Cefalee croniche: qualche dato in più!

Pubblicato il: 02/11/2023 Editato da: Sharon Campolongo il 02/11/2023

Le cefalee croniche colpiscono ogni età e sono aumentate nell’arco degli ultimi 30 anni del 500%, soprattutto nelle fasce d’età più giovani (dati 2023). Questa patologia occupa metà dei giorni di un mese, insomma metà della vita di un essere umano. Approfondiamo questo argomento con la Prof.ssa Maria Nicolodi Sicuteri, specialista in Neurologia

Cosa si fa per combattere queste forme croniche?  

Sono state ideate e pubblicate su riviste internazionali metodiche avanzate che si mettono in atto nel quotidiano non solo per la diagnosi, ma anche per la prevenzione di possibili ricadute, valutando in anticipo sia la refrattarietà dei pazienti a categorie di farmaci, sia l’impatto dell’ambiente o dello stile vita, determinanti nel trasformare quella che era una semplice predisposizione in uno stato drammatico di malattia cronica.

Ogni valutazione non deve considerarsi come condanna, bensì come possibilità di individuare punti critici personali che possono essere “riequilibrati” per mettere l’organismo intero e i sistemi naturali di difesa dal dolore, in reset e, quindi, in ripristino con l’obiettivo di riportare allo stato naturale di benessere, perché è naturale stare bene.

ragazzo con dolore alla testa seduto in mezzo a un parco

In che modo si può evadere la cronicità?

Durante gli anni si sono ideate innovazioni terapeutiche che sono state spesso contrassegnate da brevetti internazionali, tra cui:

  • Introduzione serotoninergici 1952;
  • Introduzione modulazione farmacologica dell’attività ipotalamica a nella cefalea a grappolo 1991;
  • Modulazione degli aminoacidi eccitatori come mezzo per resettare la Central Sensitization che è il meccanismo chiave, il cuore della cronicizzazione 1994;
  • Introduzione degli analgesici anticolinergici di II generazione 2000;
  • Prevenzioni dell’emicrania sin dall’età infantile 2000;
  • Introduzione dei cannabinoidi 2017.

Pertanto, esistono tante possibilità terapeutiche, ma bisogna tenere conto di un elemento molto importante, ossia che non a tutti funziona lo stesso trattamento ed ogni individuo deve avere la sua terapia. Per questo motivo, la diagnosi è fondamentale, perché non si limita a determinare il tipo di malattia di cui è affetto il paziente, ma deve capire com’è fatto nel suo insieme, con l’obiettivo di determinare la terapia corretta, dato che la medicina è sempre più esatta ed “umana”.

Neurologia a Firenze

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