Trattamenti intra-arteriosi e necrosi del tumore

Trattamenti intra-arteriosi e necrosi del tumore

Editato da: Antonietta Rizzotti il 04/10/2023

I trattamenti intra-arteriosi prevedono un accesso al tumore utilizzando le strutture vascolari arteriose che lo irrorano, attraverso le quali si procede alla infusione superselettiva di farmaci, particelle radianti o materiali dedicati con l’obiettivo di determinare una necrosi mirata del tumore oltre che una chemioterapia o radioterapia dedicata locoregionale. Ne parla il Dott. Roberto Iezzi, esperto in Radiologia Interventista a Roma

Quali sono i principali trattamenti intra-arteriosi utilizzati?

Le terapie intra-arteriose per il trattamento dei tumori epatici sono:

  • Embolizzazione
  • Chemioembolizzazione
  • Radioembolizzazione

Gli interventi si svolgono in condizioni di sterilità in sale angiografiche che hanno le stesse caratteristiche strutturali di Medico e pazientesale operatorie, con paziente monitorizzato e controllato. La tecnica prevede l’incannulamento, previa anestesia locale, senza esposizione chirurgica, di un’arteria, solitamente dell’arteria femorale (a livello dell’inguine) o brachiale (a livello della piega del gomito) o, negli ultimi anni, radiale (a livello del polso) con successivo inserimento di un catetere di piccole dimensioni. Tale catetere, utilizzando la guida dei raggi X, viene portato fino all'arteria che irrora in maniera selettiva il tessuto tumorale, in prossimità dello stesso. L’utilizzo del mezzo di contrasto, iniettato attraverso il catetere, consente di visualizzare la distribuzione delle arterie all’interno dell’organo da trattare, al fine di confermare la diagnosi e definire la precisa strategia terapeutica, al fine di massimizzare il risultato evitando di trattare porzioni sane dell’organo, riducendo quindi gli effetti collaterali e le potenziali complicanze. Grazie all'utilizzo di micro-cateteri di dimensioni sempre più piccole è attualmente possibile raggiungere in modo estremamente preciso e minimamente invasivo ogni piccolo vaso sanguigno del network vascolare neoplastico. Al termine della procedura, il catetere viene sfilato e viene apposta una medicazione compressiva sul punto di ingresso del catetere nella cute, senza necessità di punti di sutura. Dopo l’esame viene raccomandata dal Medico la permanenza a letto per 6 ore, al fine di ridurre i rischi di comparsa di ematomi e stravasi di sangue nella sede di accesso vascolare. Tali procedure vengono eseguite in regime di ricovero, con una degenza ospedaliera media di 2-3 giorni, al fine di controllare il paziente nell’immediato post-procedura, escludendo eventuali complicanze.

Che cos’è l'embolizzazione?

L'embolizzazione è una procedura mini-invasiva, non chirurgica, che provoca l'occlusione selettiva di vasi sanguigni attraverso l'introduzione volontaria di specifici agenti embolizzanti con l'obiettivo di interrompere l'afflusso di sangue e, quindi, di nutrimento al tumore e provocarne la necrosi. Si utilizzano diversi materiali e/o sostanze dedicate (particelle di vari materiali e dimensioni, spirali metalliche, farmaci sclerosanti, alcool etilico, colle cianoacriliche) selezionati in base alle caratteristiche delle lesioni da trattare per ottenere l’effetto terapeutico desiderato.

Che cos’è la chemioembolizzazione?

In modo simile all'embolizzazione, la chemioembolizzazione è una procedura che consiste in una chemioterapia mirata all’interno del fegato associato ad una embolizzazione selettiva con particelle delle arterie che vascolarizzano il tumore. Il chemioterapico viene solitamente somministrato dopo averlo fatto associare a particelle sferiche sintetiche che, una volta raggiunta la lesione, hanno sia la funzione di arrestare il rifornimento di ossigeno alla lesione tumorale stessa che di rilasciare lentamente il farmaco alla lesione. Il vantaggio di tali procedure è correlato alla possibilità di incrementare l’azione della chemioterapia a livello dell’organo target riducendo la diffusione sistemica della stessa, con conseguente riduzione del grado di tossicità e del tasso di complicanze ed effetti collaterali ad essa correlati. Tale approccio consente di ottenere risultati anche utilizzando farmaci già somministrati al paziente per via sistemica senza successo, grazie all’azione potenziata secondaria alla somministrazione diretta e mirata all’organo patologico.

Che cos’è la radioembolizzazione?

La radioembolizzazione è un trattamento che prevede l’utilizzo di microsfere radioattive introdotte specificatamente nella neoplasia epatica (tumori primari e secondari). Tale trattamento include l'utilizzo di microsfere di vetro o resina (diametro inferiore a 100 micrometri) che contengono ittrio-90 radioattivo, iniettate in modo superselettiva nell'arteria epatica afferente alla neoplasia, grazie all’ausilio di un catetere o micro-catetere. La radioattività raggiunge direttamente il tumore, passando per i vasi sanguigni che lo alimentano, concentrandosi nei suoi capillari. Inoltre, la radioattività continuerà ad essere emessa dalle sfere per alcune settimane, con l’obiettivo di distruggere il tumore senza invadere i tessuti sani circostanti. A differenza dell’embolizzazione e della chemioembolizzazione, la radioembolizzazione richiede solitamente due fasi distinte da eseguirsi in due differenti ricoveri. Durante la fase diagnostica, il soggetto interessato viene sottoposto ad esami relativi all'anatomia del fegato e, qualora fosse necessario, si ricorrerà all'embolizzazione di alcune arterie (in genere si tratta dell’arteria gastrica sinistra, destra e arteria gastroduodenale) che potrebbero evidenziare un possibile rischio per lo svolgimento della procedura o rendere dubbio il risultato. Al termine di tale fase diagnostica si iniettano dal microcatetere macroaggregati di albumina, sostanze non attive, senza effetto, ma visibili al successivo esame scintigrafico che consentirà di studiare la distribuzione intraepatica della sostanza. Una volta esaminato il risultato scintigrafico e correlato tale risultato con l’estensione della malattia documentata alla TC o RM, dopo circa una o due settimane, si esegue la seconda fase (terapeutica) durante la quale si posiziona il microcatetere nel punto arterioso stabilito e si iniettano le microsfere. Generalmente, gli effetti collaterali causati dalla terapia di radioembolizzazione, rispetto ad altri trattamenti intra-arteriosi, sono lievi. La degenza ospedaliera è di circa2 o 3 giorni ed è possibile riprendere le normali attività lavorative o quotidiane dopo una settimana.

Radiologia a Roma