Sindrome di ostruita defecazione: da cosa può essere causata?

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Scritto da: La redazione di Top Doctors
Pubblicato il: 20/08/2021 Editato da: Marta Buonomano il 20/08/2021

Il nostro esperto in Chirurgia Generale ci spiega che cos’è la sindrome da ostruita defecazione e cosa possiamo fare per trattarla

Sindrome di ostruita defecazione: di cosa si tratta?

Questa sindrome s’identifica nell’incapacità di espellere il contenuto fecale dal retto e rappresenta la più comune causa di stipsi, con un’incidenza del 21% nella popolazione over 65. Esiste una enorme differenza tra i sessi: 17% nelle donne e 4% negli uomini.

Quando si deve pensare di avere questa Sindrome?

I principali campanelli d’allarme a cui bisogna prestare attenzione sono:

  • Stare sul wc per più di 15 min per evacuare nonostante gli sforzi;
  • Avere bisogno del supporto di un clistere;
  • Andare in bagno 1 o 2 volte la settimana;
  • Evacuare in più volte;
  • Avere la sensazione di non aver espulso tutte le feci;
  • Aiutarsi col dito nella vagina o nell’ano per facilitare la defecazione.

Quali sono le possibili cause?

Possiamo distinguere tre cause di ostruita defecazione:

  • ragazza che tocca la panciaSindrome da non rilasciamento del pubo-rettale o dissinergia addomino-pelvica: in questo caso il pavimento ed i muscoli pelvici vengono stimolati in modo errato e per questo, quando si ha la necessità di evacuare, non si verifica la corretta sequenza di contrazione-rilasciamento dei muscoli. Questa sindrome è spesso legata a disturbi psicologici e la riabilitazione del pavimento pelvico (biofeedback, kinesiterapia, massaggi perineali) può offrire dei buoni risultati;
  • Sindrome del Perineo Discendente: dovuta ad alterazioni del nervo pudendo, dei nervi sacrali o a lesioni dei muscoli del pavimento pelvico, è spesso causata da sforzi cronici nella defecazione o da parti.
  • Alterazioni Anatomiche quali prolasso del retto, degli organi pelvici o rettocele:
    • Nel caso del prolasso del retto, la parete rettale prolassa, nella maggior parte dei casi in maniera occulta, creando un effetto sifone interno. In casi più rari, invece, il prolasso fuoriesce dall’ano (prolasso esterno) creando il cosiddetto “effetto calzino rovesciato”;
    • Quando si parla di rettocele, si intende una condizione che si manifesta esclusivamente nelle donne e che corrisponde alla protrusione della parete anteriore del retto in vagina. Dovuto ad un indebolimento dei muscoli della vagina, si manifesta soprattutto a seguito di gravidanze multiple con parti complicati, ma anche a seguito di interventi chirurgici o di indebolimento fisiologico dovuto all’avanzare dell’età;
    • Il prolasso degli organi pelvici, invece, corrisponde ad un prolasso multi-compartimentale che include diversi distretti pelvici e provoca una sintomatologia combinata, come incontinenza urinaria e ostruita defecazione.

Cosa prevede la terapia chirurgica?

L’iter standard è sicuramente la Rettopessi Ventrale Laparoscopica secondo D’Hoore, vale a dire un intervento eseguito in laparoscopia che consiste praticamente nella mobilizzazione esclusiva del piano anteriore del retto aprendo lo spazio retto-vaginale. In seguito, viene fissata una rete protesica in basso, tra il retto e la vagina, rinforzandone il setto e correggendo l’eventuale rettocele o enterocele; ed in alto, all’altezza dell’osso sacro, sospendendo contemporaneamente il retto e la vagina e riducendo, di conseguenza, il prolasso. Questa procedura riduce enormemente il rischio di denervazione rettale e di costipazione postoperatoria e possiede un basso tasso di morbilità e recidiva (inferiore al 2%).

Chirurgia Generale

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