al rettocele ma con una sintomatologia più evidente. In questi casi è necessaria l’esecuzione di una defecografia tricompartimentale. 

Quali sono i trattamenti maggiormente utilizzati per la cura del rettocele?

La terapia dei gradi moderati di rettocele può essere limitata al controllo del peso, degli sforzi fisici ed al rinforzo del piano pelvico; talora è utile l’impiego della terapia ormonale. Il pessario è un utile anello di materiale plastico da introdurre in vagina per ostacolare la discesa degli organi, ma ha una funzione transitoria. 

Quando la gravità del rettocele impone la chirurgia come unica terapia, si deve riportare il retto in sede e rinforzare il setto retto-vaginale.              

Spesso nella stessa sede si esegue il trattamento del cistocele e del prolasso uterino.

Vi sono numerosi tipi di intervento, spesso ben propagandati, ma è rischioso cercare nel web la soluzione ai propri problemi.

Ogni metodica chirurgica deve essere definita da uno Specialista qualificato solo dopo che una precisa ed oggettiva diagnosi permetta di scegliere il tipo di intervento più idoneo per il singolo caso.

Professor Lucchese, cosa consiglia a chi soffre di rettocele?

  • Mantenere il peso ottimale
  • Dieta con molte fibre (kiwi, pere, spinaci, zucchine, bieta, ecc.) e molta acqua
  • Attività fisica moderata ma specifica e costante
  • Consultarsi per una eventuale terapia ormonale
  • Evitare di sforzarsi nel sollevare pesi
  • Evitare di forzare molto durante la defecazione
  • In caso di gravidanza, valutare l’ipotesi di parto cesareo
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