Sindrome del Tunnel Carpale? Non rimandare l’operazione!

Sindrome del Tunnel Carpale? Non rimandare l’operazione!

Editato da: il 22/03/2023

Il Dott. Maurizio Bellettato, esperto in Ortopedia e Traumatologia a Bologna, ci parla della Sindrome del Tunnel Carpale e delle possibili tecniche per curarla

Che cos’è la Sindrome del Tunnel Carpale?

Per Sindrome del Tunnel Carpale (STC) si intende la compressione del nervo mediano all'altezza del tunnel carpale. Il nervo mediano è uno di 3 nervi dell'arto superiore e si origina dal midollo spinale cervicale. Il tunnel carpale si trova nella zona centrale del polso ed è un canale osteofibroso formato da un pavimento osseo (le ossa carpali) e chiuso dorsalmente da una volta costituita dal legamento anulare del carpo. All'interno del tunnel passano tutti i tendini flessori che dall'avambraccio vanno alla mano ed il nervo mediano.

Cause e sintomi della Sindrome del Tunnel Carpale

Le cause che provocano la Sindrome del Tunnel Carpale sono molteplici, ma tutte agiscono togliendo spazio al nervo che viene così compresso provocando la classica sintomatologia che consiste in: formicolii che seguono la topografia del nervo mediano, cioè sulla superficie palmare delle prime 3 dita della mano e metà dell'anulare (inizialmente notturni); dolore con irradiazione ad avambraccio e braccio e, nei casi più avanzati, ipotrofia muscolare dell'eminenza tenar, la massa muscolare alla base del pollice.

Come si riconosce?

La diagnosi è estremamente semplice e basta l'anamnesi, cioè la storia raccontata dal paziente. L’esame obiettivo è spesso negativo. Ritengo indispensabile l’esame elettromiografico per una precisa diagnosi differenziale sul livello di compressione del nervo (es. cervicale) e per stadiare l'entità della compressione che ci darà l'indicazione al trattamento.

Trattamento della Sindrome del Tunnel Carpale

Nelle fasi inziali la terapia è medica, con neurotrofici, e fisioterapica. In letteratura vengono consigliate anche le infiltrazioni nella loggia dei flessori da eseguire in numero molto limitato e con estrema attenzione, a mio avviso da riservare a casi molto selezionati (anziani e reumatoidi), mai in soggetti con danno neurologico già presente. Anche l'immobilizzazione del polso, soprattutto notturna, ha la sua indicazione. La cosa certa è che non bisogna procrastinare troppo l'intervento chirurgico perché il nervo non accetta lo sgarro della compressione e l'intervento tardivo, a danno neurologico già realizzato, probabilmente non porterà alla ripresa completa, anche se quasi sempre c'è riduzione del dolore e delle parestesie.

In cosa consiste la tecnica chirurgica?

La tecnica chirurgica può essere a cielo aperto, artroscopica e mininvasiva con metodo Chiena. Io utilizzo tutte e 3 le tecniche riservando le ultime 2 a casi ben selezionati di mani esili e giovanili. L'intervento è ambulatoriale, in anestesia locale e della durata di pochi minuti. Sarà applicata una medicazione e bendaggio elastico per 15 giorni, fino alla rimozione dei punti, e per 30 giorni saranno vietati gli sforzi. Non è comunque una chirurgia banale: in media il 2,4% dei pazienti è costretto a tornare di nuovo in sala operatoria per ripetere l´intervento o per rimediare alle complicanze sviluppate. Quasi due volte su tre (59%) la persistenza dei sintomi è causata da un intervento incompleto, più frequente con la tecnica artroscopica e Chiena. Ecco perché tendo a prediligere la tecnica a cielo aperto anche se l'incisione più ampia può comportare complicanze, indipendenti dalla corretta esecuzione dell'intervento, come il dolore in sede cicatriziale o l'algodistrofia (che possono comportare disagio per alcuni mesi) e la recidiva per aderenze cicatriziali del nervo. In conclusione è bene puntualizzare che la STC non deve essere presa alla leggera e procrastinare troppo l'intervento, quando necessario, può comportare un danno neurologico irreversibile con deficit permanenti di forza e di sensibilità della mano.

 

 

 

Editor: Marta Buonomano

Ortopedia e Traumatologia a Bologna