Sensazione di corpo estraneo in gola: il globo faringeo da reflusso

Pubblicato il: 09/06/2025 Editato da: Veronica Renzi il 09/06/2025

C’è chi lo descrive come un "nodo in gola", chi come una "pallina", chi dice che è come se ci fosse un pezzo di cibo che non scende mai. È la sensazione di corpo estraneo in gola, un sintomo tanto comune quanto destabilizzante. Non è un’allucinazione né un capriccio psicosomatico: ha radici fisiologiche precise e spesso si accompagna a una difficoltà nella deglutizione che può cambiare la qualità della vita.

Il globo faringeo

In ambito medico si parla di “globo faringeo”, una definizione che sembra quasi minimizzare la questione. Ma chi ne soffre sa bene che non è una semplice impressione. Mangiare, parlare o anche solo ingoiare la saliva può diventare un gesto controllato, difficile, a tratti ansiogeno. E più si cerca di deglutire, più la gola sembra chiudersi.

Il reflusso come causa nascosta

Uno dei principali responsabili di questo sintomo è il reflusso laringo-faringeo. Quando l’acido risale fino alla gola, infiamma i tessuti e altera la sensibilità locale. La mucosa faringea diventa iperattiva, e i recettori nervosi mandano segnali distorti al cervello. Il risultato? Si ha la sensazione persistente di corpo estraneo in gola, anche se non c’è nulla di fisico. Ma non è un problema “nella testa”: è una distorsione del sistema sensoriale causata dall’infiammazione faringea.

Trattare il sintomo significa curare la causa

Il trattamento della sensazione di corpo estraneo in gola, quando dovuta al reflusso laringo-faringeo, non può limitarsi a calmare il sintomo. Serve agire a monte. Gli inibitori di pompa protonica (IPP) sono spesso prescritti, ma da soli non bastano, soprattutto se il reflusso è non acido. È qui che entrano in gioco altri approcci: modifiche alimentari mirate (riduzione di cibi irritanti, pasti piccoli e frequenti), terapia posturale (evitare di sdraiarsi dopo mangiato), e in molti casi la riabilitazione miofunzionale orofaringea, una terapia fisica per rieducare i muscoli della deglutizione. Anche la componente ansiosa, se presente, va affrontata con strumenti adeguati – non necessariamente con psicofarmaci, ma con tecniche respiratorie, mindfulness e, quando serve, supporto psicologico mirato.

Qual è la prognosi?

La buona notizia è che questo disturbo ha una prognosi favorevole nella maggior parte dei casi. Ma è una guarigione che richiede tempo e, soprattutto, un cambio di approccio terapeutico. Non si tratta di “aspettare che passi”, ma di smettere di inseguire esami negativi e iniziare un percorso di riequilibrio. La regressione dei sintomi è graduale, perché l’infiammazione faringea non scompare da un giorno all’altro e i circuiti nervosi alterati richiedono tempo per disattivarsi. Tuttavia, con costanza, la sensazione di nodo in gola si attenua, la deglutizione torna fluida, e il corpo smette di lanciare quell’allarme silenzioso che, per mesi o anni, era rimasto inascoltato.

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