Un intervento mininvasivo per la rottura del tendine d’Achille

Un intervento mininvasivo per la rottura del tendine d’Achille

Editato da: Marta Buonomano il 13/06/2019

Il Dott. Vinicio Perrone, esperto in Ortopedia e Traumatologia a Lecce, ci spiega in che modo intervenire in caso di rottura del tendine d’Achille

Come si interviene sulla rottura del tendine d’Achille?

Le lesioni sottocutanee del tendine d’Achille venivano trattate fino a pochi anni fa con tecniche perlopiù conservative, i cui svantaggi tendono però ad essere non indifferenti rispetto alla tecnica chirurgica. Con questo trattamento la caviglia deve infatti essere mantenuta fissa in gesso prima in posizione equina (ossia con la punta del piede verso il basso) e poi in posizione neutra, senza possibilità alcuna di carico per almeno 40 giorni. Nonostante si tratti di una tecnica non cruenta, dunque senza necessità di ricovero ospedaliero, esiste comunque il rischio di complicanze cardiovascolari e recidive.

L’intervento chirurgico

Intervenire chirurgicamente presuppone invece qualche difficoltà in più nella ricostruzione dei lembi del tendine, che devono cicatrizzarsi correttamente, e nella possibilità di incorrere in infezioni o aderenze, a fronte però di una minore percentuale di recidiva della lesione stessa. Le tecniche chirurgiche oggi disponibili sono molteplici ed includono la sutura termino-terminale con eventualmente l'uso di innesti o reti sintetiche come rinforzo della sutura stessa.

La metodica di Delponte

Una tecnica ideata nel 1992 dal Dott. Delponte ed affinata negli anni consentirebbe però di unire i benefici della terapia conservativa con quelli della chirurgia. Si tratta di una tecnica mininvasiva, la tenorrafia percutanea. Con questa metodica è possibile riallacciare le porzioni lesionate del tendine con un filo derivato da una fibra tessile sintetica di poliestere senza intervenire a cielo aperto, consentendo cioè di non devascolarizzare la rete tendinea, una cicatrizzazione più robusta ed una mobilizzazione più rapida che favorisca lo sviluppo di nuove fibre tendinose. L’operazione viene eseguita sotto anestesia locale, mettendo in tensione e bloccando i due lembi del tendine da riallacciare, posizionando il piede in posizione equina ed apponendo il bendaggio. Qualora l’ecografica confermi l’avvenuto successo, dopo circa 40 giorni l’impianto viene rimosso. A questo punto il paziente potrà già appoggiare parzialmente l’arto con bastoni ed un rialzo apposito ed eseguire kinesiterapia passiva per riprendere pian piano la piena funzionalità. Dopo all’incirca 8 settimane sarà possibile caricare l’arto in modo completo, mentre per riprendere l’attività sportiva sarà necessaria una valutazione accurata dello specialista.

Esistono rischi?

Le complicanze sono possibili e riguardano perlopiù la rottura a 35-50 giorni per traumi, sui cui rimane aperta la possibilità di intervenire con metodica a cielo aperto. L’operazione ha rivelato però che, al termine della riabilitazione, i pazienti operati con la tenorrafia percutanea riprendono una mobilità dei tendini e delle flessioni plantari e dorsali simmetriche, con un volume tendine sostanzialmente invariato ed ipotrofia mai superiore a 2,5 cm.

Risultati soddisfacenti

La tecnica di tenorrafia percutanea applicata al tendine d’Achille si è rivelata dunque sia rapida che affidabile, garantendo vantaggi non indifferenti rispetto alle tecniche chirurgiche tradizionali, in particolare per la possibilità di evitare il blocco dell’arto con gesso e per una minore percentuale di infezioni cutanee o disturbi vascolari. Operando in Day Surgery con anestesia locale, la metodica consente infine di ridurre i tempi di ritorno alla propria quotidianità. Va precisato, che come ogni intervento chirurgico, si può incorrere in alcune complicanze che nel 4,5% dei casi sono riconducibili a recidive. Nonostante ciò, la metodica ha prodotto risultati più che soddisfacenti che possono solo migliorare con l’affinarsi delle conoscenze mediche.

Ortopedia e Traumatologia a Lecce