Cirrosi epatica: cosa c’è da sapere?

Cirrosi epatica: cosa c’è da sapere?

Editato da: Antonietta Rizzotti il 03/08/2022

Il termine cirrosi circoscrive uno spettro molto ampio di condizioni cliniche, che varia dalla cirrosi di neoinsorgenza, con una funzione epatica perfettamente conservata e senza ipertensione portale, alla cirrosi epatica scompensata, con associati sintomi e segni di disfunzione d’organo, quali ascite, encefalopatia epatica e sanguinamenti digestivi. Si tratta chiaramente di pazienti differenti, con differente aspettativa di vita e con necessità molto diverse di approccio terapeutico. Ne parla il Prof. Umberto Vespasiani Gentilucci, esperto in Medicina Interna a Roma

Come si diagnostica una cirrosi epatica?

Il medico deve risalire ad eventuale presenza di fattori di rischio per epatopatia sia familiari (familiarità per epatopatia e/o Calici di vino rossocirrosi) che personali (abuso alcolico, storia di esposizioni a rischio per epatiti virali, ecc.). Gli esami del sangue sono senza dubbio fondamentali per far emergere o corroborare un sospetto clinico di cirrosi (piastrinopenia, inversione del rapporto AST/ALT, ipergammaglobulinemia, iperbilirubinemia, ipoalbuminemia od alterazioni della coagulazione). La conferma definitiva può arrivare da un esame ecografico che mostri con chiarezza le caratteristiche morfologiche epatiche tipiche della cirrosi e, soprattutto, i segni dell’ipertensione portale (dilatazione del calibro portale, splenomegalia, presenza di versamento ascitico). Anche la esofagogastroduodenoscopia può sostanziare un sospetto di cirrosi evidenziando la presenza di varici esofagee, che sono una tipica complicanza dell’ipertensione portale, la quale a sua volta è generata dalla cirrosi. Laddove esami ematici ed ecografia non siano sufficienti per arrivare ad una diagnosi di certezza, è opportuno ricorrere ad una biopsia epatica, che può dare indicazioni anche sull’eziologia del danno epatico. TC ed RM non sono utili tanto per formulare diagnosi di cirrosi quanto per verificare possibili complicanze, in particolare lo sviluppo di epatocarcinoma. La cirrosi epatica viene poi stadiata nella sua gravità attraverso dei punteggi ricavati da variabili cliniche ed analitiche (classificazione di Child-Pugh-Turcotte e punteggio MELD), che permettono di definirne la gravità.

Quali sono i primi consigli che il medico dà ad un paziente malato di cirrosi epatica?

Il paziente con cirrosi deve seguire una dieta equilibrata. L’alcool, in tutte le sue forme, andrebbe evitato. Utile garantire un introito equilibrato di nutrienti, limitare l’eccesso di zuccheri raffinati per la predisposizione che la cirrosi pone nei confronti del diabete (preferire carboidrati integrali), e l’eccesso di grassi animali. Necessario ridurre il sale nella dieta, ed i cibi naturalmente salati (formaggi stagionati, insaccati, scatolame), perché favoriscono ritenzione idrica con possibile sviluppo di versamento addominale (ascite) ed edemi.  Fondamentale ottenere calo ponderale nei soggetti sovrappeso od obesi ed evitare d’altro canto un eccessivo calo ponderale nei pazienti con una normale costituzione corporea. I farmaci non vanno demonizzati ma utilizzati quando necessari previo consulto con lo specialista di riferimento. La steatosi epatica può regredire grazie ad una modifica dello stile di vita. In sede di visita medica, saranno date al paziente le indicazioni più opportune inerenti ad alimentazione e attività sportiva.

La cirrosi può essere curata?

Sebbene siamo stati classicamente portati a considerare che la condizione di cirrosi sia irreversibile, recenti evidenze hanno dimostrato che, se la causa di sofferenza epatica viene eradicata quando la cirrosi è in una fase molto iniziale, vi è la possibilità di una regressione perlomeno parziale del danno fino ad uno stadio istologico precedente a quello di cirrosi. Una serie di farmaci uomo adulto(diuretici, beta-bloccanti, disinfettanti intestinali, lassativi, ecc.) sono invece necessari per controllare le complicanze che si vanno generando nel corso della malattia.

Quando diventa necessario un trapianto di fegato?

Il trapianto di fegato andrebbe effettuato quando non è troppo presto (non sarebbe opportuno trapiantare un paziente che ha ancora un’aspettativa di vita di anni con il fegato nativo) né troppo tardi, quando le condizioni sono talmente critiche da porre a rischio l’intervento chirurgico stesso. Per tale ragione, esistono dei punteggi (in particolare, il punteggio MELD-sodio), che hanno un limite inferiore per l’ingresso del paziente in lista trapianti e che rendono di volta in volta candidati all’intervento i pazienti con punteggio più alto. La maggior parte delle volte il donatore è di tipo cadaverico, ossia un soggetto andato incontro a morte cerebrale ma con cuore ancora battente, di modo che l’organo sia preservato dal danno che verrebbe conferito dalla mancanza protratta di ossigenazione. Si tratta per di più di soggetti andati incontro a gravi incidenti. In circostanze particolari, è possibile considerare donatori viventi, sebbene il problema della compatibilità ed i rischi per il donatore stesso limitino fortemente questo tipo di soluzione.

Pensa che in futuro si troverà una cura per la cirrosi epatica?

Curare la cirrosi significa prima di tutto prevenirla, cercare di intervenire precocemente sulle cause che ne stanno determinando l’insorgenza. In secondo luogo, se questo non è stato possibile, significa diagnosticarla il prima possibile e mettere in atto tutte le misure tese a bloccarne od almeno rallentarne l’evoluzione. Gli scenari futuri apriranno verosimilmente prospettive ulteriori, tra le quali l’utilizzo di farmaci che abbiano la potenzialità di far regredire il danno fibrotico. Diverse molecole con queste caratteristiche sono in fase di sperimentazione e risposte più precise in questi termini sono attese nei prossimi anni.

Medicina Interna a Roma