L’apnea notturna non è solo un fastidio o una “strana” abitudine del dormire: è una patologia medica a tutti gli effetti, con implicazioni sistemiche che vanno ben oltre il semplice russare. Dal punto di vista medico, essa si configura come una sindrome respiratoria cronica, spesso non diagnosticata, che compromette la qualità del sonno, della vita e, in casi estremi, la sopravvivenza stessa. Eppure, rimane ai margini dell’attenzione sanitaria generale, persino tra i medici di base.
Che cos’è l’apnea ostruttiva del sonno
L’apnea ostruttiva del sonno (OSA, Obstructive Sleep Apnea) è la forma più comune. Si verifica quando i muscoli della gola si rilassano eccessivamente durante il sonno, causando un’ostruzione parziale o completa delle vie aeree. Il flusso d’aria si riduce o si interrompe completamente, provocando brevi risvegli ripetuti nel corso della notte, spesso inconsci. Il risultato? Un sonno frammentato, inefficace, che non permette un adeguato recupero fisiologico. Non è raro che un paziente con OSA arrivi a contare centinaia di eventi apnoici ogni notte.
Le conseguenze sistemiche: non solo stanchezza
Dal punto di vista fisiopatologico, il problema non si limita alla respirazione: ogni evento apnoico è un insulto sistemico. La desaturazione dell’ossigeno induce stress ossidativo, aumenta la pressione arteriosa, stimola la risposta infiammatoria e altera i meccanismi neuroendocrini. Il sistema nervoso simpatico viene costantemente attivato, come se l’organismo vivesse in uno stato perenne di allarme. Da qui, l’associazione ben documentata con patologie cardiovascolari (ipertensione, infarto, ictus), metaboliche (diabete di tipo 2, sindrome metabolica), neurocognitive (deterioramento cognitivo, depressione, ansia) e anche oncologiche.
Una diagnosi spesso mancata o ritardata
Ciò che sorprende è quanto questa condizione venga trascurata nella pratica clinica. Troppo spesso i sintomi – sonnolenza diurna, cefalee mattutine, difficoltà di concentrazione, irritabilità – vengono minimizzati o attribuiti ad altri fattori, come stress o cattive abitudini. Il paziente viene lasciato in balia della sua stanchezza cronica, mentre la patologia continua a minare silenziosamente l’equilibrio dell’organismo.
Diagnosi e trattamenti: tra burocrazia e scarsa compliance
La diagnosi dovrebbe avvenire tramite polisonnografia, un esame semplice ma ancora poco accessibile in molte strutture pubbliche. Il trattamento più efficace è la ventilazione meccanica a pressione positiva continua (CPAP), ma richiede una compliance non indifferente da parte del paziente. Esistono anche opzioni chirurgiche e approcci più recenti, come i dispositivi mandibolari o la stimolazione del nervo ipoglosso, ma nessuno di questi è privo di limiti o indicato per tutti.
Chi viene più colpito?
C'è, inoltre, un aspetto sociale e culturale spesso ignorato: l’apnea notturna è più comune negli uomini, nei soggetti sovrappeso e in età avanzata, ma colpisce anche donne e giovani, spesso non riconosciuti come "a rischio". C'è una certa connotazione “maschile” del disturbo, che contribuisce a una diagnosi tardiva nelle donne, nelle quali i sintomi possono essere più subdoli (insonnia, depressione, affaticamento piuttosto che russamento conclamato).